“Africa Experience”, il ristorante gestito da richiedenti asilo che il 4 novembre ha aperto le sue porte a Campo San Barnaba a Venezia. Quando l’arte culinaria sconfigge i pregiudizi.
La “calle” è la tipica strada veneziana che prende forma da 2 file continue di edifici tra i quali si alternano abitazioni e negozi. Le sue dimensioni variano in base alla funzione ricoperta nell’epoca della Serenissima, quando venne progettata, e prende il nome da personaggi illustri, antichi mestieri o luoghi di culto. Camminando per queste vie si respira aria di storia.
“Calle” deriva dal latino callis che significa “sentiero”, dimostrazione inequivocabile di come l’etimologia costruisce spesso il punto d’incontro tra i protagonisti di una vicenda e il luogo che li ospita.
A Campo San Barnaba, tra attività commerciali e trattorie rinomate, un gruppo di migranti con la passione per la cucina ha ritrovato la strada che conduce alla felicità e alla vita, dopo aver sfidato la morte su una delle tante imbarcazioni che partono dall’Africa.
Hamed Mohamed Karim è un regista e rifugiato politico afghano di 33 anni, portavoce del progetto “Africa Experience”, il ristorante gestito da richiedenti asilo che il 4 novembre ha aperto le sue porte per suggerire, attraverso il contatto con il cibo, un dialogo finalizzato a sconfiggere l’odio. Già nel 2002 Hamed, frequentando il centro minori di Venezia a Forte Rossariol, iniziò a sperimentare la forza che l’arte culinaria manifesta per sconfiggere i pregiudizi. Da quell’approccio iniziale nacquero feste e manifestazioni di vario tipo confluite successivamente nell’apertura di un primo ristorante, l’Orient Experience, frutto di un confronto costante con i complessi di accoglienza che diventano così centri di tirocinio, apprendimento della lingua, socializzazione, inserimento.
Il suo nuovo staff è composto da 4 uomini e 4 donne, selezionati grazie ad un concorso che ha coinvolto, in veste di giudici, studenti e professori dell’istituto alberghiero Barbarigo.
I piatti che hanno guadagnato un posto nel menù del locale sono espressione di tradizioni antiche, lontane e perlopiù sconosciute in un’area dove, su 44 comuni, più della metà si rifiuta di accogliere i profughi.
I giovani cuochi di Hamed hanno imparato da ragazzini a cucinare zuppa di lenticchie, spezzatino, soffritto e stufato, facendo tesoro delle tecniche e dei consigli tramandati all’interno delle famiglie, in molti casi spezzate dagli eventi tragici che hanno messo a dura prova le loro vite. È così che i fornelli stabiliscono una nuova sfida professionale per questi ragazzi: una sfida che raccoglie tutti i requisiti dell’integrazione e mantiene intatta la contiguità con ciò che è distante solo geograficamente.
Per non lasciare nulla al caso, i muri di Africa Experience sono attraversati da colori, motivi e disegni che raccontano le migrazioni e la finalità di unire, proprio dove l’unione per molti significa rinascita, in un tessuto inestricabile di vissuti individuali ed esperienze collettive.
Foto apertura: Repubblica Attualità
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