Vivere in un paese ricco non garantisce un accesso equo a una istruzione di qualità. Lo dimostra la 15esima edizione del Report Card del Centro di ricerca Innocenti dell’Unicef intitolato “Partire svantaggiati: la disuguaglianza educativa tra i bambini dei Paesi ricchi”. Secondo lo studio, infatti, i bambini dei paesi meno ricchi spesso hanno rendimenti scolastici migliori nonostante minori risorse nazionali. E l’Italia, su 38 Paesi ricchi, è 13esima per livello di uguaglianza nella scuola secondaria.
La classifica ha studiato infatti la condizione di 41 Paesi, membri dell’Unione europea e dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), in base alla portata delle disuguaglianze a scuola a livello prescolare, primario e secondario.
«Che si tratti di salute, istruzione, o benessere materiale – è la premessa del report – alcuni bambini rimarranno sempre indietro rispetto al livello medio di benessere del loro paese. La domanda cruciale è: quanto indietro? Vi è un punto oltre il quale rimanere indietro non è inevitabile ma politicamente evitabile, non ineluttabile ma inaccettabile, non semplicemente disuguaglianza ma iniquità?».
Da qui è emerso che Lituania, Islanda e Francia hanno i tassi di iscrizione prescolare più alti tra i paesi inclusi nello studio mentre Turchia, Stati Uniti e Romania hanno i tassi più bassi. Paesi Bassi, Lituania e Finlandia sono i più equi per quanto riguarda i risultati di lettura nella scuola primaria, mentre Malta, Israele e Nuova Zelanda presentano in questo ambito le maggiori disuguaglianze.
Lituania, Irlanda e Spagna sono i più equi rispetto alla capacità di lettura dei 15enni, mentre Malta, Bulgaria e Israele presentano le maggiori disuguaglianze. L’Italia è 15esima su 41 per tasso di accesso all’istruzione prescolastica e al sesto posto (su 29) rispetto alla scuola primaria.
Il rapporto esamina anche il legame tra i risultati conseguiti dai bambini e dai ragazzi e il livello occupazionale dei genitori, background migratorio, genere e anche caratteristiche della scuola. I ragazzi di 15 anni che vanno bene a scuola, i cui genitori svolgono un lavoro qualificato, hanno molte più probabilità di proseguire gli studi superiori rispetto a quelli con genitori che svolgono lavori poco qualificati.
In 21 dei 25 paesi con livelli significativi di immigrazione, i quindicenni immigrati di prima generazione tendono ad avere risultati inferiori a scuola rispetto ai non immigrati. In 15 paesi, anche i bambini immigrati di seconda generazione tendono a conseguire risultati inferiori a scuola rispetto ai bambini non immigrati. In Australia e in Canada, i bambini immigrati di seconda generazione hanno risultati migliori rispetto ai bambini non immigrati. Queste differenze rispecchiano i diversi modelli migratori nei vari paesi.
In tutti i paesi, le ragazze conseguono migliori risultati nei test sulla lettura rispetto ai ragazzi. Questi divari tendono ad ampliarsi quando i bambini e le bambine crescono. Ci sono ampie differenza anche tra i paesi. All’età di 15 anni, in Irlanda le ragazze hanno una capacità di rendimento nella lettura superiore del 2% rispetto ai ragazzi, in Bulgaria questo divario supera l’11%.
Così, a conclusione dello studio, l’invito di Unicef è quello di richiamare «l’attenzione sulla profondità delle disparità rivelate e, sintetizzando le conoscenze disponibili sulle conseguenze, il rapporto sostiene che la disuguaglianza nella parte inferiore della distribuzione è una questione critica non solo per milioni di bambini di oggi ma per il futuro economico e sociale dei loro Paesi. È importante quindi sostenere al tempo stesso il principio e la pratica. Infatti, senza uno sforzo per contrastare il divario evitabile tra i bambini nelle diverse dimensioni della loro vita, una ingiustizia fondamentale continuerà a gettare vergogna sulle nostre pretese di pari di opportunità e la nostra società continuerà a pagarne il prezzo».
Ecco quindi le raccomandazioni dell’Unicef per ridurre le disuguaglianze nell’istruzione dei bambini: garantire istruzione e cure di alta qualità nella prima infanzia a tutti i bambini, assicurare che tutti i bambini raggiungano un livello minimo adeguato di competenza di base, ridurre l’impatto delle disuguaglianze socio economiche, colmare i divari di genere nel raggiungimento degli obiettivi, produrre dati di alta qualità, comparabili e transnazionali che includano studi longitudinali per colmare le lacune, attenzione al dato sul divario dell’uguaglianza e non solo al dato statistico della media.