A 20 anni dall’arrivo in Afghanistan, è in uscita in questi giorni il report “Una Rivoluzione Silenziosa”, pubblicato da Emergency, a riassumere e commentarne l’operato medico-sociale e i progressi raggiunti in questo lungo periodo di attività nel Paese. Oltre all’assistenza ginecologica, ostetrica e neonatale, sono stati offerti servizi di pianificazione familiare e contraccezione, e si è costituito un polo formativo per il personale locale.
Come ci aveva raccontato qualche tempo fa la dr.ssa Manuela Valenti, responsabile della divisione pediatrica dell’associazione umanitaria, la guerra in corso in Afghanistan da ormai 41 anni ha compromesso il Sistema Sanitario Nazionale, rendendone ancora più difficile l’accesso soprattutto alle donne, già vessate da importanti disparità di genere socio-culturali.
A oggi, il Centro di Maternità di Emergency situato ad Anabah, nella Valle del Panshir, resta l’unica struttura specializzata e gratuita della zona; come dimostrato dai risultati nel report, si è inoltre resa epicentro di attività di promozione femminile individuale, conducendo a esempi di proto-emancipazione e maggiore autodeterminazione domestica e collettiva.
Come si legge nel comunicato stampa promulgato da Emergency, “Una rivoluzione silenziosa” analizza l’impatto che un Centro di maternità specializzato e gratuito può avere sulla salute e sul ruolo sociale delle donne che vi hanno a che fare, sia come pazienti, sia come staff, e come questo sistema possa offrire un modello da replicare in altre aree del Paese, o in altri Paesi con scarse risorse.
La ricerca svolta da Emergency è stata realizzata nell’autunno 2018, attraverso interviste condotte tra 300 pazienti del Centro di maternità, 50 operatrici sanitarie del Centro e di due posti di primo soccorso, e 20 interviste a operatrici sanitarie.
Il tasso di mortalità femminile in Afghanistan è più alto del 50% rispetto a quello maschile. Una donna su 14 muore durante la gravidanza o il parto. Anche la mortalità infantile è alta: 1 bambino su 18 muore prima di compiere 5 anni (di questi, l’80% muore entro il primo anno di vita).
La sicurezza è il fattore principale che influisce sull’accesso all’assistenza sanitaria per il 40% delle donne intervistate e va ben oltre l’ostacolo della distanza fisica necessaria per raggiungere le strutture sanitarie (10%). Le opinioni familiari e le questioni culturali, invece, rappresentano un ostacolo significativo (31%).
“Il parto è un passaggio quasi universale per le donne afgane e il Centro di maternità di Emergency è un microcosmo che riflette bene le differenze presenti all’interno del Paese” spiega Fabrizio Foschini, ricercatore dell’Afghanistan Analysts Network.
“Vi si recano tanto pazienti provenienti dalle zone rurali delle tre province circostanti, il Panshir stesso, Parwan e Kapisa, quanto dalla capitale, Kabul. – aggiunge Foschini – (…) Dalle interviste a tutte le madri emerge un minimo comune denominatore di difficoltà ad accedere alle cure mediche a causa dell’insicurezza dovuta al conflitto, alle resistenze della famiglia motivate da tabù culturali e religiosi, oltre che ai costi da sostenere e alle distanze da percorrere. La ricerca (…) mostra come alcune caratteristiche del Centro di maternità di Emergency lo abbiano reso più accessibile alle donne e accettabile agli occhi di tutta la popolazione”.
Quando Emergency ha costruito il Centro di maternità di Anabah, per molte famiglie locali era impensabile che le mogli e le figlie lavorassero a stretto contatto con uno staff internazionale a causa del timore che questo contatto potesse rappresentare un rischio per l’integrità e la reputazione delle giovani donne impiegate. È stato necessario molto tempo affinché la popolazione lo accettasse.
Oggi, la presenza del personale internazionale è generalmente considerata dai pazienti un beneficio che migliora di molto le prestazioni mediche. Nonostante lo scetticismo iniziale, il Centro di maternità di Emergency ha raggiunto la capacità di effettuare più di 600 parti al mese e il 70% delle intervistate ha dichiarato di aver scelto Emergency proprio per la qualità di cure offerte.
“In 12 anni ho visto nascere migliaia di bambini, ma soprattutto ho visto nascere e crescere tante donne: le nostre ostetriche, le nostre infermiere, le nostre giovani dottoresse. Donne che hanno studiato, lavorato e lottato contro tanti pregiudizi e talvolta anche minacce, per costruirsi una professione che esercitano con passione, intelligenza e soprattutto empatia. Il Centro di maternità di Anabah è un mondo dove le donne si salvano a vicenda”, è la testimonianza di Raffaela Baiocchi, ginecologa di Emergency.
Le donne istruite che si dedicano a una carriera professionale sembrano avere la possibilità di cambiare il proprio ruolo all’interno della società afgana. Una questione emblematica è rappresentata dalle decisioni sulla salute femminile, perché sono direttamente collegate alla libertà di movimento delle donne al di fuori della casa e altri luoghi “permessi”.
Paradossalmente, è in questo campo che perfino le lavoratrici di Emergency, a dispetto del loro background medico, riferiscono un livello di controllo maggiore da parte dei loro mariti.
L’istruzione sembra fare la differenza: solamente il 6,3% di donne analfabete prende decisioni in casa, rispetto al 21,1% di donne che hanno invece frequentato la scuola.
“Diventare soggetti attivi nella società. Questa è la rivoluzione delicata e silenziosa delle donne afgane – commenta Rossella Miccio, Presidente di Emergency – Attraverso la concretezza del nostro lavoro quotidiano, stiamo sostenendo questa grande battaglia. La reputazione di cui gode Emergency tra la popolazione locale non solo ha garantito sostenibilità alle attività del Centro di maternità, ma ha anche contribuito a dare forma e sostanza a un nuovo ruolo delle operatrici sanitarie nella regione. Oggi le donne che lavorano con noi non sono più semplicemente ‘eccezioni tollerate’ ma stanno diventando velocemente membri rispettati dalle loro comunità, promotrici di cambiamento ed esempio per il superamento dei modelli tradizionali”.
Il Centro di maternità è quindi diventato un luogo dove le donne possono realizzare il loro ruolo sociale, come madri o come operatrici sanitarie, assumere un ruolo più attivo nel prendere decisioni sulla salute, perfino sfidare tabù sociali e scetticismo familiare e intraprendere un corso di studi o una carriera professionale.
L’esperienza del Centro di maternità di Anabah, inoltre, rafforza l’idea presentata dalle Nazioni Unite nel documento Standard di miglioramento della qualità delle cure materne e neonatali nelle strutture sanitarie, pubblicato dall’OMS nel 2016: le strategie per ridurre i tassi di mortalità materna e neonatale devono concentrarsi sulla qualità dell’assistenza sanitaria e non solo sulla disponibilità, e questa posizione è supportata dai dati statistici.
La qualità dell’assistenza è intesa come il livello in cui i servizi sanitari forniti agli individui e ai pazienti – in maniera equa, efficiente e centrata sulle persone – migliorano i risultati sanitari desiderati, e a fare la differenza sono le infrastrutture, le risorse umane, le conoscenze e le capacità nell’affrontare le complicanze.
“I risultati della nostra ricerca – si legge infine nel comunicato promulgato da Emergency – sottolineano e rafforzano il concetto per cui la qualità dell’assistenza sanitaria è un elemento centrale nel facilitare l’aumento dei parti assistiti da personale qualificato e i parti ospedalieri, così come nell’influenzare positivamente gli obiettivi della salute materna”
Qui il report completo e interattivo.