Social Street: riscoprire il buon vicinato, le relazioni sociali e riconoscere i bisogni dell’altro. Senza le imposizioni che piovono dall’alto.
Il welfare più affidabile? È sempre quello fai–da–te famiglia, amici, associazioni di volontariato: è questa la strada preferita quando si deve affrontare un’emergenza. La questione è che su questi punti di riferimento ricade un sovraccarico di funzioni. Troppo spesso le famiglie sono lasciate sole a gestire situazioni complicate: la scarsità di servizi per l’infanzia – ad esempio – spinge le giovani coppie a dover fare affidamento ai nonni o alla rete parentale; sono ancora poche le imprese attente alle problematiche delle mamme lavoratrici. Dunque, sono le reti corte a funzionare come supporto, mentre, via via che ci allontaniamo dalla cerchia delle conoscenze dirette, la rete sembra avere una trama più esile. Per questi motivi non solo serve un servizio pubblico in grado di intercettare le domande, ma vanno perseguite le strade di un welfare generativo come le «social street», dove sia possibile costruire nuove forme di interazione e reciprocità. Il pubblico rimane sempre fanalino di coda.
Lasciando agli studiosi della materia le cause che hanno condotto a tale situazione, e visto il fallimento di proposte provenienti dall’alto, il “modello Social Street” propone una possibile soluzione partendo dal basso ed esclusivamente per riattivare i legami sociali ricreando rapporti di conoscenza tra le persone che vivono nella stessa strada.
Come molte delle iniziative che nascono dal basso, la Social Street radica il proprio successo sull’emotività e sul bisogno del singolo di sentirsi parte di un sogno, della soluzione al problema. In questo caso potrebbe trattarsi di un’utopia, ma i risultati danno ragione alla semplice intuizione dell’ideatore Federico Bastiani. Far diventare via Fondazza, a Bologna, una «social street».
<< È un successo perché il denaro non conta>> dice il fondatore della prima Social Street nata tre anni fa. Una strada dove socializzare come una volta, e non solo dietro uno schermo. Mettendo in opera una sorta di vicinato potenziato, scambiandosi favori e tempo, organizzando feste e cene, diventando una rete più forte della Rete. Rigorosamente a chilometro zero.
«In questi anni l’idea è cresciuta – dice Federico Bastiani, ideatore di quella prima avventura bolognese – e oggi siamo a quota 450 social street in Italia e nel mondo. Ma i numeri non sono tutto. Il principio più importante è la socialità fine a sé stessa. Gratuita. Un concetto che abbiamo dovuto anche difendere, perché c’è chi ha tentato di piegarlo a scopi commerciali o politici. Invece una social street ha senso e nasce solo in assenza di intenti utilitaristici. E la rivoluzione inizia dalle piccole cose: conoscere tutti per nome, salutarsi quando ci si trova per strada, smettere di ragionare per categorie guardando al prossimo non in quanto “pachistano” o “negoziante”, ma semplicemente in quanto vicino di casa».
Social Street per risolvere le piccole problematiche di tutti i giorni
La gratuità è fondamentale se si vuole ribaltare lo schema che prevede che le cose siano possibili solo a partire dai soldi. Anche una festa in strada si può fare senza muovere del denaro. La social street è diversa anche dalla sharing economy. Pensiamo a BlaBlaCar, un servizio dove ci si incontra tramite il web e si socializza a partire dall’esigenza di andare da A a B. Bene, in social street è il contrario. Prima conosco il vicino di casa, poi magari scopro che ha l’ufficio nella mia zona e decidiamo di usare un’auto sola. Si parte col chiamarsi per nome, poi si capisce come collaborare.
I problemi concreti che possono essere risolti sono potenzialmente tutti, ma l’obiettivo del social street, oltre alla socialità, è risolvere piccole problematiche. Dovete cambiare il frigorifero? Perché metterlo su ebay, creare un annuncio, pagare una commissione, pagare un trasporto quando magari il vostro vicino di casa ne sta cercando proprio uno come il vostro? Avete un bambino piccolo che gioca sempre da solo e volete invece che interagisca con gli altri bambini della strada ma non sapete se ci sono famigliole nei pressi o non sapete come approcciarli? Dovreste aprire una social street. Vi siete appena trasferiti e non sapete chi è il medico di famiglia più bravo vicino a voi? Le pagine gialle non te lo può dire ma il tuo vicino di casa forse può dirtelo.
E non solo condivisione: una volta stabilito un legame con i vicini si possono organizzare eventi di strada, pranzi dei residenti, concerti, organizzare la pulizia della strada in modo autonomo dove il Comune non provvede. Questi tipi di iniziative richiedono ovviamente più impegno ma quando il gruppo è creato e funziona, si possono realizzare anche progetti più complessi
Non c’è una struttura, tutto è informale e fatto su base volontaria. “Continuo a stupirmi quando, sulle varie pagine Facebook, leggo richieste talvolta strane, come la necessità di sturare un lavandino alle 23.30, seguite da un sacco di risposte dei vicini di casa che mettono a disposizione le loro competenze e i loro strumenti del mestiere – spiega Bastiani – per il gusto di farlo, senza tornaconti. Cose anche banali, ma che prendono vita quotidianamente. Le persone si sentono più sicure, così. Sono felici di sentirsi parte di qualcosa: c’è sempre qualcuno che, in qualsiasi momento, ha una parola buona per te”.
Milano: la città con più Social Street
Social Street di via Stoppani e via Maiocchi
con Veronica Valenza e Lucia Maroni (Luca Matarazzo, Milano – 2014-01-21)
La città con più social street è Milano, seguita da Bologna, e poi tante altre città in tutta Italia. Ma il modello è stato ripreso anche all’estero e interpretato anche in modo originale. Per esempio in Nuova Zelanda, a Glenduan, fuori dalla città, in una zona dove si abita anche a 10 km l’uno dall’altro. In quel contesto la social street serve anche ad organizzarsi negli spostamenti. Mentre ad Amsterdam è stata un modo per integrare i migranti.
Ogni social street ha comunque il suo gruppo Facebook: allora la parte via web conta.
Luigi Nardacchione è cofondatore di socialstreet e gli abbiamo posto alcune domande.
Come è cambiato l’approccio degli utenti nel corso di questi tre anni di vita?
<<Sicuramente c’è maggiore fiducia da parte degli appartenenti al gruppo. Si sono create, oltre alle conoscenze, moltissime amicizie. La cosa principale comunque resta il fatto che sempre di più si comprende il nostro spirito che è basato sui principi di socialità, gratuità ed inclusione. Serve per l’inclusione, ma per noi l’incontro in Rete è un pretesto per ricreare socialità nella vita reale. Ci hanno anche offerto gratis piattaforme ad hoc per migliorare l’esperienza online, ma abbiamo rifiutato».
Quanto del tuo tempo assorbe l’iniziativa?
<<Considerando i vari livelli di intervento sia locale che generale, l’impegno da parte nostra è costante sia sulle varie pagine FB – sono centinaia ormai i gruppi nati in Italia e all’estero – sia nello stimolare il passaggio dal virtuale al reale. Oltre a questo abbiamo i vari impegni “istituzionali” come la partecipazione convegni oppure a rispondere a richieste della stampa>>.
Quali sono le maggiori difficoltà che riscontri nella gestione?
<<Avendo elaborato ed acquisito in questi anni una chiara idea di quello che è e deve essere socialstreet, tutti i nostri sforzi sono concentrati nel farli comprendere ed agire a fondo tenendo lontano interessi altri, quali la politica e l’economia>>.
Intanto Facebook non sta a guardare ed aumenta la propria penetrazione virtuale nelle nostre vite. Sarà ora possibile gestire direttamente gli scambi tra singoli utenti, attraverso una piattaforma strutturata per le transazioni forte di 450 milioni di utenti al mese. E tutto senza commissioni, per il momento. La nuova versione di Marketplace è già disponibile in Usa, Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda.
Se da una parte non verrà pagata alcuna commissione, dall’altra la compagnia non avrà alcuna responsabilità su un eventuale cattivo esito dell’acquisto. Su Facebook la gente presenta le proprie identità reali e conoscere l’identità della propria controparte è molto importante – secondo il network. Esattamente il contrario della filosofia delle socialstreet, che prediligono il contatto diretto e la stretta di mano, eppure si basano su Facebook.