Se penso a Roberto mi viene in mente un mazzo di mughetti perché i suoi semplici fiori si elevano in una piccola spiga ma guardano umilmente verso il basso e i suoi petali sono uniti formando una candida campanella che protegge il suo interno… proprio come Roberto che, dalla sua altezza di 1.87, ti guarda con uno sguardo birichino che svela un involucro giocherellone a protezione di un animo sensibile e generoso.
Si rivela così la semplicità e la profondità di questo gigante buono, che nonostante gli ostacoli che la vita continua a mettere sul suo cammino, li affronta con umiltà cercando sempre di imparare e di trasmettere i suoi valori e la sua voglia di vita alla continua scoperta dei preziosi “doni” che riceve facendo il “bene”.
Come quando mi racconta del riccio che ha trovato mentre puliva un campo con i suoi colleghi della protezione civile durante i mesi del lockdown: «Sai, volevo portare il riccio a mia figlia ma lei, in questi mesi di emergenza sanitaria, ha preferito stare con la mamma e io – a malincuore, lo ammetto – le ho detto di fare ciò che la rendeva più felice. Sono separato da due anni e, quando la mia ex moglie se n’è andata, io ho trascorso un anno molto brutto ma da questi eventi la vita mi ha insegnato tante cose… io pensavo che l’incidente che ho avuto quando avevo 18 anni fosse una brutta cosa ma mi sono reso conto che quando la donna che ami più della tua vita ti abbandona rimani molto male e, in quel momento, ho dovuto rimboccarmi le maniche di nuovo per reinventarmi e non farmi travolgere dalle difficoltà, ho imparato a pensare ancora a me per il bene mio e di mia figlia».
Inoltre il mughetto è il fiore della rinascita della primavera, una rinascita che in Roberto è avvenuta più volte come ammette lui stesso durante l’intervista, una rinascita che insegna che “non è forte chi non cade, ma chi cade e si rialza”, come emerge dal racconto della sua storia.
Parlami di Roberto a 360 gradi
«Sono una semplice persona con tanto amore da dare, io vorrei che tutto sia sempre sereno per tutti. Sono una persona che non si arrabbia quasi mai e quella volta che succede ci rimango doppiamente male perché mi ero promesso di vedere il bello della vita; anche nei momenti più brutti o difficili da affrontare, ho sempre voluto capire il “perché” di tutto ciò che mi capita, perché un motivo per ogni cosa che accade ci deve essere!
Quando avevo 18 anni stavo tornando da una serata in discoteca, ero in macchina con un amico che guidava e in un batter d’occhio la mia vita è cambiata per sempre. A causa di uno stop bruciato e di una macchina che non avevamo visto, ci siamo scontrati violentemente contro l’altra auto, io sono uscito dall’abitacolo, ho soccorso il mio amico che mi sembrava più grave di me e abbiamo atteso l’ambulanza… appena arrivarono io caddi a terra ed entrai in coma. Venni immediatamente trasportato in rianimazione all’ospedale dove seppi poi che erano subito arrivati i miei parenti preoccupati. I medici mi fecero la tac dalla quale emerse che avevo riportato numerosi ematomi, non gravi, ma diffusi e per questo il mio “sonno” persisteva. Oltre a questi ematomi, l’incidente mi aveva procurato un’emiparesi che mi immobilizzava la parte sinistra del corpo.
Rimasi in ospedale 50 giorni sempre in stato di coma ma con lenti miglioramenti che permisero il mio trasporto in una clinica per la riabilitazione. Dopo circa 4 mesi da quella notte, il giorno di ferragosto, mi risvegliai da quel sonno. Seguirono mesi di una lenta e dolorosa ripresa tra fisioterapisti, psicologo, logopedista, dottori fino a fine marzo 1990 quando fui dimesso definitivamente… la ripresa della quotidianità non fu semplice e anche una volta a casa dovevo continuare la fisioterapia e il recupero della parola.
Le conseguenze di quell’incidente le porto tutt’ora, continuo ad impegnarmi per recuperare il più possibile e faccio annuali cicli di fisioterapia per mantenere le funzionalità motorie.
Dopo l’incidente e la riabilitazione ho vissuto un periodo un po’ “trasandato” che mi è servito a diventare ciò che sono oggi, degli errori che ho commesso in quel periodo non rinnego nulla perché è anche grazie a quei momenti se oggi sono fiero di ciò che sono diventato.
Nella vita ho conosciuto diverse donne ma è solo con l’amore che avevo verso la mia ex moglie che ho provato il desiderio di diventare padre. Mia figlia ha 13 anni, dopo la separazione vive con la mia ex moglie, ma da quando è nata lei ho capito che i figli sono pezzi di cuore: non avrei mai detto che diventare padre mi avrebbe fatto vedere la vita con un’altra visuale e invece è così.
A 18 anni lavoravo come fabbro e avevo grandi progetti per il mio futuro lavorativo ma, dopo l’incidente, tutto è cambiato, per un po’ ho lavorato nella ditta di tappezzieri di famiglia mentre ora lavoro in una scuola materna come bidello, un lavoro che amo e che mi regala una gioia immensa: lì i bambini mi adorano e mi fanno sentire parte importante per loro e per la loro crescita».
Perché il 21 aprile hai chiesto ai tuoi amici di brindare?
«Il 21 aprile ho chiesto a tutti i miei amici e conoscenti di brindare perché per me questa data è diventata un anniversario da ricordare, io cerco sempre il lato positivo di tutto, a cosa mi riferisco? Questa è semplice perché il 21 aprile 1989 sono diventato chi sono – e sono molto soddisfatto di chi sono -, ora non do più niente di scontato, l’esperienza dell’incidente mi ha insegnato che la vita può cambiare in un secondo (in bene o in male)».
A ottobre compirai 50 anni, fai un bilancio della tua vita.
«Questa domanda è veramente tosta in questo frangente della mia vita! Cinquant’anni… non farmici pensare! Se da una parte la mia quotidianità è ricca di cose che faccio per gli altri (ma più per me perché sto facendo solo il bene per tutti. Il principio che mi spinge a continuare a fare questo “bene” è la convinzione che questo “bene” prima o poi torni tutto indietro): dall’altra parte mi ero sposato con una donna che speravo fosse la mia vita, ho avuto una figlia che amo più di ogni cosa al mondo, ma mi ritrovo da solo… durante il giorno sono talmente preso di impegni creati da me che non ho tempo di pensare, ma quando arrivano la sera e mi ritrovo in casa da solo inizio a pensare ed è un male! Cambiamo discorso, devo e voglio essere solo positivo, io sono una bella persona ricca di valori e continuo a ripetermelo.
Vedi, anche questo sono io, passo da racconti di vita strazianti a cose belle, serene e spensierate: è il lato di me che preferisco, è la forza che ho dentro… a volte penso di sembrare pazzo ma io cerco sempre di sdrammatizzare, in tutta la mia vita ho sempre cercato di capire tutto quello che mi capita perché sono convinto che ogni situazione deve insegnarmi qualche cosa».
Hai mai avuto momenti di sconforto? Se sì, come li affronti e come si superano?
«Momenti di sconforto ne ho avuti e anche tanti. Li affronto semplicemente pensando che domani sicuramente è un giorno migliore, tutto qua… cos’altro si può fare?
Sai, ho imparato che i momenti bui li hanno tutti, ma ho imparato anche che dopo il buio c’è sempre una luce e questa consapevolezza mi aiuta ad andare avanti giorno per giorno perché, dopo tutto, è fondamentale capire che il nostro destino non è segnato ma che siamo noi stessi con le nostre scelte a costruirlo».
Cosa vuol dire avere dei limiti?
«Per me avere dei limiti significa avere una sfida continua. Io sono una persona che si mette sempre alla prova, esigo sempre il massimo da me perché voglio riuscire a fare tutto e, questo, per me è solo un mio grande pregio, cioè non accontentarsi mai: oggi non riesco, domani andrà meglio sino quando riuscirò!
Sono consapevole dei miei limiti ma a volte è bello e doveroso anche mettersi alla prova per cercare di superare i propri limiti, per vedere di non essere peggiorato… sino ad ora i miei limiti sono sempre belli alti, consapevole che un giorno inizierà il declino però per ora non ci penso».
Com’è la tua quotidianità?
«La mia quotidianità è molto semplice e lineare: al mattino lavoro in una scuola materna come bidello fino alle 12.30, poi aspetto le 13.00 che esca mia figlia da scuola e mangio con lei da mia mamma. Al pomeriggio verso le 17.00 porto a casa mia figlia (lei ha scelto di fare il musicale a scuola dunque ha due rientri pomeridiani… lì la porto e la vado a prendere). Quando torno a casa aiuto mia madre a preparare la cena e a fare altre faccende domestiche.
In questi mesi di emergenza non posso dire di avere una precisa routine quotidiana perché, in base agli impegni che mi sono preso con la protezione civile, mi sveglio per iniziare a svolgere le varie attività a seconda dell’urgenza giornaliera: in questi mesi le priorità possono cambiare in un baleno e io devo essere un po’ come i camaleonti che si sanno adattare a tutto. La scorsa primavera con gli altri membri della protezione civile avevamo iniziato a pulire un campo vicino alla sede della protezione civile ma ben presto ci siamo dovuti bloccare per prestare assistenza durante il mercato all’aperto che il governo aveva appena permesso di riaprire: tutto può cambiare in un baleno e noi ci dobbiamo adattare».
Fai parte della protezione civile. Da quando? Quali servizi avete prestato durante la recente pandemia?
«Faccio parte della protezione civile da poco più di 2 anni, in tutto siamo in 12 volontari. In questi mesi di emergenza Covid-19 siamo quotidianamente impegnati in numerose attività a sostegno dei miei paesani quindi ci siamo divisi in due squadre da 6 volontari ciascuna, una squadra al mattino e una al pomeriggio alternando i turni in modo da essere sempre disponibili: abbiamo consegnato pranzi e spese ad anziani e a persone positive al Coronavirus che trascorrevano la degenza nelle proprie abitazioni, abbiamo portato farmaci a persone impossibilitate a muoversi, abbiamo raccolto viveri nei supermercati e, dopo averli divisi in pacchi alimentari, li abbiamo portati alle famiglie bisognose, abbiamo consegnato mascherine alla popolazione del paese, ci sono state donate 10.000 mascherine per bambini e abbiamo consegnato anche quelle, abbiamo pulito e sistemato alcune zone del paese, abbiamo aiutato i vigili nell’organizzazione e nel controllo delle norme durante il mercato all’aperto, a volte facciamo delle “ronde” per evitare gli assembramenti di persone.
A volte poi ho anche il telefono dei servizi sociali, quindi se suona per le emergenze devo essere reperibile».
Cosa significa per te fare volontariato? Perché lo fai?
«Col mio volontariato vorrei riuscire ad aiutare qualcuno che ha veramente bisogno perché aiutare fa stare meglio anche me.
Quando mia moglie mi ha lasciato ho conosciuto persone che lo facevano già; io essendo curioso e avendo bisogno di farmi conoscere per come sono veramente, mi sono buttato in questa nuova sfida.
Qualcuno mi diceva che io non valgo molto e che da solo non avrei fatto niente, io non sono un parassita anzi ciò che ho me lo sono sempre sudato e ciò che ho io so mantenerlo: era il momento di dimostrare che si sbagliava. Prima mi conoscevano come “Roberto il marito di [X]” -perché io lasciavo fare a lei dal momento che ciò che facevo io era sempre motivo di discussioni, col risultato che poco per volta mi passava la voglia di fare, mi stavo annullando – ora la gente conosce Roberto Cestana e sono stimato e apprezzato da tutti per come sono e per il “bene” che cerco di fare».
Sei sempre sorridente e allegro: chi ti dà la forza di esser sempre così?
«è stato dopo aver passato il periodo brutto del mio incidente, da lì penso di aver capito molte cose: nella vita quotidiana si è soliti dare tutto per scontato e ovvio ma poi ti svegli un giorno ed è cambiato tutto!
Io penso che non accada mai niente per caso e che il mio destino fosse già scritto, dicendo ciò non voglio dire che bisogna rassegnarsi agli eventi, anzi è fondamentale capire il perché di tutto, per tutto c’è una spiegazione e io la cerco!
In tutto quello che mi capita mi chiedo sempre perché quella determinata cosa è successa proprio a me e da lì parto per riflettere e capire qualcosa. Come dicevo poco fa, i momenti bui capitano pure a me, non è che vivo in un limbo però cerco sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno, voglio trovare sempre il lato positivo in tutto, è troppo semplice arrendersi o auto commiserarsi, io non sono cosi».
Fin da giovanissimo la vita ti ha messo a dura prova ma tu sei sempre riuscito a reagire e a rialzarti; quale consiglio puoi dare a chi si sente abbattuto e non riesce a trovare la forza di lottare?
«Sì la vita è stata dura con me, però tutto quello che ho affrontato e che ogni giorno affronto mi serve per capire come sono diventato. Ne ho passate tante e ne sto ancora passando molte ma la vita è cosi, pensa che vita piatta sarebbe senza problemi, senza grattacapi sarebbe una vita monotona.
Il consiglio che voglio dare a tutti è: ragazzi siamo tutti al mondo per un motivo, io il mio lo sto ancora cercando però ricordate di esigere e pretendere, non bisogna accontentarsi mai, la vita è il dono più bello del mondo, cerchiamo di non scordarcelo mai!
Io sono un persona che non si accontenta mai, vorrei sempre tutto ma ho imparato che per avere bisogna saper dare. Tutti dobbiamo ricordarci che niente ci è dovuto ma che dobbiamo lottare per ottenerlo… e questo è anche il bello della vita».
Qual è la tua canzone preferita?
«Non ho una canzone preferita, ho più canzoni che rappresentano certi momenti della mia vita: ad esempio “Certe notti” di Ligabue è una di queste e il motivo mi sembra evidente».