A 20 anni dalla prima Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, ricorrenza istituita per il 25 novembre dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel dicembre 1999, la situazione è sempre più critica. I dati oggi parlano chiaro, si tratta di un vero allarme: ogni 72 ore, in Italia, una donna viene uccisa da una persona di sua conoscenza, solitamente dal partner. Ogni giorno, in Italia, 88 donne sono vittime di atti di violenza, una ogni 15 minuti. Tre femminicidi su 4 avvengono in casa, il 63% degli stupri è commesso da un partner o ex partner.
Insomma, nonostante alcuni non vogliano proprio accettarlo, come affermano anche i centri antiviolenza che abbiamo intervistato, la violenza non ha classe sociale né nazionalità, spesso però avviene tra le mura di casa, dal proprio partner o dall’ex partner: maltrattamenti, atti di stalking, violenze sessuali, percosse e tanto altro. E gli uomini italiani sono in prima fila, come ha confermato anche la Polizia di Stato nella sua brochure appena presentata a Milano, “Questo non è amore 2019”: proprio da qui emerge che vittime e carnefici sono per lo più italiani. Le prime nell’80,2% dei casi, i responsabili nel 74% dei casi.
Confermato ancora un altro dato già noto: l’82% delle volte, chi fa violenza su una donna è un volto amico, o il compagno o un conoscente. E aumentano pure i femminicidi: dal 37% del 2018 al 49% tra gennaio e agosto 2019. Il 67% di queste vittime è straniero e anche in questo caso, nel 61% dei casi l’autore è il partner. Armi da taglio e oggetti contundenti sono le armi più utilizzate nel 2019 mentre si sono dimezzati i femminicidi commessi con armi da fuoco. Unico dato positivo del report, la maggiore coscienza dei delitti subiti e più fiducia nel denunciare: va da sé che tale fiducia rientra anche in un cambiamento culturale che può avvenire solo a piccoli passi.
Di fatti, “…Questo non è amore”, ideato e promosso dalla Direzione centrale anticrimine del Dipartimento della pubblica sicurezza, si pone l’obiettivo di diffondere una nuova cultura di genere e aiutare le vittime di violenza a vincere la paura di denunciare. E per lanciare un messaggio ancora più forte, la Polizia di Stato ha anche raccontato storie di poliziotti quotidianamente impegnati su questo fronte (si possono leggere qui, all’interno del report completo).
“In questa nuova brochure abbiamo voluto dare un volto anche ai nostri operatori – ha sottolineato il capo della Polizia Franco Gabrielli nel suo intervento – perché le vicende che riguardano le violenze non sono mai fascicoli, non sono mai procedimenti, non sono mai qualcosa di astratto, ma dietro ad ogni storia ci sono dei volti, ci sono dei vissuti, ci sono le sofferenze, le difficoltà di approcciare una scelta così difficile. Scelta che è anche quella di rendere pubblica la propria condizione di sofferenza. Quindi, dando un volto anche a chi sta dall’altra parte, abbiamo voluto sottolineare l’importanza di come, in questo genere di problemi, il rapporto tra persone, il rapporto tra individui sia la carta vincente”.