Vasi, statue, gioielli, quadri e pietre preziose non sono solo opere d’arte. Nel corso degli anni hanno rappresentato per la criminalità organizzata una forma di prestigio personale e soprattutto la “moneta corrente”.
Il magistrato Lupacchini incaricato del processo riguardante il traffico illecito di opere d’arte legate alla Banda della Magliana racconta come si sia intensificato il rapporto tra criminalità organizzata e opere d’arte. “Si potrebbe pensare che i boss acquistino i dipinti per circondarsi di cose belle, per ottenere una sorta di promozione sociale, di rispettabilità. Ma le opere piacciono soprattutto perché permettono di trasportare valore in modo discreto”, aggiunge.
L’arte diventa il mezzo per riciclare denaro illegalmente ma senza lasciare traccia. Si tratta del fenomeno delle archeomafie, cioè attività malavitose legate al furto, allo scavo clandestino e al traffico di opere d’arte e di reperti archeologici. L’Osservatorio Internazionale Archeomafie (OIA), una ONG, sin dal 2004 si impegna a contrastare il saccheggio del patrimonio archeologico e artistico mondiale, analizzando come questi traffici si appoggino a reti ben strutturate che, dal livello locale a quello internazionale, sono supportate da associazioni mafiose.
Tra i protagonisti di queste vicende Massimo Carminati, detto “er cecato” e boss di Mafia Capitale, era arrivato a collezionare oltre novanta pezzi classici. Sculture in legno di Nevelson, astratti di Cosagra, quadri di Schifano, serigrafie di Mirò, decollage di Rotella sono alcuni dei 97 tesori segreti del criminale, attualmente detenuto presso il carcere di Parma.
Secondo la stima del Comando dei Carabinieri per la tutela dei beni culturali, il valore della sua pinacoteca ammontava a circa 10 milioni di Euro, cifra dimezzata in seguito alla distinzione tra autentici e falsi. Sono stati inoltre scoperti documenti che attestano il passaggio di una serie di quadri non ritrovati al momento del sequestro e la collaborazione con un copiatore e un ricettatore già noti alle forze dell’ordine. “La maggior parte delle opere non sono riconducibili a nulla, ovvero non c’è traccia che ci possa far ipotizzare la provenienza quantomeno lecita. E allo stesso tempo nessuna è risultata oggetto di furto o appropriazione indebita” afferma, nel processo al boss, un maresciallo dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale.
All’interno del mercato dell’arte si evidenzia una scarsa trasparenza e dietro a queste ombre si è mossa negli ultimi anni la figura di Gennaro Mokbel, imprenditore romano responsabile della truffa miliardaria “Fastweb-Sparkle”: maestro nella realizzazione di un vero e proprio business. È nei quartieri romani Parioli e Fleming che nel marzo del 2010 i carabinieri del Ros hanno posto sotto sigillo 4 gallerie in cui sono stati ritrovati dipinti, serigrafie, litografie e sculture di importanti artisti. Questo era il tesoro che custodiva Mokbel, con cui reimpiegava parte degli ingenti capitali illegali accumulati all’estero.
La video inchiesta sulle ombre nel mercato dell’arte
Francesca Sironi, Alberto Gottardo e Paolo Fantuzzi presentano alla prima edizione dei “Dig Awards” (premio internazionale dedicato al giornalismo d’inchiesta), il progetto Follow the paintings. Si tratta di un reportage che mostra come l’arte sia diventata uno strumento economico e finanziario efficace per la criminalità organizzata. Verrà finanziato da Sky con la realizzazione di un film di stampo documentaristico. In onda il 18 dicembre alle 23.15 su Sky Atlantic HD, Sky TG24 HD e Sky Arte HD, Il film indagherà le figure di Massimo Carminati e Gennaro Mokbel, facendo luce sulle loro collezioni.
Le cifre del Business illegale
Secondo le stime di Legambiente, nel 2015 si è moltiplicato di 6 volte, rispetto all’anno precedente, il valore dei beni culturali sequestrati, di quelli legati ad attività illecite e dei falsi per un ammontare di circa 3 miliardi di euro.
Questi dati evidenziano come l’archeomafia sia un fenomeno sempre più in crescita e quindi una soluzione favorevole per nascondere e trasportare somme illecite ed eludere le autorità. Lo stesso Roberto Saviano, autore di Gomorra, afferma come l’arte sia diventata il canale numero uno per lavare i soldi sporchi “perché una tela di Caravaggio lascia meno tracce di una montagna di denaro. Si sposta più facilmente ed è un investimento relativamente sicuro”.
Foto ©: Follow the Paintings, Sky
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