È ormai diventato uno slogan: “È l’amore che crea una famiglia”. Le famiglie arcobaleno ne sono una dimostrazione da sempre. L’ordine degli psicologi si è già espresso ampiamente a loro favore. Eppure la strada per accettare completamente le famiglie omogenitoriali come una delle tante manifestazioni di un nucleo familiare, è ancora lontana. Per farlo almeno ci si prova con la cultura. E così Piccolo Uovo, libro per l’infanzia della casa editrice Lo Stampatello, oggi è diventato anche un cartoon in collaborazione con l’associazione Famiglie Arcobaleno.
A dar vita animata alla favola che racconta i tanti modi in cui essere famiglia è stato il celebre disegnatore Altan mentre la voce è quella di Lella Costa. Insomma, un duo d’eccezione per un libro che ha già ricevuto il Premio Andersen 2012 ed è arrivato finalista a Nati per Leggere nello stesso anno.
Neanche a dirlo, il testo fu accusato di “propagandare l’ideologia gender” da alcune amministrazioni comunali. Ad esempio, a Venezia fu messo al bando, inviando una circolare ai dirigenti scolastici mentre a Todi il sindaco lo fece eliminare dagli scaffali della biblioteca. E ricordiamolo – perché anche questo serve ancora – che la fantomatica “ideologia gender” esiste soltanto nelle bocche di chi ne proclama la pericolosità. Perché, di fatto, non esiste.
Polemiche sul nulla a parte, Piccolo Uovo è giunto alla quinta ristampa e così le sue editrici, Francesca Pardi e Maria Silvia Fiengo (sposate insieme e madri di 4 figli), hanno scelto di portare la sua storia anche nel mondo dei cartoni animati. In pratica, il protagonista (un piccolo uovo appunto), sta per nascere. Prima di venire al mondo, però, vuole scoprire cos’è una famiglia. Così incontra due mamme gatte, un ippopotamo single che cresce il proprio cucciolo, due canguri che hanno adottato due orsetti, due pinguini maschi con due figli o ancora una coppia formata da un cane bianco e una cagnolina nera.
L’idea, comunque, è di partire con una serie di cartoni animati simili, tutti attorno al mondo della discriminazione e quindi dell’inclusione.
Peccato solo, ci permettiamo di aggiungere, per il finale del cartone animato in questione, a tinte rosa e blu. Se vogliamo andare oltre le discriminazioni, dobbiamo uscire anche dalle generalizzazioni di genere imposte dalla società, per l’appunto. Pensiamo, per fare un semplice esempio, alle persone intersex le quali, anche per ragioni biologiche, non si sentono rispecchiate né nel genere femminile, né in quello maschile. Meglio evitare, quindi, di rifarci ai canoni imposti dall’eteronormatività e parlare solo a tinte… arcobaleno.