È la campagna che mancava e di cui si sentiva davvero sempre più il bisogno. Dopo tutto in tanti ci siamo chiesti come contrastare l’odio imperante che bombarda la rete. E allora per colmare un vuoto giuridico e culturale è arrivata Odiare Ti Costa (#OdiareTiCosta).
Si tratta dell’iniziativa avviata dall’avvocata Cathy La Torre dello studio Wildside Human First Legali Associate e dalla filosofa Maura Gancitano di Tlon “per cambiare radicalmente il modo di comunicare nei social perché si può sempre esprimere il proprio dissenso ma non si può diffamare, offendere, usare violenza verbale nei confronti di nessuno”.
Attenzione, niente di etereo o ideologico: in gioco ci sono sanzioni per tutti coloro che diffamano in rete, in particolare attraverso i social media. In pratica, ci si rifarà al principio per cui “chi cagiona ad altri un danno ingiusto è tenuto a risarcirlo”. Mentre le strade ipoteticamente percorribili saranno due: il Risarcimento del danno da diffamazione (ai sensi dell’art. 595, comma 3, del codice penale) o la Tutela civile, l’azione risarcitoria in ambito civile prevista dall’art. 2043 del codice civile.
Insomma, una meravigliosa rappresentazione, nei tempi moderni, di come filosofia e legge vadano a braccetto: la prima si chiede come stare al mondo e come esprimere la propria libertà di parola senza ledere e ferire gli altri mentre il diritto permette di formulare e applicare tutto questo per garantire a ogni persona di essere tutelata.
In sostanza, una risposta davvero concreta contro l’hate speech. Perché in quella nebulosa indistinta rappresentata dal web, la legge fatica ancora a trovare una risposta univoca. E la stessa “zona grigia”, probabilmente, è la condizione della percezione di molte persone. Dietro alla loro tastiera, nascosti da uno schermo, si sentono legittimate a sbraitare i più osceni commenti di odio, di augurare lo stupro, la morte, la violenza a chi non la pensa come loro. Forse proprio perché il web è ancora nella sua fase adolescenziale, e per raggiungere la consapevolezza che comunicare attraverso lo schermo non è altro che la stessa identica cosa del comunicare faccia a faccia, di tempo ancora ne dovrà passare. Perché – ne siamo convinti – le stesse persone, trovandosi di fronte lo sguardo del loro interlocutore, non direbbero le stesse oscenità.
Ma quando gli stessi commenti di odio partono dai rappresentati delle istituzioni allora il messaggio è una legittimazione della diffamazione, un via libero all’insulto, senza ragione né rispetto. E, senza andare troppo in alto (ovvero il Ministro dell’Interno che pubblica, a rotazione, una foto con il bersaglio di turno da mandare in pasto ai suoi affamati follower), pensiamo al vicepresidente del Consiglio comunale di Vercelli, Giuseppe Cannata, che proprio nei giorni scorsi ha augurato la morte – senza un minimo legame logico – a tutti, “lesbiche, gay, pedofili”.
Dall’altra parte, alcune figure pubbliche di tutt’altro spessore e frequentemente bersagliate – come Michela Murgia e Laura Boldrini – hanno già iniziato ad usare l’hashtag. Mentre l’azione di gruppo che si richiede a tutti è quella di indicare i commenti di odio diretti a Carola Rakete, in queste settimane sommersa dalla più grande feccia del web.
E l’allarme è davvero imperante: proprio in questi giorni, infatti, il
Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Marco Bussetti, durante la sua audizione in Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, ha diffuso i dati sempre più in crescita del cyberbullismo tra i giovani (qui il nostro approfondimento in merito).
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Come aderire a Odiare Ti Costa
Per aderire a Odiare Ti Costa, l’invito è di segnalare i commenti diffamatori mandando una mail a odiareticosta@gmail.com con il relativo link incriminato (non lo screenshot). Una volta ricevuto, il team di Odiare di Costa – composto da avvocati, esperti forensi, hacker etici, investigatori privati, filosofi, scrittori, divulgatori – lo analizzerà e si attiverà per proseguire per vie legali. L’appello intanto è rivolto a investigatori privati, esperti forensi e hacker etici per fare in modo che aiutino a diffondere la campagna e a collaborare.