No, non è normale che sia normale. È con questo stimolo che la Camera dei Deputati ha lanciato una campagna di sensibilizzazione in occasione della giornata contro la violenza sulle donne che si celebra il 25 novembre.
L’invito è di condividere video e foto contro femminicidio e violenza sulle donne, accompagnati dall’hashtag #Nonènormalechesianormale. Così ha già fatto Mara Carfagna, vicepresidente della Camera dei deputati a capo dell’iniziativa.
Non è accettabile né tollerabile, dopotutto, leggere cronache di femminicidio ogni 3 giorni e neppure il fatto che 2milioni di donne in Italia sono vittime di stalking da parte dei loro compagni.
#Nonènormalechesianormale, lancio dell’iniziativa con le testimonianze
Un invito a non distrarci, insomma. «Tutte noi sappiamo di cosa si tratta – ha commentato Mara Carfagna – Una piaga che affligge, ammorba, appesta la nostra società. Ci rifletto con rabbia e dolore: una su tre è un numero impressionante. Allora penso che non è normale che sia normale».
Continua la vicepresidente che della legge sullo stalking ne ha fatto la sua missione: «Non è normale che la violenza brutale venga spacciata per amore, che quando una ragazza è stuprata si facciano commenti su com’era vestita, quasi ad insinuare che la colpa fosse sua. Non è normale che una donna sia uccisa da un uomo ogni 60 ore, spesso in casa sua. È insopportabile per me, per tutti».
Da qui, una nuova proposta: «Ho appena depositato – ha svelato la Carfagna – un emendamento per istituire un ulteriore fondo per assistere famiglie affidatarie di orfani di femminicidio, le quali fanno fatica a crescer bambini e adolescenti che sono vittime due volte. Non ci fermeremo, questa battaglia è ancora lunga, silenziosa e spesso si consuma all’interno delle mura domestiche. Ma per cambiare bisogna mettere in campo una vera e propria rivoluzione culturale. E sono necessarie testimonianze per smuovere le coscienze, così come facciamo con l’iniziativa di oggi. Diamo voce a chi la voce non ha».
Così alla Camera, Serena Bortone, Barbara D’Urso, Maria Latella, Monica Mosca e Barbara Palombelli hanno raccolto le testimonianze di donne e uomini che vivono le tragiche conseguenze del femminicidio, della violenza e dello stalking.
Mobilitiamoci tutti contro la violenza sulle donne
L’appello ad aderire è rivolto a tutti. Numerosi personaggi dello spettacolo, della cultura, dell’informazione, della moda hanno già cominciato a mandare i loro contributi. Ma l’invito a condividere video e fotografie è rivolto a chiunque e non solo alle donne. Ovvero a chi abbia donne nella propria vita che non vorrebbe mai vedere ferite, aggredite, minacciate.
Di fatto, in Italia crescono anche le denunce per stalking. Prima dell’approvazione del disegno di legge presentato dalla stessa Carfagna 10 anni fa, simili comportamenti persecutori non erano considerati neppure reato. Oggi invece le denunce sono in continua crescita, a testimonianza del crescente coraggio da parte delle donne. Lasciamo parlare i numeri: nel 2012 le denunce erano 9mila, l’anno scorso sono state 13mila. Per quanto riguarda i condannati, nel 2009 furono 35, nel 2016 sono stati 1.601.
Per avere un quadro maggiore ci rifacciamo all’ultima indagine multiscopo dell’Istat. Da questa emerge che siano 8 milioni 816mila (43,6%) le donne che hanno subito molestie sessuali nel corso della vita.
Inoltre, 2 milioni e 77mila donne (il 18,8% del totale) sono state vittime di stalking da parte degli ex partner al momento della separazione. Il 48,8% delle donne vittime di violenza fisica o sessuale, invece, ha subito anche comportamenti persecutori.
E se vogliamo fare un discorso generale, senza escludere gli uomini, scopriamo comunque che, in base ai dati dell’Osservatorio nazionale sullo stalking, nell’86% dei casi sono le donne a essere oggetto di molestie.
Non è normale che sia normale, allora mobilitiamoci tutti
Insomma, è bene cogliere al volo l’appello e ricordarci tutti che non è normale che sia normale. Ed ogni donna vittima di qualsiasi tipo di violenza è bene sappia che oggi gli aiuti esistono. Rivolgersi ai centri antiviolenza, denunciare e fare rete è la prima soluzione. Perché tutto può cambiare. L’importante è fare il primo passo.