M’hammed Henniche, originario dell’Algeria, è in Francia dal 1991, da quando decise di terminare i suoi studi in informatica per poi avviare la propria attività lavorativa. Dal 2002 è segretario dell’Unione delle Associazioni Musulmane 93 della Senna-Saint-Denis. Si tratta del 93esimo dipartimento francese, accanto a Parigi, nonché dell’area, in Francia, in cui si registra una maggiore concentrazione di moschee.
Intervista di Valentina Colombo e Antonello Ciccarello
“Mi occupo delle associazioni musulmane del dipartimento Senna-Saint-Denis, classificato, anche dal prefetto e dal governo, come il primo dipartimento musulmano della Francia metropolitana. Eccetto la Réunion (che è musulmana al 95%), in questo dipartimento il 40-50% di noi è musulmano. Quindi Senna-Saint Denis, nella Francia metropolitana, è il primo dipartimento in termini di numeri e percentuale. C’è il maggior numero di moschee di tutta la Francia. Il Ministero degli Interni parla di 2200 luoghi di culto: in questo reparto ce ne sono 200, il 10%. Visto che ci sono 90 distretti, ci sono più luoghi di culto qui e più musulmani.
Nel 2002, dal momento che come membri delle varie associazioni musulmane in questo distretto ci conoscevamo, avendo iniziato a giocare a calcio insieme, mangiare insieme, fare le cose insieme, abbiamo pensato ‘perché non creare una unione del dipartimento che miri a facilitare la costruzione delle moschee e facilitare le relazioni con la Prefettura e il Ministero degli Interni e dia una buona immagine del Islam?’. Perché l’Islam, nel 2002, aveva già una cattiva immagine. Allora ci siamo detti ‘perché non lavoriamo sulla nostra immagine?’.
Così abbiamo creato l’Unione delle Associazioni Musulmane della Senna-Saint-Denis: una federazione di dipartimento, autonoma e sovrana. Uno dei problemi dell’Islam in Francia è che l’Islam in Francia non è della Francia, perché le grandi organizzazioni presenti sono collegate a paesi stranieri. Ci sono moschee collegate in Marocco, e in quei casi è il Marocco che guida, dà loro consigli su cosa fare. Ci sono moschee legate all’Algeria e poi ci sono le moschee relative alla Turchia, altre moschee legate alla Confraternita dei Fratelli Musulmani, moschee Salafi (movimento rigorista ndr.) e poi ci sono moschee che dicono ‘non siamo in questa categoria, vogliamo essere autonomi e indipendenti’.
Da qui la creazione dell’associazione per il 93esimo dipartimento: è un’organizzazione indipendente che non è supportata da paesi stranieri e che non ha nessuna ideologia fissata in anticipo. Siamo circa 30 moschee in questo distretto: ci sono piccole sale e grandi moschee, ci sono più livelli e cerchiamo soprattutto di facilitare la creazione di una vera moschea per poter esercitare la nostra religione”.
Che cosa significa essere un musulmano in Francia e in Occidente nel 2016?
“Parliamo della Francia, di cosa significa essere musulmano francese. Bisogna sapere una cosa: in Francia è presente la famosa laicità. Laicità che per noi musulmani non presenta alcun problema, è un quadro che permette a tutti di praticare la propria religione mentre lo Stato non ne ha una. Questa è la definizione di laicità, ma purtroppo ci sono degli intellettuali e, qualche volta, dei politici che utilizzano la laicità nei confronti dei musulmani.
Ad esempio, purtroppo, da 20 anni a questa parte, si trovano una serie di leggi dirette solo contro i musulmani. E poi si danno definizioni per dire ‘no, non è per i musulmani, è per la laicità’, ma, alla base, si tratta di leggi contro i musulmani. Citerò la legge del 2003, si tratta di una legge che è stata votata per vietare il velo in università e nelle scuole superiori. Dopo abbiamo pensato che ci si fermasse qui. Pochi anni dopo, hanno fatto una legge che vieta il velo integrale ovunque, nei luoghi pubblici, in strada. L’anno scorso hanno voluto mettere al bando il velo semplice all’università, nonostante non ponesse alcun problema. Fortunatamente, i sindacati degli studenti e i rettori di università hanno detto che non c’era nessun problema all’università come, allo stesso tempo, non ci sono stati problemi nelle scuole superiori. Sono loro che hanno inventato il problema, poi hanno fatto la legge. Così hanno voluto mettere al bando il velo all’università e dopo hanno fatto marcia indietro.
Qui, siamo in una società professionale che mi appartiene, è la mia azienda, il mio ufficio. Volevano fare una legge per vietare il velo nelle aziende private: per esempio, se voglio una segretaria che lavora per me qui, che io sto pagando – non è lo Stato che la paga – non mi è permesso che la mia segretaria abbia il velo. Così hanno voluto mettere al bando il velo nelle aziende private. Tutto ciò non avrebbe riguardato nessuno, sarebbe stata una questione tra me e il mio dipendente. A me non avrebbe fatto problemi, ma hanno voluto fare questa legge.
Quindi, cosa vediamo e sottolineiamo: il fatto che siano vietate le preghiere in strada, la volontà di vietare i minareti come in Svizzera (volevano farlo), la restrizione del culto della macellazione. Come gli ebrei, abbiamo un mattatoio per gli animali, per il nostro culto. Quindi facciamo il macello, per ovini, bovini ecc., rispettando la religione musulmana ed ebraica. Dal 2012 hanno detto ‘no, dobbiamo limitare il macello, serve un’autorizzazione per farlo’. E ora pensano di vietare completamente la macellazione che facciamo per il nostro culto.
Se si guarda a tutto questo, passo dopo passo, cosa vediamo? Una volontà di limitare la visibilità dell’altro, del musulmano. Chi viene attaccata di più è la musulmana, perché la musulmana si distingue subito perché porta il velo e sappiamo subito che è musulmana. Quindi si attacca di più la musulmana vietandole di indossare il velo semplice o integrale e, soprattutto, di non lavorare con il velo. Quindi c’è questa volontà contro la religione musulmana e c’è la volontà contro il musulmano in generale per il culto della macellazione. Quindi i musulmani in Francia, da un certo numero di anni, pensano a ragione, che ci sia una volontà di restringere la volontà di visibilità dell’Islam.
Non possiamo parlare di tolleranza, se non accettiamo la differenza. Perché, se tutti sono uguali, perché non possiamo parlare di tolleranza? Tolleranza è, per esempio, il signore con la barba… io lo accetto. Non possiamo vietare la barba e poi dire di essere tolleranti. No, non sei tollerante: imporre a qualcuno qualcosa e poi pretendere di essere tollerante, non è essere tollerante. Ad esempio, a noi che vogliamo costruire le moschee, dicono ‘ti diamo le moschee ma senza minareti, senza mosaici, deve essere come gli altri’. Quindi, dov’è l’originalità se le moschee assomigliano a un garage? E perché la chiesa sappiamo subito che è una chiesa? Va bene, lo sappiamo. Ma se la vogliamo che la chiesa sia un palazzo, non c’è più tolleranza. Quindi, attualmente, purtroppo i giovani musulmani pensano di non essere a casa loro. Dal nulla si è iniziato a criticarli e, si dice, ‘può darsi per il fatto che siano musulmani. Se non fossero stati musulmani, non ci sarebbe stato questo comportamento contro di loro’. Se una persona ha un cattivo comportamento, possiamo sanzionarlo, ma non inveire contro di lui così. C’è veracemente, in Francia, un sentimento tra la gioventù musulmana che pensa che ci sia una fissazione contro l’Islam della Francia.
In Francia il burqa integrale è stato vietato. Pensate che sia una restrizione d’origine culturale o un bene per la sicurezza come dicono? Perché il volto dovrebbe essere visibile per riconoscere la persona…
“Ti dirò una cosa: qualcuno che vuole fare un attentato metterà un burqa per farlo? Tutti si metterebbero a guardarlo. Chi vuol fare un attentato, non si vestirà mai in modo tradizionale. Non si metterà un djellaba (tunica tradizionale ndr.), la barba, il turbante: tutti lo guarderebbero, soprattutto se porta un sacco. Quindi, chi vuole fare un attentato, sarà come chiunque, perché non darà sospetti. Dicono ‘perché abbiamo il sospetto che farà un attentato’, ma così non è. Se questa persona vuole fare qualcosa, no. Se indossa un velo integrale, o velo o la barba, è qualcuno che non vuole avere problemi con gli altri. Se vuole, se ha una cattiva intenzione, farà di tutto per passare inosservato”.
È cambiato il clima sociale dopo i recenti attentati? Si fermerà il clima di terrore, dopo quello che è successo a Parigi nel mese di novembre e poi a Bruxelles?
“Come è cambiato il clima per noi musulmani? Radicalmente. Per fare un esempio, prendiamo gli attacchi a gennaio 2015 e novembre 2015. Non è la stessa cosa. Nel gennaio 2015, subito dopo, una settimana più tardi, i soldati sono venuti nelle moschee per proteggerle. È stato il primo caso in Francia in cui abbiano protetto i posti dei musulmani visto l’aumentare di razzismo e odio contro i musulmani.
Nel mese di novembre 2015, una settimana dopo, ci furono incursioni nelle moschee. I militari sono tornati nelle moschee per cercare se ci fossero bombe o armi. Siamo passati da una vittima da proteggere a qualcuno verso il quale si hanno sospetti. Bisognava entrare, sfondare le porte delle moschee: entravano, uscivano, aprivano gli armadietti, cercavano nelle moschee.
Quindi il clima è cambiato per i musulmani: nel 2015, dicevano che gli attentati contro Charlie Hebdo erano di altri, 4 o 5 terroristi e noi musulmani non avevano nulla a che fare, quindi la polizia ha pure protetto le moschee contro i razzisti. Nel novembre 2015, la polizia ha detto ‘no, no, no, penso che ci sia un problema nelle moschee, andiamo a frugare’. E hanno perquisito circa 2000 persone, appartamenti, tutti di musulmani. 2000 appartamenti. 20 o 30 poliziotti, alle 5 del mattino, entravano nelle case delle persone per frugare ovunque”.
Ma in qualsiasi casa?
“Qualsiasi casa. Così i musulmani hanno visto che le cose sono cambiate. Tra gennaio e novembre non è stata la stessa cosa. I musulmani hanno detto ‘ci sospettano, pensano che siamo noi mentre non è così’. Venerdì 13 novembre c’è stato qui l’attentato allo Stade de France. Noi, il 20 novembre, una settimana dopo, in una delle nostre moschee, abbiamo fatto la preghiera mortuale per una maliana che era stata assassinata dai terroristi. Quindi la sua famiglia l’ha portata nella nostra moschea per fare la preghiera perché era una musulmana, prima di seppellirla.
Siamo doppiamente vittime, doppia pena, due volte: vittime come tutti – ci sono dei musulmani che sono morti – e quando la situazione è finita si dice ‘ecco, siete voi’. Quindi siamo vittime due volte. Nassana Diarra, difensore per la Francia, il giorno dell’attentato giocava allo Stade de France. Quel giorno, dopo qualche ora, ha inviato un tweet per dire ‘mia cugina è appena stata assassinata al Bataclan’. Sua cugina. Quindi lui difende i colori della Francia e sua cugina era appena stata assassinata e abbiamo fatto la preghiera mortuale da noi, nella nostra moschea. Quindi i musulmani sono anch’essi vittime. Purtroppo, alcuni media vogliono trasformarci come gli altri, vogliono che l’Islam sia un problema. Ad esempio, non ci sono solo i politici, c’è anche un polemista, Eric Zimmour che nel giornale italiano Il Corriere della Sera, ha fatto una dichiarazione dicendo che il problema della Francia sono i musulmani. Il giornalista italiano gli ha detto ‘sì, ma ci sono 4 o 5 milioni di musulmani in Francia, cosa farete?’. Lui ha risposto ‘non è un problema, gli diamo dei battelli, li inviamo a casa loro’. Come i francesi che erano in Algeria dopo l’indipendenza, sono stati inviati in Francia, così si invierebbero a casa loro i musulmani. Per vedere il livello di odio: c’è un grosso livello di odio contro i musulmani.
Pensiamo che realmente, in Francia, in Occidente in generale, il primo problema sia economico. L’economia è bloccata. Non c’è più lavoro, la generazione attuale ha delle idee negative sull’avvenire per sé e i suoi figli. I francesi pensano che il domani sarà difficile. Quindi c’è questa ansia, questa paura, questa angoscia per quanto riguarda l’avvenire e cercano un nemico. Da sempre, è qualcosa di noto, si cerca un nemico all’esterno. Il miglior nemico che hanno trovato è il musulmano. ‘Guardate, sempre i musulmani!’
Da qualche mese, non si parla più di Islam e il problema numero 1 è il teppismo. Da un giorno all’altro la Francia ha scoperto che c’è un gran problema di teppismo: una volta sono i russi, una volta i musulmani, una volta gli inglesi, una volta gli ucraini. Tra francesi, sempre non musulmani, guardate le manifestazioni tra la polizia e la sinistra, è in corso un grande conflitto. La tensione è tale che i manifestanti hanno persino attaccato un ospedale per bambini. Non si tratta dei musulmani, non si tratta di Daesh, non è lo Stato Islamico, è tra loro. Ci sono numerose tensioni, se guardate i conflitti. I confronti tra loro sono molto radicali. Quindi, cosa significa? Che c’è una grande tensione e ci sono grandi problemi. E il fatto di puntare il dito sui musulmani è per far distogliere l’attenzione. Ho visto un dibattito in tv tra un deputato socialista, Careche su Lcp e un responsabile di CGT (Confédération Générale du Travail, sindacato ndr.). C’era tensione, si sono quasi insultati e neppure verso la fine ma dopo 3 o 4 minuti, il deputato si è alzato ed è uscito.
In Francia c’è una grande tensione, grandi problemi. Certi malati dicono – per distogliere l’attenzione come una pentola a pressione che sta per esplodere, per aprire il tappo – ‘è l’Islam. C’è un problema, guardate i musulmani che pregano, è grave. Mangiano Halal e se donassero a noi Halal, potremmo divenire musulmani, dobbiamo fare attenzione, occupiamoci dei musulmani’. E i francesi? Ogni volta dicono ‘no, il nostro problema è la Francia, siamo mal governati, la nostra economia non va bene, ci sono dei problemi a casa nostra e l’Islam è solo un fazzoletto rosso che si usa per distogliere l’attenzione della massa’.
Spesso si parla di Isis e Islam come se fossero la stessa cosa. Può dirci come la vostra comunità soffre per questo?
“La maggior parte delle persone che sono state sedotte dallo Stato Islamico, alcuni dicono siano estremamente integraliste o radicalizzate nell’Islam. Significa che sono delle persone che pregano molto, poi sono diventate fedeli assidui alla moschea, poi djihadisti, poi partiti per lo Stato Islamico in Siria. Noi pensiamo che, la maggior parte di loro, abbiano una conoscenza leggera e superficiale dell’Islam, non conoscono niente dell’Islam. La maggior parte di loro, sono persone che hanno fallito nella vita, hanno fallito nella loro integrazione, nell’ambiente professionale e non hanno alcuna scolarizzazione. Una vita caotica, senza diploma di scuola o professionale, nessun lavoro e nessun avvenire quindi, l’unica cosa che hanno trovato, tramite internet ecc., è stato il messaggio ‘ecco lo Stato Islamico, diverrete eroi’, mentre la maggior parte di loro si vede come un fallito. E pure la società, i loro genitori, le loro mamme, la loro famiglia dicono loro ‘sei un fallito, non hai fatto niente nella vita, non sei sposato, non hai figli, non hai un lavoro’. Quindi si vedono come Rambo: ‘se entro nello Stato Islamico cambio, divento superman’. Quindi lo Stato Islamico ha dato a queste persone la possibilità di recuperare il ritardo, di trasformarsi. Queste persone, purtroppo, non hanno nessuna conoscenza sull’Islam, nessuna, nessuna, nessuna.
In Inghilterra, alcuni pakistani sono partiti per la Siria. La polizia inglese ha fatto delle inchieste e, guardando i movimenti sulla loro carta di credito, ha visto cosa avevano comprato. Si pensava delle armi. Hanno comprato una specie di libro che si chiama ‘Islam per negati’. Cioè ‘cos’è questa religione?’. Immaginati qualcuno che va alla jihad e vuole imparare cos’è l’Islam. Se parti alla Jihad, sei un esperto sull’Islam. No, loro comprano ‘Islam per negati, cos’è questa religione?’. E dopo che hanno comprato il libro, partono in Siria. Questo dà l’immagine di queste persone: intelligenza zero. Non hanno nessuna conoscenza.
Vanno con gli occhi chiusi, si tuffano e si ritrovano lì, con delle persone che hanno un buon livello intellettuale e li manipolano, li cambiano. Dopo li utilizzano là o qui. ‘Tornate in Europa e fate questo o quest’altro’. Quindi, quelli che dicono che i terroristi sono causati da un comunitarismo esagerato o da un livello elevato dell’Islam, noi diciamo ‘no, al contrario, non è assolutamente Islam. Non conoscono nulla’. Se avessero conosciuto un po’ l’Islam, avrebbero incominciato a pregare, conoscerebbero il Corano, il buon comportamento dei musulmani con i musulmani e con i non musulmani. Se conoscessero tutto questo, direbbero ‘no, tutto ciò non è nulla’. Quindi, al posto di chiudere le moschee – come dicono alcuni – al contrario bisogna aprire le moschee affinché le moschee possano prendere queste persone e discutere con loro. Il messaggio dello Stato Islamico ha funzionato perché – di fronte a loro – hanno trovato persone che non hanno alcuna conoscenza dell’Islam”.
Com’è il rapporto con le altre religioni, con i cristiani e gli ebrei? Ci sono punti di debolezza? Come raggiungere un buon rapporto?
“Onestamente, non credo che ci sia un problema qui o che ci sia un problema in Francia tra musulmani e cristiani o ebrei. No, non c’è. Non c’è alcun problema con le altre comunità. Ognuna cerca di esistere da sola, non c’è nessun conflitto. Ma si pensa lo stesso ci siano conflitti. Ad esempio, durante il Ramadan, organizziamo regolarmente Iftar (il pasto serale consumato dai musulmani per interrompere il loro digiuno quotidiano durante il mese del Ramadan ndr.), mangiamo insieme e invitiamo regolarmente dei rappresentanti della comunità ebrea e cattolica.
Ad esempio, alla fine di gennaio, abbiamo organizzato un torneo di calcetto tra giovani musulmani, cristiani ed ebrei. È stato a Tremblay-en-France, c’è un articolo de Le Parisien. All’inizio tutti erano d’accordo, poi la comunità ebrea ha avuto paura, li abbiamo rassicurati e, alla fine, c’erano squadre ebree. È stato un torneo di calcetto, quindi squadre di 6 giocatori. C’erano 2 squadre di ebrei, 2 di cristiani e 8 di musulmani. Hanno passato tutta la giornata a giocare a calcio ed è andata bene. Nello sport e nel lavoro ci si intende, tra moschee, chiese, ci si invita abitualmente e non ci sono problemi. Quindi, non ci sono problemi in termini di relazione tra comunità. C’è solo – per essere onesti – un problema ed è il problema della Palestina. Ora la situazione è di calma ma, se domani ci sono dei bombardamenti, qui ci saranno subito manifestazioni. Ma non è una questione culturale, è politica. Perché le persone dicono ‘perché bombardate?’. Quindi, è l’unico problema.
In Francia c’è la prima comunità musulmana e, purtroppo, anche la prima comunità ebrea d’Europa. Quindi gli ebrei faranno delle manifestazioni di solidarietà per Israele e i musulmani dicono ‘facciamo anche noi qualcosa per solidarietà alla Palestina’. Quindi, così, ci sono delle tensioni. Ma se la situazione è calma, tutto procede bene. Se s’infiamma, non ci sono conflitti tra i due ma ognuno vuole manifestare. Gli ebrei vogliono farlo da soli e i musulmani pure, tutto qui. Non bisogna vedere nient’altro che una volontà di essere solidali a ciò che avviene là”.
Come si può raggiungere la pace e la solidarietà?
“Penso che il problema sia che l’uomo è l’unico animale che attacca sé stesso. Se guardate tutti gli animali, ognuno attacca l’altra specie ma non uccide la sua stessa razza. Ci sono delle specie umane che vogliono dare la morte all’altro. La soluzione è semplice: l’Occidente – visto che viviamo in Occidente – ha un dovere assoluto perché più potente rispetto ai piccoli paesi. La Francia, ad esempio, non può continuare così, ogni volta, ad immischiarsi nei problemi interni ai paesi, gettare il caos, destabilizzare tutto e poi partire e lasciare il caos. No, non si può lasciare il caos così e rientrare.
Ora si parla di Stato Islamico in Iraq. Ma prima l’Iraq era un paese con un esercito, un’amministrazione, un governo e delle frontiere. Ora è il caso completo. Non c’è un esercito, ci sono solo delle milizie. Gli sciiti contro i sunniti, i sunniti contro non so chi. Quindi è il caos completo che ha permesso la creazione dello Stato Islamico dove non c’è nessuno che controlla qualcosa. Ma prima c’era uno Stato, lo Stato iraniano dov’è? Chi ha fatto sparire lo Stato iraniano? L’Occidente.
In Libia: c’era uno Stato con un esercito, un presidente, una sovranità. Ora è il caos, di tutto di più. Chi ha messo questo caos? Bisogna riconoscere il ruolo della Francia: è responsabile del caos in Libia. Mali, Afghanistan… Non si può partire ogni volta così. Al mattino ci si sveglia e ci si dice ‘ecco, andiamo a bombardare l’Algeria, andiamo a bombardare il Marocco’. No, non si può continuare così, bisogna fermarsi. Bisogna rispettare i paesi come sono, aiutarli a trovare soluzioni ma, essere il gendarme del mondo, non è buona cosa. Soprattutto un gendarme che va dai vicini, distrugge loro la casa, torna indietro e gli lascia le porte distrutte. No, hai rotto qualcosa e poi ripari, non lasci le cose così. Bisogna dire la verità: c’è una certa volontà neocolonialista in Occidente, è inaccettabile. L’Occidente deve dire ‘sono gendarme’ ma assumere la sua missione fino alla fine. Dovunque, dove non c’è democrazia, che faccia il necessario. Non è che va solo nei paesi dove c’è il petrolio come la Libia o come l’Iraq o l’uranio come il Mali.
No, dovunque dove c’è una volontà di fare appello ai diritti dell’uomo. Perché non vanno in Corea del Nord a mettere la democrazia? Pensi che sia un paese democratico? No è così. In Arabia Saudita: si tratta di un paese democratico? No, perché non vanno là a mettere la democrazia? Quindi, possiamo vedere che l’Occidente ha una certa ipocrisia e non solo ora nel 2016, va dall’altro, gli rompe la casa e rientra. L’altro tornerà da te e romperà casa tua. Bisogna che ci si fermi di immischiarsi sempre negli affari degli altri. È questo il messaggio che deve passare e che gli altri non sono degli animali. I maliani, i libici, gli iracheni, non sono animali, sono umani come noi.
Quando bombardiamo ora la Siria, diciamo ‘bombardiamo lo Stato Islamico’. Pensate che le bombe cadano solo sui militanti dello Stato Islamico? Cadono su bambini, anziani… e quelle persone hanno delle famiglie, dei cugini, delle mamme. Quelle persone vedranno questo. Non accetteranno che li si bombardi sempre, così. Quindi, da un momento all’altro, bisogna smettere di essere il gendarme del mondo e avere una politica umanitaria. Per esempio, per me, il modello sono i paesi del nord. La Svizzera, il Canada, sono paesi che seguono veramente un’altra diplomazia, un altro modo di intervenire. Gli Stati Uniti ora, soprattutto con Obama, hanno capito che il fatto di andare a bombardare gli altri non è cosa buona. Gli Stati Uniti, abbiamo ben visto, hanno fatto marcia indietro e non si interessano più dei paesi dappertutto. Purtroppo la Francia si ritrova a voler svolgere il ruolo del gendarme del mondo e ciò ha portato situazioni negative da noi. Non è per caso che ci siano stati due grandi attentati: ci siamo messi troppo in avanti in conflitti bel al di là della nostra portata. La Francia, purtroppo, non ha più i mezzi di svolgere il ruolo del gendarme del mondo, a livello finanziario e non è perché gli Stati Uniti si sono tirati indietro che la Francia deve prendere il posto, no. La Francia deve interessarsi alla sua situazione interna ed ha già tanto da fare”.
Qual è il significato profondo del Ramadan?
“Il Ramadan è un esercizio per mettersi nei panni dei poveri, di chi non ha i mezzi. Vale a dire cercare di vivere una giornata nella situazione di chi è privato di tutto. Ovvero colui che non può mangiare, che non può bere perché non ha i mezzi. E soffrire come lui perché, se domani trovi qualcuno che dice ‘per piacere dammi qualcosa’, dici ‘sì, può darsi che non abbia nulla’. E metti la mano nella tasca e gli dai qualcosa. Quindi l’idea del Ramadan è di provare e di condividere la sofferenza dell’altro per un mese. Un mese di condivisione, di vedere che noi, durante l’anno, possiamo mangiare e bere sempre mentre ci sono altri che non possono bere acqua perché non hanno i mezzi o, come in Africa, non c’è acqua e devono camminare 5 chilometri per recuperarla.
Quindi è un esercizio che si fa per un mese e l’idea è che dopo, per gli altri 11 mesi che restano si cerca di essere empi, umani, sentire l’altro, non arroganti. Questa arroganza che abbiamo, la si dimentica, si pensa all’altro. Oggi fa caldo, per noi è molto difficile e, durante tutta la giornata, pensiamo ‘sì, e gli altri?’ Quando vediamo in televisione gli eritrei, gli etiopi ecc, i musulmani dicono ‘ah è dura per loro’. E non è un caso che, durante questo mese, ci siano più donazioni. Le persone fanno donazioni e le organizzazioni umanitarie raccolgono molti soldi da parte dei musulmani. Perché loro condividono, comprendono. E, generalmente, di sera non trovate famiglie che mangiano da sole, la maggior parte invita i vicini per dire ‘per fortuna abbiamo da mangiare, dobbiamo condividere’ visto che hanno vissuto la sofferenza del restare senza mangiare.
Quindi l’idea del Ramadan è questa. E, seconda idea, è di privarsi di tutto ciò che è materiale (per esempio bere e mangiare è materiale) e anche di interessarsi a ciò che fa di noi, esseri umani, altra cosa dagli animali. Quindi, cosa siamo? Cerchiamo di elevarci a quello che fa di noi una specie nobile e che il buon Dio ha scelto per gestire la sua creatura. Quindi bisogna fare attenzione agli animali, alle bestie, agli altri e cercare di essere buoni. E, molto importante: il Ramadan non è privarsi di bere e mangiare e basta ma anche di non mentire, di non corrompere o essere corrotti, di dire qualsiasi cosa. Anche i bimbi pensano ‘ah, ho mentito’ e quindi dicono ‘non posso dirlo perché sono obbligato a non mentire’. È importante avere una vita sana per un mese. Poi terminiamo e ognuno è libero di dire ‘cerco di conservare questo ritmo fino al prossimo mese del Ramadan’”.
Qual è il ruolo delle donne per i musulmani?
“Per l’Islam, la donna può essere una mamma, una sorella, una figlia, una moglie. Contrariamente a quello che i media veicolano… Dicono che la donna sia maltrattata, che ha una posizione degradata. Se fosse stato così, noi musulmani ci ritroveremmo soli, senza le donne, soprattutto qui in Europa. Può darsi che in Maghreb le donne non abbiamo scelta. Ma qui la donna può dire ‘non voglio più essere musulmana’. Tutte le donne diverrebbero cristiane. Ma, fortunatamente, le donne restano musulmane.
Al contrario: ci sono sempre più convertite che entrano nell’Islam. Ogni giorno, soprattutto durante la preghiera del venerdì: ogni venerdì ci sono una o due donne che dicono ‘voglio diventare musulmana’. La settimana scorsa, c’è stata una mamma che mi ha chiamato per dirmi che sua figlia, di 15 anni, è venuta nella nostra moschea per convertirsi. Mi ha detto ‘perché l’avete accettata? È minorenne’. Io ho detto ‘è stata lei che è venuta, non siamo andati a cercarla noi’. Quindi ci sono delle donne che entrano nell’Islam.
Direi che c’è molta caricatura sulla posizione della donna. Due cose: ciò che vediamo, per esempio i maltrattamenti o l’imposizione del velo per la donna, l’infibulazione, al 99% si tratta di un fattore culturale, non islamico. Significa che è legato a una cultura dell’uomo di origine maliana o algerina… se questo Islam fosse stato applicato in Svezia, avreste visto che la donna sarebbe stata coccolata perché l’Islam non dice di trattarla male.
È la cultura di quelle persone. Per esempio, l’infibulazione la trovate in Egitto e in Sudan. Ma, guardate in tutto il Maghreb, vi invito ad andarci, in Algeria, in Marocco, entrate in una famiglia e dite ‘fate l’infibulazione delle ragazze?’. Mai. ‘Ma perché non è vietato?’ ‘Perché non lo facciamo, non serve neppure vietarlo’. Non puoi vietare qualcosa che non esiste neppure. In tutta l’Algeria, il Marocco, la Tunisia, non c’è il fenomeno dell’infibulazione, non esiste, non è un tabù nascosto, non ci sono neppure campagne in televisione contro l’infibulazione. Perché? Perché non è culturale. Nella cultura dei magrebini non c’è questa pratica. In Egitto, arabi come gli altri, c’è. Perché? Perché è una cultura faraonica, antica, esistente prima dell’Islam. Quando è arrivato l’Islam, l’infibulazione esisteva già. Quindi l’infibulazione la si trova in Egitto e in Sudan: la civilizzazione faraonica. Là esiste, è vero, bisogna riconoscerlo. In Africa del Nord esiste. Quindi è un fatto culturale. Per esempio, le ragazze vendute, le trovate soprattutto in Pakistan, in Bangladesh. In Maghreb no.
L’Occidente e certi media si concentrano su questa immagine e dicono ‘è l’Islam’. No, non è l’Islam, è la cultura di quelle persone. Non è perché ho scoperto qui il riso, mangio il riso tutto il tempo. In Pakistan o in Maghreb non si mangia il riso, si mangia il cous cous. Ma il cous cous è musulmano o il riso è musulmano? Né uno né l’altro. Puoi dirmi ‘sì, l’Islam è il cous cous’, no, non è il cous cous: il Maghreb è il cous cous ma nei Paesi del Golfo no. Non mangiano il cous cous ma sono musulmani come noi. Quindi, non bisogna fare della caricatura. Qui ho degli amici che mangiano al McDonald per un menu. Ma non è così: per il Ramadan, il menu è la zuppa, la chorba o l’Harira. Di norma, non mangiamo così ma loro mangiano da Quick (fast food ndr.) perché hanno una mentalità europea. Chi è il più musulmano? Nessuno dei due perché questo non c’entra nulla.
Quindi ci sono molte immagini della donna che fanno parte della cultura di alcuni popoli musulmani. Un occidentale dice ‘questo è l’Islam, non va bene’. Ma non è l’Islam, è la cultura. E qui in Occidente, è positivo il fatto che ci sia una certa apertura di spirito: non puoi obbligare la tua donna a portare il velo. Ci sono molte persone che si sono sposate e poi hanno obbligato a portare il velo. La donna resta 2 mesi, 1 anno, 2 anni, il tempo di fare i suoi documenti e poi dice ‘no, voglio vestirmi normalmente’. Ma ci sono delle donne che sono nate qui e che ricevo: mi chiamano e dicono che vogliono portare il velo e cercano un uomo che le accetti con il velo. ‘Non ho trovato un uomo. Tu, responsabile delle moschee, puoi trovarmi un uomo?’. Si tratta di una scelta individuale, sono delle donne che hanno scelto di portare il velo. Per quanto riguarda il velo integrale: ci sono delle ricerche che dicono che circa il 20% o il 30% delle donne che porta il velo integrale sono convertite, non musulmane d’origine. Non è la magrebina o la maliana che porta il velo: sono donne di qui.
Chiedo loro perché vogliano essere musulmane e loro mi rispondono: ‘Ora sono giovane, ma poi?’. In Islam c’è questa etica nella donna. Se mi fidanzo con te, non mi tradisci, avrai una relazione sana con me, non cercherai un’altra, restiamo insieme. E questo, per molte donne, è piacevole. C’è un’unione divina, il buon Dio ha legato questa relazione tra me e te. Se mi tradisci, il buon Dio è testimone che sei un traditore. Vedo molte donne alla moschea in coppie che potrebbero vivere una relazione sessuale libera, fare ciò che vogliono senza che nessuno le controlli. Molte donne vengono in moschea e mi chiedono di fare una cerimonia religiosa affinché la loro unione sia sana. Per me è formidabile. Mentre potrebbero fare ciò che vogliono e non ci sono videocamere di sorveglianza.
Chiedo se vogliano sposarsi in Comune ma mi dicono di no. Però, ‘prima di passare all’atto vogliano che ciò sia benedetto in moschea’. Vengono loro due, spesso con genitori e io chiedo all’uomo se vuole sposarsi con lei, se sa cosa significa un matrimonio in Islam, non la tradirà, non la maltratterà, risponderà ai suoi bisogni. La donna avrebbe potuto fare ciò che voleva ma sceglie di avere una relazione sana, benedetta dall’Islam.
Le donne qui in Francia sono libere, potrebbero provare tutto ciò che vogliono, ma alla fine dicono ‘no, voglio una relazione sana’. E vedo la stessa cosa nella comunità ebraica perché mi confronto molto con loro. Mi hanno spiegato che nella loro sinagoga hanno creato una piscina per le donne perché, come i musulmani, non sono per la ‘mescolanza’. Se vanno in una piscina, non vogliono che sia mista. Ci hanno chiesto se volessimo far aggregare le donne musulmane con loro per diminuire i costi della piscina. Io ho chiesto: ‘Ma perché vi impergolate in tutto questo. Ci sono le piscine’. Ma loro mi hanno risposto ‘no, abbiamo un’etica, una religione e dobbiamo rispettarla’.
C’è un ritorno al religioso. Un vero ritorno che possiamo costatare. Per esempio, la preghiera notturna comincia alle 11.35 e finisce alla una e un quarto. Venite in qualsiasi moschea, sarà piena e non solo di anziani. La maggior parte, sono giovani che vengono a pregare. Il digiuno comincia a alle 3.30 e finisce alle 22. Significa che abbiamo solo 6 ore per mangiare e le persone dicono ‘ok, andiamo’. C’è un ritorno verso il religioso delle persone, lo vediamo e lo sentiamo”.
Sempre parlando del matrimonio, cosa ne pensa del matrimonio tra omosessuali?
“Per i tre libri monolitici, ebrei, cristiani e musulmani, è un matrimonio proibito. Cosa dico, non è un matrimonio, è una relazione vietata quella tra due persone dello stesso sesso. I tre libri dicono così. Nell’Islam, abbiamo un intero capito del profeta Lot. Si spiega che questo profeta è andato in una comunità che praticava l’omosessualità: viene sottolineato che si tratta di una pratica non accettabile.
Ora, in tema di individui, qui noi islamici siamo una minoranza, non dobbiamo mai dimenticarlo. Essendo una minoranza, gli omosessuali sono anch’essi una minoranza, non condividiamo con loro questa pratica ma diciamo alla comunità musulmana che non è per questo che dobbiamo far loro del male, prenderli in giro, criticarli o aggredirli, è qualcosa che non ci riguarda. È il loro comportamento e sono liberi di fare ciò che vogliono dal momento che non vengono a praticare ciò nelle moschee. Tu fai quello che vuoi, io faccio quello che voglio a casa mia, e ognuno rispetta l’altro.
Quindi, per riassumere, è una pratica non accettabile per il dogma musulmano, l’Islam non predica questa pratica, non dice che si può fare. L’Islam predica la relazione di matrimonio e spinge le persone contro il celibato, dice che il celibato non è cosa buona, sposatevi il prima possibile, anche molto giovani. Anche se c’è un dramma, trovate un’altra donna e cercare di vivere una relazione sana che è tra uomo e donna. È questa la relazione sana in Islam, come per le altre religioni. Ora gli altri: è la loro pratica e non dobbiamo far di loro una caricatura o, soprattutto, lanciare degli appelli di morte o di aggressione, no. Sono persone che hanno un’altra pratica e che bisogna tollerare e che ognuno viva la propria vita”.
Foto Flickr Creative Commons: © Manila B – Corano
Ha parlato di conversioni. Ci sono meno o più conversioni all’Islam in Francia e Parigi dopo gli attacchi?
“Penso che – se non un po’ di più – non siano diminuite dal 2015. C’è stato pure uno svizzero che è venuto dalla Svizzera per sposarsi in moschea, per convertirsi. Gli ho detto che non ha scelto il buon momento, ci nascondiamo. Mi ha detto che ci rifletteva da molti anni, studiava ed era deciso. Quindi il ritmo di conversione è stabile. Possiamo notarlo per il numero di Corani acquistati in libreria. Molti comprano il libro del Corano perché vogliono capire. E le persone si chiedono, dopo questi attentati, perché li si detesta? È vero o falso? In Occidente ci sono persone che sono state abituate ad avere libertà di pensiero. Dicono ‘comprerò il Corano e lo leggerò da solo’. In tanti lo leggono da solo e molti mi chiamano per dirmi cos’hanno visto, sentito, ecc. Mi chiedono se sia vero e se ne possiamo discutere. Ci sono molte domande.
Vi mostro una cosa: in occasione degli europei di calcio abbiamo preparato questi volantini per distribuirli (qui il comunicato ufficiale): sono in francese, in spagnolo, in tedesco, ecc (un esempio in calce all’articolo ndr.). Ce ne sono anche altri e li abbiamo distribuiti agli spettatori che si sono recati allo Stade de France, per dire loro, ad esempio, quando termina il match, dopo 90 minuti, si parla di ‘tempi di recupero’. Il messaggio qui è questo: ‘Non ci sarà tempo di fermarsi nella vita reale quando questa sarà terminata’. Quando la morte arriva, in quel momento non possiamo dire ‘ai sì ma hai perso del tempo per fare delle cose, qualcuno ti ha infastidito, ti aggiungiamo tre giorni’. No, quando arriva l’ora della morte, è finita. Quindi l’idea è di interpellare le persone e dire loro di cercare di capire il senso della loro vita e dell’Islam. Li invitiamo a visitare anche il sito (eDialogue Center) dove, 24 ore su 24, persone che parlano diverse lingue sono pronte a risponde alle domande. Questo perché ci sono molte persone che vogliono capire l’Islam malgrado ci sia un clima non buono.
Distribuiremo gratuitamente anche dei libri allo Stade de France: ‘Chi è il nostro profeta?’ e ‘La donna nell’Islam’. Abbiamo pensato ai libri per spiegare alle persone questi temi. E c’è anche un altro libro su Gesù, profeta anche riconosciuto dall’Islam. Abbiamo dovuto ritardare l’evento, volevamo distribuirli durante i tornei ma li distribuiremo presto allo Stade de France per spiegare alle persone cos’è l’Islam nel profondo”.