Ferzan Özpetek, già regista dell’omonimo film, si cimenta per la prima volta nella sua carriera a firmare una regia teatrale (produzione Nuovo Teatro, Fondazione Teatro della Toscana), e lo fa in un modo magistrale. Nasce così “Mine Vaganti”, lo spettacolo teatrale in tour proprio in questi giorni.
Torna la famiglia Cantone, e lo fa sì in una nuova ambientazione (napoletana, e non più pugliese come nel film), ma regalando allo spettatore che già conosce il film lo stesso coinvolgimento e la stessa emozione che aveva provato di fronte alla pellicola.
La trasposizione teatrale è infatti piuttosto fedele all’opera originale, e commuove tanto chi già conosce i personaggi, quanto chi si trova per la prima volta di fronte alle vicende rappresentate.
“Mine Vaganti”, la trama
Pochi e marginali sono i cambiamenti rispetto alla trama originale, che viene qui riportata (attenzione agli spoiler!).
Tommaso, giovane studente trasferitosi a Roma, decide di tornare nella casa di famiglia per fare coming out, ben consapevole delle difficoltà che si troverà di fronte alla notizia, dovendo affrontare due genitori vecchio stampo, che di sicuro non accetterebbero un figlio omosessuale.
Decide così di affidare il suo segreto in un primo momento soltanto ad Antonio, il fratello maggiore, che vive a casa coi genitori, con la nonna, la zia e Teresa, la cameriera, e che si occupa del pastificio di famiglia, attività redditizia e famosa in tutto il paese.
Antonio prova a convincere il fratello minore a non dire nulla alla famiglia, per non creare contrasti e dispiaceri, ma Tommaso sembra convinto che sia arrivato il momento giusto per svelare la sua identità.
Tuttavia, la sera in cui tutta la famiglia è riunita e Tommaso sta per dichiarare la propria omosessualità, è Antonio a prendere la parola e a fare lui stesso coming out, parlando della grossa sofferenza provata nel dover allontanare Michele, operaio del pastificio e suo compagno, dall’azienda “per evitare che il paese sparlasse”.
Il padre dei due (e, nel film, di una terza figlia) Vincenzo, prototipo del maschio alpha per cui gli uomini e le donne hanno ruoli legati al proprio genere ben precisi, non regge di fronte alla notizia: ha un infarto, caccia Antonio da casa – intimandogli di non farsi più vedere – e inizia a vivere nella psicosi che il paese sappia quanto appena successo, e che tutti parlino della vergogna toccata alla famiglia Cantone (nel film, è Ennio Fantastichini a regalarci una prova di bravura davvero degna di nota).
Intanto, da Roma, il fidanzato di Tommaso, Marco, con altri amici, decide di andare a trovare Tommaso per tastare il terreno e capire che aria si respira in casa Cantone, avviando così i primi dubbi anche sulla sessualità del più giovane dei fratelli.
Ma un altro personaggio centrale è la nonna, madre di Vincenzo, che abita con il resto della famiglia e che dà proprio titolo al film.
Ma le mine vaganti servono a portare il disordine…
Proprio la nonna infatti è chiamata da tutti, più o meno di nascosto, “mina vagante”. La nonna, che ha una mentalità decisamente più aperta del figlio e della nuora, ha accettato da tempo i nipoti, forse perché lei stessa ha per anni avuto un segreto: è stata, infatti, contemporaneamente innamorata di due uomini: il marito e il cognato, Nicola, con cui ha fondato il pastificio.
Proprio grazie alla sua sensibilità è la nonna a essere depositaria della fiducia più completa di Antonio, che solo a lei aveva già dichiarato il proprio orientamento sessuale, ed è dispensatrice di consigli preziosi per i suoi amati nipoti.
E, come una mina vagante, è proprio lei a muovere i fili di un po’ tutte le vite della dinastia Cantone, nel momento in cui decide di darsi la morte, uscire di scena proprio come una regina, e decidere le sorti della sua famiglia.
Il cast dello spettacolo teatrale di Mine Vaganti
Sul palco, interpretano i componenti della famiglia Cantone: Francesco Pannofino (Vincenzo), Paola Minaccioni (Stefania, sua moglie), Arturo Muselli (Tommaso) e Giorgio Marchesi (Antonio).
Caterina Vertova è la nonna, mentre Sarah Falanga è Luciana, la sorella di Vincenzo. Mimma Lovoi è Teresa, la domestica che si occupa della casa e in particolar modo della nonna. Roberta Astuti è Alba, la giovane socia del pastificio.
Infine, gli amici che andranno nel napoletano a trovare Tommaso sono interpretati da Francesco Maggi, Edoardo Purgatori e Luca Pantini (che di Tommaso interpreta il compagno) – che abbiamo già visto collaborare con il regista e sceneggiatore turco naturalizzato italiano, ne La Dea Fortuna -.
Curioso anche che Giorgio Marchesi abbia interpretato il giovane zio Nicola nei flashback della nonna nel film Mine Vaganti, mentre Paola Minaccioni, nello stesso film, era la cameriera di casa Cantone.
Mine Vaganti: un insegnamento, per concludere
La grandezza di Ferzan Özpetek sta nel riuscire, con il film prima e con lo spettacolo teatrale poi, con l’estrema delicatezza che a lui appartiene, a dimostrare quanto spesso la pochezza umana sia pronta a giudicare e a condannare la normalità, e a mettere davanti all’amore di un figlio una sciocca ma convinta dignità.
Ma può essere veramente l’orientamento sessuale di un figlio a minare la dignità di una famiglia? Ovviamente no, e per fortuna, Vincenzo Cantone e sua moglie se ne rendono conto.
Ci piace sperare che sarà sempre più spesso così, fino ad arrivare al punto in cui non ci sia nemmeno da parlare di figli allontanati dal nucleo familiare in quanto omosessuali, anche nella vita reale.
Mine Vaganti è in scena fino al 31 marzo 2020: qui tutte le date
Foto apertura © teatro.it