“Siamo di fronte a un’oltraggiosa abdicazione alle proprie responsabilità da parte dei governi dell’Unione europea”. Lo ha detto il ricercatore di Amnesty International sull’immigrazione Matteo de Bellis commentando la notizia della significativa riduzione, decisa dai governi dell’Unione europea, dell’operazione “Sofia” di EunavforMed, che proseguirà priva di navi nel Mediterraneo centrale e con la sola sorveglianza aerea.
“Dopo aver usato ogni pretesto a loro disposizione per precludere il Mediterraneo alle navi di soccorso delle Ong e avendo già interrotto diversi mesi fa le loro operazioni di soccorso, i governi dell’Unione europea stanno ora togliendo le loro navi in modo che nessuno possa salvare le vite di uomini, donne e bambini in pericolo” ha aggiunto de Bellis.
Per il ricercatore, infatti, i governi dell’Unione europea “continueranno a usare la sorveglianza aerea per allertare la Guardia costiera libica quando individueranno migranti e rifugiati in mare, in modo che vengano riportati in Libia, pur sapendo che lì verranno detenuti arbitrariamente e sottoposti a torture, stupri, uccisioni e sfruttamento”.
Insomma, “questa vergognosa decisione – incalza de Bellis – non ha nulla a che fare con le necessità delle persone che rischiano le loro vite in mare. Ha tutto a che fare, invece, con l’incapacità dei governi europei di trovare il modo di condividere le responsabilità del loro salvataggio”.
Allora, conclude il ricercatore di Amnesty Internationa, “è bene che i governi europei riconsiderino urgentemente la loro decisione e mantengano una capacità di soccorso in mare. Va stabilito un meccanismo per il rapido approdo e l’altrettanto rapida ricollocazione in Europa delle persone soccorse in mare e ogni ulteriore forma di cooperazione con la Libia dovrà essere subordinata alla chiusura dei centri di detenzione in quel paese”.