Il teatro che racconta tutto ciò che la vita dimentica, dissimula o è incapace di esprimere, di raccontare. Il teatro che è agito, letteralmente, da gesti che sono essenziali, spirituali, ultimi. Il teatro come evento ed esperienza. Per chi agisce in scena e per chi assiste alla messa in scena. Attori e pubblico. Il teatro come spazio scenico destinato a ciò che è di più sacro. A calpestare il palcoscenico, questa volta ci sono studenti e detenuti, liberi o ristretti, è solo una questione di angolazioni.
“Microfestival Incontri” è un mini-festival teatrale, un progetto realizzato da Associazione L’Oblò onlus in collaborazione con Fondazione Comunitaria del Varesotto onlus e Casa Circondariale di Busto Arsizio, con la partecipazione degli studenti delle Scuole Superiori del territorio: E.Tosi, IPC Verri, ITC Gadda Rosselli di Busto Arsizio e M. Curie di Tradate.
Un’iniziativa che ospita spettacoli e progetti teatrali realizzati rispettivamente dai ristretti del carcere di Busto Arsizio e dagli studenti delle scuole superiori coinvolte. Il gruppo dei detenuti, per realizzare lo spettacolo, è coinvolto in un laboratorio teatrale che rientra tra le “aperture” promosse dalla direzione dell’istituto. Rita Gaeta, responsabile dell’area trattamentale, ha una particolare propensione per le attività che consentono contaminazioni tra “dentro” e “fuori”, basti citare l’esperienza che ha visto un numero significativo di detenuti impegnati durante Expo 2015, i galeotti-chierichetti di Papa Francesco e le recenti Cene con Delitto all’interno dell’istituto.
Gli spettacoli presentati dagli studenti sono invece realizzati in modo autonomo all’interno delle attività scolastiche. Studenti e detenuti saranno di volta in volta attori o pubblico. Gli spettacoli verranno ospitati nel teatro interno alla casa circondariale; al termine di ogni rappresentazione, attori e spettatori parteciperanno congiuntamente ad un laboratorio di drammaterapia incentrato su alcune delle tematiche emerse dallo spettacolo appena fruito. I risultati e le sperimentazioni del laboratorio verranno documentate e raccolte in un opuscolo stampato e distribuito.
È prevista anche una rappresentazione al Teatro Sociale di Busto Arsizio, momento finale di restituzione dell’esperienza aperto alla cittadinanza. L’appuntamento è per il 6 aprile, con “Pirandello Remix”. Si tratta di un’occasione particolarmente attesa dagli attori-ristretti, che avranno la possibilità di esibirsi su un palcoscenico vero e – soprattutto – di fronte ad un pubblico vero, evadendo per un giorno dalla routine del carcere.
L’obiettivo dell’iniziativa è quello di favorire un’apertura dell’Istituto penitenziario alle realtà territoriali esterne, per promuovere una diversa percezione dello stesso, in termini non solo di istituto di pena ma di centro di cultura, che può contribuire con le sue risorse allo sviluppo del territorio. La strategia mira a fornire, a detenuti e studenti coinvolti, competenze tecniche specifiche riguardanti l’ambito teatrale, dal punto di vista attorale, della promozione, della realizzazione di un evento, che possano essere spese nella vita quotidiana in termini pratici e relazionali.
Momenti di inclusione sociale fra detenuti e studenti, sensibilizzando questi ultimi sui temi della legalità e della responsabilità sociale. Si tratta di risocializzazione per i detenuti, promuovendo l’idea dell’inclusione come strumento di rieducazione e prevenzione della devianza.
Elisa Carnelli, attrice e drammaterapeuta, è la presidente dell’associazione “L’Oblò”. «La onlus si occupa della realizzazione di interventi riabilitativi e risocializzanti mediante l’uso di terapie a mediazione artistica per favorire il benessere psicofisico e la qualità della vita dei detenuti, ex detenuti, loro famiglie. L’esperienza maturata nel carcere di Busto Arsizio dal 2008, ha ora l’opportunità di ampliarsi e aprirsi anche alla cittadinanza, con interventi artistici e di arti terapie, dedicati non solo a detenuti ed ex detenuti per favorire percorsi di risocializzazione, ma anche ai giovani e alle scuole, con l’intento di maturare percorsi di prevenzione del disagio ed educazione alla legalità».
«Nella vita – commenta Elisa – in ogni cosa che si fa, ogni gesto dice di noi, del nostro modo di porci, di stare nel mondo. E ogni cosa che raccontiamo la raccontiamo con la nostra voce, e nel raccontarla – sia essa cronaca o pettegolezzo – ci dà la possibilità di rispecchiarci in essa. Nel teatro per un attore avviene lo stesso: si parla sempre di noi stessi e ogni cosa ci può parlare. È solo questione di distanza. Così anche una favoletta, una “zuppa di niente” racconta qualcosa: alcune cose degli attori che la mettono in scena e degli attori che sono in scena. E al pubblico che li ascolta».