Alziamo i muri, chiudiamo i porti, rinneghiamo esseri umani. La foto di un padre e una figlia morti annegati nel Rio Grande al confine tra Messico e Stati Uniti, che sta facendo il giro del mondo in queste ore, è destinata a essere lo scatto simbolo dell’esodo migratorio verso gli USA. Lo stesso era successo con l’immagine del corpicino di Alan Kurdi riverso su una spiaggia turca, divenuto poi emblema dell’immigrazione dall’Africa all’Europa.
Insomma, la politica dell’ostilità è ormai consolidata. E mentre 40 migranti della Sea Watch friggono nel Mar Mediterraneo in attesa che il Ministro della paura smetta di giocare con le loro vite solo per una questione di principio, sul fiume che separa il Messico dal Texas si è consumata un’altra tragedia. La tragedia dei piccoli uomini, con il coltello dalla parte del manico, che giocano con i più deboli. Perché la politica della dignità e della ricerca della giustizia per tutti sembra essere annegata insieme alle migliaia di vite morte nel Mediterraneo, così come a Oscar Alberto Martinez e alla figlia di soli 23 mesi Angie Valeria, i due salvadoregni trovati morti nel Rio Grande.
Tra l’altro, gli agenti federali Usa che vigilano sulle frontiere hanno trovato anche altri 4 morti nei pressi del Rio Grande al confine col Messico: una giovane donna, due bambini e un neonato. Il ritrovamento è avvenuto in una zona della Rio Grande Valley, in Texas, dove è in costruzione una sezione del muro voluto da Donald Trump. Secondo le autorità, le vittime sarebbero decedute a causa della disidratazione e del caldo.
“La morte di Oscar e Valeria rappresenta l’incapacità di affrontare la violenza e la disperazione che spingono le persone ad intraprendere viaggi estremamente pericolosi per poter vivere in sicurezza e dignità” ha dichiarato l’Alto Commissario ONU per i Rifugiati, Filippo Grandi. “A ciò si aggiunge l’assenza di canali sicuri per le persone in cerca di protezione, e ciò le lascia senza altra scelta che rischiare la vita”.
E così sprofonda sempre più negli abissi la dignità della politica. Insieme a quei due corpi che oggi sconvolgono le nostre agiate vite, infastidite da un’invasione esistente solo nelle nostre menti affamate di rancore. Quei due corpi a faccia in giù, immersi nell’acqua di un canneto sporca di fango, trasportati a riva dalla corrente sulla sponda sud del fiume, ci riportano tutto d’un tratto alla fragilità dell’essere migranti.
La bimba con le scarpe ancora ai piedi, ancorata al padre grazie alla maglietta che la stringe a sé e il braccio attorno al collo: questa la scena apparsa sotto i nostri sguardi increduli. O forse no. Perché il mondo governato dall’infotainment e dalla politica pop ormai vive di sangue, morte e tragedie consumate insieme al nostro piatto di pasta davanti alla tv.
Sta di fatto che intanto, i corpi ritrovati lunedì (mentre la disgrazia è avvenuta domenica) saranno rimpatriati nei prossimi giorni. Nel frattempo, il ministro degli affari esteri di El Salvador ha invitato le famiglie che tentano di migrare negli Usa a ripensarci: “Non rischiate”, ha detto.
Ma una vita disperata, che fugge da uno Stato in piena povertà o piegato da un regime dittatoriale (pensiamo al Venezuela di Nicolás Maduro), non bada certo al rischio. “Meglio rischiare di morire piuttosto che continuare a vivere qui” è di fatti il pensiero delle migliaia di migranti in continua fuga dal proprio Paese, lo stesso pensiero che ci raccontano in continuazione i migranti dall’Africa durante le nostre interviste.
Così Trump da una parte, Salvini e l’ipocrita Europa dall’altra parte dell’Oceano, continuano a vivere di vana gloria e tonnellate di voti grazie alla terribile speculazione sulle vite umane.
Ma intanto le carovane dal Messico agli USA proseguono, così come i campi al confine degli Stati Uniti dove i bambini vengono trattenuti separati dalle loro famiglie senza cibo adeguato, con scarsa assistenza medica e neonati accuditi da altri minori.
E non cessano il loro viaggio neppure i migranti dall’Africa all’Europa. E non solo loro.
A cessare dovrebbe essere l’arroganza.
Intanto noi, se c’è ancora un noi diverso dall’indifferenza, RESTIAMO UMANI.