Nell’ultimo documento pubblicato dalla Congregazione per l’educazione cattolica intitolato “Maschio e femmina Dio li creò (Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione)” viene discussa la cosiddetta “emergenza educativa” che affliggerebbe un’epoca caratterizzata da un “disorientamento antropologico”.
Sebbene il documento non faccia esplicito riferimento al significato della “teoria del gender” pur utilizzando questo concetto come se dietro ad esso ci fosse una realtà, vengono presentati degli interessanti spunti di riflessione che possono fare da ponte tra chi è fedele a una certa idea della realtà e chi invece pensa l’esatto contrario. Infatti, queste parole sembrano un messaggio rivolto a tutti, un messaggio difficile da confutare:
“Un punto di incontro è l’educazione dei bambini e dei giovani a rispettare ogni persona nella sua peculiare e differente condizione, affinché nessuno, a causa delle proprie condizioni personali (disabilità, razza, religione, tendenze affettive, ecc.), possa diventare oggetto di bullismo, violenze, insulti e discriminazioni ingiuste. Si tratta di un’educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, in cui tutte le espressioni legittime della persona siano accolte con rispetto”.
In questo passaggio viene sottolineato come l’educazione dei bambini e dei giovani debba essere votata al rispetto di quelle che sono considerate come condizioni, una delle quali è scelta come la religione, mentre le altre non lo sono o lo sono in parte a seconda del pensiero o della rivendicazione che si effettua.
Secondo il documento, inoltre, nessuno deve essere oggetto di bullismo e violenze, in quanto tutti meritano rispetto. Certamente questa riflessione è condivisibile e il documento prosegue con la risposta al “come” poter avere rispetto, ossia con l’esortazione a un’apertura all’altro, tramite un avvicinamento:
“La proposta educativa cristiana arricchisce il dialogo in ragione della finalità di «favorire la realizzazione dell’uomo attraverso lo sviluppo di tutto il suo essere, spirito incarnato, e dei doni di natura e di grazia di cui è arricchito da Dio». Ciò esige un sentito e accogliente avvicinamento all’altro da intendersi come antidoto naturale alla “cultura dello scarto” e dell’isolamento”.
Come deve essere effettuato dagli educatori cattolici questo percorso? Più avanti nel testo viene ribadito il fatto che bisogna mettersi in ascolto ed essere testimoni avendo il coraggio di seguire con coerenza ciò che si pensa nella propria vita: “Percorrendo i sentieri dell’ascolto, della ragione e della proposta cristiana, nonché testimoniando con le modalità della propria presenza la coerenza tra le parole e la vita”.
In ultima istanza Papa Francesco stimola gli educatori a sollecitare nei bambini e nei ragazzi l’apertura verso l’altro, verso il quale il rispetto è dato dalla negazione del pregiudizio. Prima di giudicare infatti bisogna conoscere la storia altrui. Il documento cita:
“Papa Francesco – incoraggia «gli insegnanti cristiani, sia che operino in scuole cattoliche sia in scuole statali, […] a stimolare negli alunni l’apertura all’altro come volto, come persona, come fratello e sorella da conoscere e rispettare, con la sua storia, i suoi pregi e difetti, ricchezze e limiti. La scommessa è quella di cooperare a formare ragazzi aperti e interessati alla realtà che li circonda, capaci di cura e di tenerezza»”.
Il messaggio profondamente cristiano che si trova nei paragrafi di questo documento è in contraddizione con tutto il resto delle delle imprecisioni generalizzanti che pretendono di saper circoscrivere una realtà relativa con delle parole ascrivibili al discorso di un pensiero che è unico (e dogmatico) solo per chi lo legge provenendo dalla prospettiva diametralmente opposta. Eppure, la bellezza risiede nel fatto che anche chi ha un pensiero opposto e contrario può utilizzare la stessa strategia retorica per argomentare un pensiero che sa essere fluido e aperto.
Tra le idee cristiane di rispetto, coerenza tra parole e fatti, apertura all’alterità e ascolto c’è un ponte in comune con chiunque abbia la volontà di incamminarvisi. Infatti, nonostante tutte le altre idee neghino a livello verbale l’esistenza di un ipotetico “diverso” chiunque, per creare un dialogo che sia veramente tale bisogna partire da fondamenta comuni.
Quando non è concesso il rispetto ad esistere, ma è conferita solo la tolleranza necessaria a essere trattati come un oggetto del discorso, bisogna convincere chi ha un’altra visione della realtà che quel tipo di rispetto è imprescindibile. Solo dopo che si è guardato qualcuno in volto e lo si è riconosciuto, non solo come altro da sé, ma con il suo diritto ad essere altro, allora si può iniziare a parlare una lingua che per entrambi sia sensata.
Il dialogo parte, nel documento della congregazione, sotto forma di un articolato soliloquio dal quale l’altro è escluso a priori. Ma il messaggio universale contenuto in alcuni dei suoi paragrafi arriva chiaramente a tutti noi, noi che consideriamo aberrante il non essere degni di considerazione, noi che attraverso il dialogo abbiamo dovuto negoziare non solo la nostra identità ma anche la legittimità del nostro amore, del nostro essere.