Dal 2 aprile del 1985 Margherita Asta è una donna adulta. A quel tempo aveva solo dieci anni ma la perdita della mamma e dei due fratellini, a causa di un’autobomba destinata al magistrato Carlo Parlermo, l’ha cambiata all’istante. Così da allora, quella nota come la strage di Pizzolungo è la sua bandiera di riscatto per combattere la mafia. E, ormai una delle figure di riferimento di Libera – associazioni, nomi e numeri contro le mafie –, porta per tutta Italia la sua testimonianza per combattere la criminalità organizzata.
Dal 2 aprile 2016, invece, la mamma Barbara Rizzo e i fratellini gemelli (a quel tempo di soli sei anni) Giuseppe e Salvatore, sono per sempre ricordati dal Non ti scordar di me. Si tratta del parco della Memoria e della Coscienza Civile realizzato proprio nel luogo della strage, sulla strada statale che attraversa Pizzolungo, nel trapanese. A questo si aggiunge il libro, Sola con te in un futuro aprile, dove la Asta racconta in prima persona la sua esperienza di vita (Fandango Libri, 2015).
Intervista realizzata grazie alla collaborazione di Libera Varese, Anpi Busto Arsizio, Filarmonica Santa Cecilia di Sacconago e Gruppo Missionario Sacconago, in vista dello spettacolo-testimonianza di Margherita Asta, il 27 maggio 2016 al teatro Lux di Busto Arsizio.
Quest’anno è stato inaugurato Non ti scordar di me. Hai sentito una reale partecipazione da parte delle autorità o hai ancora l’impressione di passerella fine a se stessa, come avvenuto i primi anni dopo l’attentato?
“La cosa che sicuramente mi fa piacere è che finalmente quel luogo abbia avuto una degna sistemazione data della realizzazione, grazie ad una amministrazione attenta, del parco della memoria e coscienza civile: parco dove andare a ricordare, ma allo stesso tempo riflettere per costruire. Ed è proprio questo che per noi di Libera è importante, ovvero la memoria che non deve servire solo ad emozionarmi ma essere lievito di impegno. Sicuramente c’è stata un’amministrazione che ha permesso tutto ciò mettendosi in rete con le associazioni del territorio e le scuole. Infatti, gli istituti scolastici del territorio da 9 anni, ogni anno per il Non ti scordar di me, realizzano un progetto e raccontano una storia di vittime di mafie. Il primo anno, la strage di Pizzolungo, è stata raccontata con il fumetto, poi con la rappresentazione teatrale o power point. Ogni anno sono state raccontate anche storie di vittime di mafia innocenti diverse. Quest’anno, ad esempio, i ragazzi hanno raccontato la storia di Giò Petrosino e Sebastiano Bonfiglio. Serve quindi a dare un senso a quello che come Libera facciamo e questa amministrazione, più delle altre, è stata attenta. C’è voluto tempo ma finalmente qualcuno ha ritenuto giusto e doveroso dare una sistemazione dignitosa a quel posto, a fronte di altri che invece avevano autorizzato la realizzazione di uno stabilimento balneare. Ogni tanto c’è qualcuno illuminato”.
Carlo Palermo accompagna tutta la tua vita e lo si capisce bene leggendo il libro. Chi è per te?
“Un uomo sicuramente provato. Un uomo che non è stato ucciso fisicamente quella terribile giornata ma dal punto di vista professionale e psicologico è stato ucciso. Un uomo ancora alla ricerca della verità come del resto lo sono anche io. Perché soltanto così si può avere giustizia.
Lui stesso si definisce, come scrive nella lettera bellissima che mi ha inviato dopo aver letto la bozza del libro, che è stato un uomo condannato a morte e sopravvive da condannato a morte. Immaginatevi voi questo senso che prova, secondo me è devastante. Lui non deve chiedere scusa a nessuno ma il sentirsi in colpa lo porta sicuramente anche a vivere di più questa situazione di disagio”.
Si sente in colpa verso te e la tua famiglia?
“Lui dice che il senso di colpa che prova è come una tara nel cuore e nella mente, quella di aver provocato involontariamente la morte di persone che non c’entravano nulla. Da parte mia non ha nessun motivo per sentirsi in colpa perché non è stato lui ad azionare l’autobomba.
Il fatto tragico è che sono passati 31 anni e conosciamo ancora solo parte della verità. Abbiamo riportato nel libro passi delle sentenze. Ad esempio il magistrato dice qual è il movente della strage di Pizzolungo e parla sì di un attacco all’uomo e alle istituzioni che le difendeva ma parla anche di strutturali collusioni di settore importanti dello Stato. Allora non solo da figlia e da sorella ma anche da cittadina italiana mi chiedo, cerco e ricerco e mi auguro che prima o poi emergano quali sono queste strutturali collusioni. Altrimenti, viviamo in un paese democratico se conosciamo solo parte della nostra storia? Dal punto di vista giudiziario, nella strage di Pizzolungo c’è dell’assurdo, quando addirittura sono stati assolti i veri colpevoli, i veri esecutori materiali sono stati assolti per non aver commesso il fatto e alcuni di questi li ritroviamo nelle stragi del ‘93”.
Dici di aver cercato un’associazione che potesse sostenerti solo dopo l’apertura di un nuovo procedimento sulla strage di Pizzolungo e ti è stato chiesto di costituirti parte civile. Prima, invece, hai sempre solo cercato di ricostruire i fatti, raccogliendo articoli, come una sorta di investigatore privato. Non avevi mai pensato di cercare, prima, un’associazione che lottasse con te?
“Non si conosceva neanche, Libera nasce nel ‘95 ma arriva in provincia di Trapani nel 2002. Avevo sentito parlare di Libera in tv o internet ma, di fatto, non avevo avuto mai l’occasione diretta. Però nulla avviene per caso. Io ho incontrato Libera quando ero proprio nel momento più particolare per la storia che mi riguarda: ero indecisa se costituirmi parte civile nel processo per i mandanti della strage, considerato come mandato il processo per gli esecutori materiali appunto con le assoluzioni. Quindi per me è stato molto faticoso da sola decidere. In quel momento ho incontrato Libera: cercavo un’associazione che offrisse consulenza legale, cosa che Libera in quegli anni non faceva, però poi in realtà il referente in provincia di Trapani era un avvocato e così mi sono fidata. Abbiamo parlato pochissimo del processo e tantissimo invece di quello che poteva essere il mio impegno nell’associazione”.
Firenze, Roma, Milano. Nel 1993 Cosa Nostra sembra la vecchia versione di ciò che viviamo noi oggi con il terrorismo. Nel tuo libro (p. 205) dici “qualcuno aveva deciso che tutti noi dobbiamo avere paura”. È un’affermazione ancora attuale, applicabile anche ad un contesto più esteso a livello geografico. Vedi delle similitudini tra l’agire mafioso e il terrorismo?
“Sicuramente incutere paura, cosa che la mafia ha fatto negli anni – ora non ne ha più bisogno di incutere paura alle istituzioni – di dire io ci sono (perché le stragi del ’93 nascono proprio per questo) e ti tengo in pugno. Il terrorismo ha sicuramente uno strumento, quello di uccidere e incutere paura. Quindi secondo me quella è una delle similitudini”.
Qual è l’approccio migliore per affrontare la mafia? Cosa può fare un singolo cittadino?
“Un singolo cittadino ha il diritto-dovere di informarsi, perché attraverso l’informazione e la conoscenza può fare delle scelte. Poi, un’altra cosa che può fare, è svolgere il suo ruolo da cittadino che gli viene consegnato e riconosciuto fin dalla nascita: agire in un equilibro perfetto tra quelli che sono i suoi diritti e i suoi doveri. Solo così fa il buon cittadino. Se la mafia utilizza il metodo della prevaricazione, della sopraffazione, il fatto stesso già di rispettare gli altri è alla base della convivenza civile per eccellenza. Informarsi e conoscere: solo così può scegliere e scegliere da quale parte stare”.
Il 27 maggio testimoni attraverso lo spettacolo della Filarmonica di Sacconago. Qual è il valore della testimonianza e come affronti questo evento?
“Ho molta paura. È una testimonianza resa in modo diverso dalle altre volte quindi un po’ di terrore ce l’ho. Il valore della testimonianza è sicuramente raccontare quello che è stato il mio vissuto ma anche raccontare il vissuto di una mamma che stava accompagnando i suoi figli a scuola, quindi in un atto di quotidianità è stata cancellata insieme ai suoi figli. Mia madre e i miei fratelli non hanno fatto nessuna scelta, lei ha solo deciso di non insegnare per dedicarsi a famiglia e i miei fratelli a 6 anni avevano solo scelto di andare a scuola quella mattina e di fare i capricci. Però questa storia dimostra come le mafie colpiscono tutti, non solo chi si impegna in prima linea. Ed è proprio per questo è importante che ciascuno di noi non pensi che la mafia e il sistema criminale siano una cosa che non ci riguarda. Purtroppo è un problema che ci riguarda e proprio per questo, tutti insieme, ciascuno per la propria parte, dobbiamo cercare di scardinare”.