Limite: ostacolo da superare, staccionata di un recinto o paletto da rispettare?
Nato a Oxford nel 1942 e morto dopo 76 anni nella sua casa di Cambrige, Sthephen Hawking è stato apprezzato in tutto il mondo sia per i suoi studi cosmologici, sia come esempio per tutti non arrendendosi alla malattia ma trasformandola in uno stimolo per il proseguimento dei propri studi e della propria quotidianità: il suo insegnamento più grande è che i limiti sono nella nostra testa ma che con tenacia e forza di volontà ogni situazione si può affrontare.
Qualche giorno fa Luca, un amico che, da cinque anni, coraggiosamente combatte ogni giorno per tornare ad una vita dignitosa dopo un brutto incidente automobilistico, mi ha confidato di volere l’eutanasia per morire. Questa rivelazione mi ha profondamente turbata: perché qualcuno che giorno dopo giorno accumula successi e miglioramenti, di punto in bianco smette di lottare fino ad arrivare a rifiutare la vita?
Questo episodio mi ha riportato alla mente la recente scomparsa, lo scorso 14 marzo, del fisico e matematico britannico Stephen Hawking noto soprattutto per i suoi studi sui buchi neri secondo cui essi emettono radiazioni e poi evaporano.
Quando ho sentito la notizia della sua morte, sono andata a leggere la sua biografia ed alcuni articoli su di lui, perché ammetto che sapevo superficialmente chi fosse grazie anche alla sitcom The Big Bang Theory”, apertamente ispirata alle teorie di Hawking, che ne è stato ospite in diversi episodi. Lo studioso, consapevole e incuriosito dal potenziale comunicativo del media televisivo, ha collaborato con Discovery Channel e ha recitato in altre serie televisive.
Così ho scoperto un uomo a cui a soli 21 anni è stata diagnosticata una gravissima malattia degenerativa – che inizialmente fu identificata come sclerosi laterale amiotrofica, ma che poi fu riconosciuta come atrofia muscolare progressiva (una sindrome correlata alla SLA) – ma che non si è mai dato per vinto, ha lottato contro la malattia e conto i pregiudizi delle persone normodotate che non potevano capire le sue motivazioni e condividere le sue scelte di vita.
Ho scoperto un uomo che ha sfidato qualsiasi opinione assecondando il suo desiderio di paternità diventando genitore di tre figli che ebbe dalla prima moglie Jane Wilde sposata nel 1965.
Lucy, Robert e Tim, i suddetti figli del fisico-matematico, hanno commentato con queste parole la scomparsa del padre: «Siamo profondamente rattristati dal fatto che il nostro amato padre sia morto oggi. Era un grande scienziato e un uomo straordinario il cui lavoro vivrà per molti anni. Il suo coraggio e la sua perseveranza con la sua brillantezza e il suo umorismo hanno ispirato persone in tutto il mondo».
Ho scoperto un grande scienziato che amava insegnare, attività che esercitò dal 1979 al 2009 essendo titolare di una cattedra di matematica presso l’Università di Cambridge e direttore del ‘Dipartimento di Ricerca di Matematica applicata e Fisica teorica’ nella stessa Università.
Negli anni il progredire della malattia lo costrinse all’uso di una sedia a rotelle per gli spostamenti e all’impossibilità di mangiare da solo. Inoltre nell’85 in seguito ad una grave polmonite perse l’uso delle corde vocali, questo mise a rischio la sua attività di docente ma grazie ad un sintetizzatore vocale che gli permetteva di comunicare continuò ad insegnare dimostrando ancora una volta di non arrendersi ai limiti ma di avere la forza di ripartire sempre.
Ho scoperto un uomo tenace e fermamente convinto delle sue idee come quando rifiutò il titolo di Commendatore dell’Ordine dell’impero Britannico (il “famoso Ser” antecedente al proprio nome) con il quale la Regina Elisabetta II avrebbe voluto nominarlo, con la motivazione che fosse un titolo obsoleto quello di Cavaliere del Regno Unito.
Ho scoperto un uomo vincitore di numerosi premi ma che non vinse mai il Nobel per la fisica a causa dell’assenza di prove sperimentali che attestassero la veridicità delle sue teorie.
Solo nel 2016 il fisico israeliano Jeff Steinhauer dimostrò l’esattezza della teoria di Hawking basandosi sulle ricerche dello studioso e riproducendo in laboratorio un esperimento per la simulazione di un buco nero.
Ho conosciuto un uomo impegnato nel sociale sostenendo la battaglia per il diritto al suicidio assistito e all’eutanasia per i malati terminali.
Nel 2014 diede un grande esempio a tutti contribuendo – grazie ai figli e ai nipoti – alla Ice Bucket Challenge, la campagna lanciata fra i vip per raccogliere fondi a favore della ricerca sulla SLA.
Una delle citazioni più famose di Hawking è:
“Per quanto difficile possa essere la vita, c’è sempre qualcosa che è possibile fare. Guardate le stelle, invece dei vostri piedi”.
Questa frase mi ha fatto riflettere perché io, che sono sempre stata una sognatrice, l’anno scorso ho conosciuto un ragazzo che mi ha riportato con i piedi per terra dicendomi di aprire gli occhi perché va bene sognare ma la realtà quotidiana è un’altra, ho dei limiti e devo accettarli… e probabilmente è anche quello che è successo nella testa di Luca dopo l’incidente, ovvero la consapevolezza che ora ha dei limiti che lo hanno portato a convincersi erroneamente che l’eutanasia sia la soluzione.
Ma l’esempio del fisico britannico ha riacceso in me quel lato da inguaribile sognatrice e la sua frase mi ha portato a chiedermi come si fa a coniugare la “voglia di fare” con il “guardare le stelle”, come si fa a “sognare concretamente”?
Ho pensato quindi al significato di limite: i limiti sono ostacoli che ci spronano a dare il meglio di noi per superarli o sono staccionate da non superare per non correre rischi inutili? Fin dove è giusto sognare e quando è necessario stare con i piedi per terra?
Ricordo che da adolescente non mi ponevo limiti, volevo sempre oltrepassarli, in senso buono, il limite era l’ostacolo da superare che mi spronava a spingermi oltre per non dargliela vinta e a chi mi diceva che dovevo imparare a conoscere e a rispettare i miei limiti, io rispondevo di sì, ma dopo poco quelle parole erano un lontano ricordo. Dopo questo periodo ho trascorso alcuni anni in cui pensavo esattamente l’opposto, il limite era pensare di guardare al di là della staccionata.
Crescendo ho capito che i limiti non sono né ostacoli né staccionate ma sono paletti che è necessario conoscere e rispettare. I limiti non sono vincoli, ma sono l’equilibrio fra il guardare le stelle e la voglia di fare concretamente: il segreto è la conoscenza e la consapevolezza, sapere fin dove arrivare ma senza mai smettere di sognare con la consapevolezza di cosa voglia dire la parola sogno.