Maria Chiara ed Elena vogliono essere “Libere di Fare“. Così hanno battezzato l’appello social al Governo italiano le sorelle Paolini, entrambe disabili, di Senigallia (Ancona). Il primo ottobre, infatti, hanno pubblicato su Facebook una lettera aperta rivolta al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e ai Ministri (la potete leggere qui). Con parole efficaci, tra l’ironico e il pungente, hanno denunciato la difficile condizione sociale di una persona con disabilità in Italia. Così, abbiamo deciso di intervistarle…
Chi è Maria Chiara? Chi è Elena? Presentatevi.
Maria Chiara: «Ho 26 anni, ho studiato lingue e ho fatto un master per insegnare italiano come lingua staniera».
Elena: «Ho 21 anni e mi sto per laureare in relazioni internazionali».
Cosa vi ha spinto a scrivere questa lettera al Presidente del Consiglio?
«Sostanzialmente la constatazione che i tavoli tecnici con le regioni per aumentare i fondi per l’assistenza e le varie iniziative di mobilitazione non sono ancora sufficienti.
Molti in varie regioni ricevono promesse vuote e vengono strumentalizzati. È una situazione insostenibile per migliaia di persone interessate. Inoltre la forma della lettera aperta si presta a far conoscere la situazione alle persone non direttamente coinvolte che non hanno idea o quasi della mancanza di risorse per chi è disabile.
Non si rendono conto concretamente di che cosa significhi non avere assistenza, per questo abbiamo cercato di spiegarlo nella lettera con degli esempi pratici e concreti».
Vi aspettate una risposta? Che reazione vi attendete da questa lettera?
«Sappiamo che una lettera aperta da sola non ha conseguenze concrete, l’attenzione sui social se ne va così come è venuta. Sicuramente ha il suo valore a livello di diffusione della conoscenza del problema: abbiamo reso molte persone consapevoli di una situazione incivile.
Però vogliamo passare dalle parole ai fatti: insieme a una rete di persone disabili nate sui social network, abbiamo pianificato delle manifestazioni in varie città italiane per il 3-4-5 novembre e abbiamo bisogno della partecipazione e del supporto di tutti.
Vogliamo semplicemente che venga dato a ciascuno secondo il proprio bisogno di assistenza. Oltre ad essere una pressante emergenza nazionale, lottare per l’assistenza personale è utile a tutti: tutti possono acquisire una disabilità nel corso della vita, se non altro con la vecchiaia.
Seguiteci sulla pagina Facebook (Liberi di Fare) di riferimento per l’iniziativa per partecipare e collaborare».
La situazione che denunciate ai nostri Ministri è degna di nota. Quali sono i vostri sentimenti nei confronti di questa condizione?
«I contributi statali sono davvero irrisori e le alternative correnti per i disabili sono o dipendere fisicamente da familiari, partner o amici per tutta la vita, oppure venire segregati in una casa di cura, dove vengono violati i diritti fondamentali delle persone, tipo la libertà di scelta e l’autodeterminazione sul proprio corpo.
Insomma, i disabili in Italia, ad oggi, non hanno davvero il diritto alla mobilità e alla vita.
La situazione si commenta da sola».
Cosa significa #liberidifare?
«L’hashtag che abbiamo scelto per la campagna comprende due concetti fondamentali: il “fare” le cose e la libertà.
Perché sono quelle che essenzialmente mancano a chi non ha un’assistenza adeguata. Molte persone disabili in Italia, a causa di questa (presunta) carenza di fondi, non possono studiare, lavorare, incontrare gente. Insomma, fare cose.
Inoltre l’assistenza personale permette, a chi non è autosufficiente, delle libertà fondamentali. Libertà di scelta. Andare a un appuntamento, fare un bagno al mare, fare la spesa oppure poltrire tutto il giorno, uscire senza motivo solo per fare una passeggiata, andare a letto all’ora che si vuole».
Vi sentite ispirazione o vorreste essere ispirazione per altri ragazzi in una simile condizione?
«Siamo un po’ allergiche alla parola “ispirazione”, noi abbiamo deciso di agire perché in questo momento, incidentalmente, sentiamo di avere la conoscenza del problema, le risorse e la voglia per farlo.
Nella lettera partiamo dalla specifica situazione di noi due ma le dinamiche sono davvero molto comuni, solo che non si conosce il problema perché non se ne parla.
Noi due in un certo senso siamo un po’ il “volto” della campagna, almeno per ora, ma la nostra è la situazione di migliaia di persone in tutto il Paese».
Subite discriminazioni e/o pregiudizi da parte delle persone che incontrate? Se sì, ci raccontate qualche esempio significativo?
«Pregiudizi non particolarmente ma sì, capita di incontrare persone dalla mentalità chiusa che magari per parlare non si rivolgono a noi ma a qualunque persona “camminante” ci accompagni.
Le discriminazioni le subiamo ogni giorno con i fondi inadeguati per l’assistenza e i locali inaccessibili».
Quali sono le maggiori barriere architettoniche verso le quali dovete far fronte?
«Per quanto ci riguarda, dato che siamo in carrozzina, i problemi principali sono la scarsità di rampe per superare scalini all’ingresso dei negozi e per accedere ai marciapiedi, infatti spesso camminiamo in strada sfidando il destino. Poi la scarsità di bagni accessibili. Ma bisogna parlare di più anche delle barriere per i disabili sensoriali».
Ci sono degli Stati ai quali l’Italia dovrebbe prendere esempio riguardo a disabilità e sostegno?
«Ci sono realtà, europee e non solo, dove viene garantita l’assistenza 24 h su 24 a tutti coloro che ne hanno bisogno, come la Germania e i paesi scandinavi».
Quale il vostro parere riguardo la Legge “Dopo di Noi”?
«Il nostro non è certo il parere di un tecnico ma non si tratta di una legge progressiva e moderna così come è stata pubblicizzata.
È una legge che non ha fondi sufficienti e non chiuderà le RSA, che destina i fondi a strutture pubbliche o istituzionali del terzo settore e al mondo del privato».
Cos’è la vita per voi?
Maria Chiara: «Ehm… quando lo scopro te lo dico! Scherzi a parte, sicuramente è prima di tutto un’opportunità, da sfruttare al meglio».
Elena: «Essere circondata da persone con cui sto bene, fare cose che mi piacciono e che mi esprimono, correre rischi».
La vostra più grande paura?
Maria Chiara: «Non saprei, al momento il pensiero di non riuscire a coprire le spese per l’assistenza. È una paura molto concreta ed è la mia maggiore preoccupazione per il futuro».
Elena: «Oddio, la più grande paura non lo so! Ora come ora una paura è non riuscire a combinare nulla per i diritti delle persone disabili».
Sogni e speranze per il futuro?
Maria Chiara: «Sarò ripetitiva ma mi piacerebbe avere l’assistenza gratuita 24 h su 24 come è giusto che sia. Avere fondi sufficienti da permettermi di assumere un team di assistenti a rotazione, come avviene in altri paesi. Stiamo già facendo questa cosa, ma in gran parte usando le nostre risorse».
Elena: «Quoto Chiara, è difficile fare piani se non hai l’assistenza personale…».
La vostra canzone preferita?
Elena: «Non c’è una canzone preferita, di solito mi impallo a periodi su canzoni diverse. Al momento mi ascolto a ripetizione “Fighting with myself” di LP».
Maria Chiara: «È come dire di scegliere un libro preferito: impossibile!
Sono abbastanza onnivora in fatto di musica, non snobbo nulla in partenza e non sdegno a seconda del genere. Ultimamente sto ascoltando molto il primo album di Gabbani, “Greitist iz“».