È serio, il padre, esponendo a tavola il problema.
Il suo sonno è turbato da questo pensiero ormai da qualche giorno.
“Cosa gli dovevo dire, a mio figlio?
C’erano quei due maschi lì, per mano, a ridacchiare e farsi le coccole come due tortorelle. Era anche presto, tipo le undici di domenica, e loro belli tranquilli. Oh, ci sono in giro le famiglie a quell’ora. Cosa gli dovevo spiegare, a mio figlio, di quelli lì?”
Resto in silenzio, ascolto. Mi piacerebbe capire se c’è qualcosa da capire ma mi si svuota la mente.
Allora sposto lo sguardo sul piccolo in questione: avrà sei, sette anni ed a tavola si annoia a morte proprio come me, ma in quanto Bravo Bambino ha imparato a non rompere le scatole e gioca col cellulare della mamma.
Mi domando quale visione infernale possa mai aver avuto di questi due fantomatici maschi che osavano passeggiare per mano di giorno (si noti: la parola usata è “maschi”, non “uomini”. C’è una bella differenza di classificazione).
La filippica prosegue ma io ascolto a pezzetti, concentrata sull’osservazione del bambino che non fa una piega e continua il suo gioco.
Che poi, secondo me, nemmeno li ha notati quei due. Faccio un gioco: mi immergo nel corpo e nella mente del bimbo. Decido di fare un esperimento di immedesimazione e mi calo nei panni dei sei anni.
Domenica al lago con papà e mamma, che bello! Oh, guarda, una famigliola di anatre! Ma il bagno nel lago si può fare? Lì l’acqua è bella trasparente come al mare, chissà se si può. Oh! Le altalene!!!
Ci posso andare, su quelle altalene? Ora lo chiedo ai miei. Che sole, che caldo, voglio togliermi la felpa! Ma perché non vi sbrigate, noiosoni lenti? Voglio fare una corsa! Potrò mangiare un gelato? Anzi no, voglio una brioche alla marmellata ma prima voglio andare sullo scivolo!
Sono praticamente sicura che neanche li avesse visti, i due che passeggiavano. Troppe cose attraenti per notare due noiosi adulti che passeggiano come tanti altri adulti.
Le mani dei bambini si uniscono quando escono da scuola.
Se devono spiccare una corsa per mostrare qualcosa l’uno all’altro, si tengono per mano. La mano è preziosa piazza per mercato e scambio.
“La macchinina nuova te la faccio vedere, ma solo in mano mia!”
Una mano è una mano, come un naso, un capello, un occhio, un ginocchio.
Perché instillare negli occhi di un bimbo il velenoso seme del dito puntato a giudizio?
Perché nutrire le ansie paterne alimentando il fuoco di una nuova, neonata ansia? Continuo a non capire, a non comprendere perché dovrei impicciarmi dell’amore altrui e soprattutto perché dovrei sentirmi in dovere di spiegarlo a mio figlio.
Spiegherei il movimento dei pianeti, come si piantano le patate, perché quando c’è vento arrivano le onde al mare.
Col ragionamento vado al largo perdendo di vista l’orizzonte, allora decido di concentrarmi e scrivo una lettera mentale a quel bimbo seduto davanti a me che per comodità chiamerò Marco.
L’omosessualità spiegata a un bimbo di sei anni
Caro Marco,
Vorrei che mi parlassi dell’amore. Cos’è l’amore, secondo te?
Per me l’amore è un’amicizia che ha saltato l’ostacolo della fisicità. E’ andata oltre, come una pecorella che salta il recinto ed è libera di andare a correre e brucare dove l’erba più le piace.
L’amore non ha sesso e non è il sesso, Marco; lo capirai quando crescerai, ma fino a quel giorno mi piacerebbe tanto sapere che la tua mente rimanesse libera dai pregiudizi. No, Papà non è la persona più saggia del mondo: è il tuo Papà e ti vuole bene, ma in questo momento sta dando da mangiare al tuo cervello solo un mucchio di robaccia. Come sarebbe bello, Marco, se tu ti accorgessi di questa frase spazzatura che ti viene servita come verità su un piatto d’argento! Come sarebbe bello se crescessi libero di pensare e sviluppare la tua visione del mondo, indipendentemente dai pensieri di tuo padre! Non sarebbe splendido se tu potessi dire “Papà, li ho visti quei due. Sono due noiosi adulti che fanno le cose degli adulti. Ma tu cosa hai visto in loro, che tanto ti sconvolge?”
Sarebbe bello, Marco.
Purtroppo non sarà facile perché non è facile, a sei anni, non prendere come veritiero ciò che pensa e dice Papà.
Spero tu diventi una persona meno incline al pregiudizio di quanto non lo sia il tuo genitore, piccolo Marco. Questo mi auguro per te e per la tua nuova esistenza appena salita sula giostra del mondo. Mi auguro anche che inventino videogiochi sempre più intriganti ed accattivanti che distolgano la mente dei bambini dalle mestizie del mondo adulto.
Con amicizia,
Lila
Mi alzo da tavola pensierosa. So che Marco faticherà non poco ad avere una mente elastica.
Prima che la perda del tutto mi metto vicino a lui:
“Senti, al tuo giochino si può giocare in due? Che barba stare a tavola!”
Foto: © Flickr – Creative Commons – Cartoline dal Roma pride 2008 – Pay Here