Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo, perché era disposto a cambiare ogni giorno.
Il senso di appartenenza è quella cosa che fa sentire bene. È quella cosa che fa sentire parte di un progetto accettando tutto senza provare a capire se davvero è nelle proprie corde, forse semplicemente perché lo si sente più vicino al proprio pensiero anche se non si tratta sempre del “proprio pensiero”.
Qualcuno era comunista perché era nato in Emilia.
Accettare sé stessi parte con l’accettazione delle proprie origini, il pensiero nasce, in via embrionale, da piccoli, quando si vedono i genitori come degli dei che ti rivolgono mille attenzioni e quello che dicono è la sola verità, nessuno può permettersi di dire il contrario.
Qualcuno era comunista perché il nonno, lo zio, il papà…
Crescendo si prova a far emergere il proprio pensiero trovando, quasi con la tristezza di non poterli vivere, la propria idea in altri mondi, in altre realtà, spesso facendo l’errore di confondere della pirite per oro purissimo.
Qualcuno era comunista perché vedeva la Russia come una promessa, la Cina come una poesia, il comunismo come il Paradiso Terrestre.
Qualcuno era comunista perché aveva capito che la Russia andava piano ma lontano.
Qualcuno era comunista perché “Viva Marx, viva Lenin, viva Mao Tse-Tung”.
Qualcuno era comunista perché c’era il grande Partito Comunista.
Qualcuno era comunista nonostante ci fosse il grande Partito Comunista.
Oppure perché nell’ideologia trova semplicemente una compagnia, arrivando a esaltare chi, con la stessa superficialità, la pensa nello stesso modo e andando a dare all’utopia un senso “altissimo” dimenticandosi che tutto ciò che è utopico, nella maggior parte dei casi, serve solo a dare acqua alle sete del proprio ego.
Qualcuno era comunista perché si sentiva solo.
Nel definire il proprio pensiero si può prendere una strada anche solo per allontanarsi da quella che sicuramente è contraria alla propria idea, annullando quindi la possibilità di vie meno estreme, più concrete, più nel mezzo. Ci si trova a dire “non ho ben capito dove voglio andare ma sicuramente vado nella parte opposta di ciò che non voglio fare”. Il rifiuto di tutto quello che non è per noi giusto agevola la parte più lontana possibile dalla stessa ipotesi “sbagliata”.
Qualcuno era comunista perché aveva avuto un’educazione troppo cattolica.
L’opportunismo. Per entrare in alcuni ambienti è bene pensarla in un certo modo altrimenti si è fuori. Per una ragione di opportunità, è facile scordarsi di averlo, un proprio pensiero.
Qualcuno era comunista perché il cinema lo esigeva, il teatro lo esigeva, la pittura lo esigeva, la letteratura anche… lo esigevano tutti.
Vedere il passato da ciechi significa trovarci solo quello che ci piace. In un mondo colmo di variabili è una pratica semplice, basta accontentarsi del dato utile a portare avanti “dignitosamente” la propria tesi.
Qualcuno era comunista perché “La Storia è dalla nostra parte!”.
La consapevolezza viene sempre da un input esterno. Si è davvero innamorati solo quando ce lo fanno notare.
Qualcuno era comunista perché glielo avevano detto
Ma non sempre ci fanno notare cosa si nasconde dietro.
Qualcuno era comunista perché non gli avevano detto tutto.
Capire di aver sbagliato è sinonimo di intelligenza e con questa certezza si è naturalmente portati ad abbandonare ogni vecchia sicurezza abbracciando l’idea che ha fatto crollare la propria persuasione.
Qualcuno era comunista perché prima era fascista.
E qual è il metodo migliore per scegliere il nuovo pensiero se non il lasciarsi abbracciare da una persona che a pelle reputiamo “per bene”?
Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona.
Qualcuno era comunista perché Andreotti non era una brava persona.
C’è chi poi per naturale protesta si avvicina, inizialmente in modo educato e poi con sempre più prepotenza, a qualcosa che serve a rinnegare il proprio stato, a voler cercare a tutti costi di vivere la propria vita in quanto tale senza dipendere da ciò che per esso, e solo per amor suo, è stato creato. Una voglia di evadere da un disegno non proprio, tralasciando la sana gratitudine, per avvinghiarsi ipocritamente a un mondo che non potrà mai davvero capire.
Qualcuno era comunista perché era ricco ma amava il popolo.
Qualcuno era comunista per fare rabbia a suo padre.
Senza aver vissuto nelle condizioni del popolo non potrà mai capire quanto lo stesso popolo vorrebbe invertire la propria rotta e tenderà a confondere la semplicità con la felicità, un piangere di commozione per un piangere di disperazione.
Qualcuno era comunista perché beveva il vino e si commuoveva alle feste popolari.
Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato dagli operai che voleva essere uno di loro.
Credere in un ideale diventa un modo per credere in qualcosa e dare un senso alla propria vita, un modo per accettare la fine senza andare oltre, senza necessità di un percorso metafisico.
Qualcuno era comunista perché era così ateo che aveva bisogno di un altro Dio.
C’è chi poi sudando la vita cerca di prendere il posto di chi sta meglio pensando “preferisco spendere la mia vita alla ricerca del mondo piuttosto che trovare un senso alla povertà”
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di fare l’operaio.
Qualcuno era comunista perché voleva l’aumento di stipendio.
Qualcuno era comunista perché la borghesia il proletariato la lotta di classe. Facile no?
In altri casi le convinzioni nascono anche da un’ignoranza dettata semplicemente da superficialità.
Qualcuno era comunista perché guardava sempre Rai Tre.
Qualcuno era comunista per moda, qualcuno per principio, qualcuno per frustrazione.
Qualcuno era comunista perché era più comunista degli altri.
Qualcuno era comunista perché non c’era niente di meglio.
E poi da chi vede un’ideologia come la semplice organizzazione delle cose, i più pragmatici. Prendendo solo la parte organizzativa come la più importante, e come accade in taluni casi, prendendo solo i pregi come esempio valido e funzionante.
Qualcuno era comunista perché voleva statalizzare tutto.
Qualcuno era comunista perché non conosceva gli impiegati statali, parastatali e affini.
Qualcuno era comunista perché aveva scambiato il “materialismo dialettico” per il “Vangelo secondo Lenin”.
A volte, però, la protesta personale che porta all’estremo è dovuta al fatto di non trovare davvero nessun appiglio al centralismo. Perché anche senza superficialità, qualcosa dobbiamo pur seguire e quel qualcosa spesso è concretamente utile per denigrare il vergognoso fallimento delle strade più democratiche. Le strade che al grido del coinvolgimento massivo aprono infinite possibilità ad amorali intrighi di compromessi.
Qualcuno era comunista perché abbiamo il peggiore Partito Socialista d’Europa.
Qualcuno era comunista perché lo Stato peggio che da noi solo l’Uganda.
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di quarant’anni di governi viscidi e ruffiani.
Qualcuno era comunista perché chi era contro era comunista.
Qualcuno era comunista perché non sopportava più quella cosa sporca che ci ostiniamo a chiamare democrazia.
Qualcuno era comunista perché piazza Fontana, Brescia, la stazione di Bologna, l’Italicus, Ustica, eccetera, eccetera, eccetera.
Qualcuno era comunista perché chi era contro era comunista.
Qualcuno era comunista perché non sopportava più quella cosa sporca che ci ostiniamo a chiamare democrazia.
Ma da qualche parte bisogna pur stare, il proprio pensiero potrebbe essere così minoritario da non trovare nessuna risposta. E allora bisogna decidere cosa farne e si sceglie per forza qualcosa…
Qualcuno credeva di essere comunista e forse era qualcos’altro.
…pur di non accettare qualcos’altro.
Qualcuno era comunista perché sognava una libertà diversa da quella americana.
Perché in fondo nell’idea italiana del comunismo non c’era niente che avesse da spartire con i regimi totalitari, era solo un sogno che si legava a scopi umanitari cercando di dare voce a tutti.
Qualcuno era comunista perché pensava di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri.
Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo, perché era disposto a cambiare ogni giorno, perché sentiva la necessità di una morale diversa, perché forse era solo una forza, un volo, un sogno, era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita.
Qualcuno era comunista perché con accanto questo slancio ognuno era come più di se stesso, era come due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita.
No, niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare, come dei gabbiani ipotetici.
E ora? Anche ora ci si sente come in due: da una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall’altra il gabbiano, senza più neanche l’intenzione del volo, perché ormai il sogno si è rattrappito.
Due miserie in un corpo solo.
Riflessioni liberamente tratte da Qualcuno era Comunista di Giorgio Gaber