Ecco ch’un’altra volta, o valle inferna,
o fiume alpestre, o ruinati sassi,
o ignudi spirti di virtude e cassi,
udrete il pianto e la mia doglia eterna.
5 Ogni monte udirammi, ogni caverna,
ovunque io arresti, ovunque io mova i passi;
ché Fortuna, che mai salda non stassi,
cresce ognor il mio mal, ognor l’eterna.
Deh, mentre ch’io mi lagno e giorno e notte,
10 o fere, o sassi, o orride ruine,
o selve incolte, o solitarie grotte,
ulule e voi, del mal nostro indovine,
piangete meco a voci alte interrotte
il mio più d’altro miserando fine.
Una poesia che arriva dal lontano ‘500 per ricordare come la posizione di inferiorità delle donne, nella società occidentale, non sia una novità. Così come non lo è il femminicidio visto che Isabella Morra (Favale, oggi Valsinni, in provincia di Matera, 1520-1548), fu assassinata dalla famiglia stessa attraverso quello che si può definire a tutti gli effetti un delitto d’onore.
Terza degli otto figli del barone Giovanni Michele Morra di Favale (alleato di Francesco I re di Francia), viveva in un castello lucano (vedi foto apertura) con i 7 fratelli. Questi, sospettando una sua relazione sentimentale con don Diego Sandoval de Castro, nobiluomo e poeta spagnolo, sposato, che soggiornava di tanto in tanto nel suo castello nelle vicinanze, per difendere l’onore della famiglia la uccidono e assassinano in un agguato lo stesso Diego. La sua storia fu tanto dirompente che colpì anche il filosofo Benedetto Croce.
Grazie alle 13 composizioni del canzoniere di Isabella (apparse postume, nel 1552) emerse anche questo sonetto, specchio di una condizione di sofferenza e inferiorità della poetessa. In queste rime ansiose e solitarie, la ragazza invoca invano l’aiuto del padre (costretto a fuggire dal castello quando Carlo V ebbe la meglio contro le mire dei francesi) in un canto desolato alla ricerca d’amore tanto forte quanto priva di speranza.
Una poesia petrarchista, condizionata dai versi del Canzoniere in pratica, dove gli unici interlocutori dell’autrice-protagonista sono i monti dirupati, il fiume impetuoso, le foreste e gli animali selvatici, tutti invitati a unirsi al suo pianto. Accompagnano la sua esistenza, invece, il dolore e l’infelicità a causa dell’emarginazione, condizione che ben predice l’inevitabile tragica fine alla quale è destinata. Di contro, la voce della poetessa è salda e impietrita, caratteristiche che enfatizzano l’effetto drammatico della composizione.
Una poesia che grida il dolore del femminicidio di Isabella Morra
Dai suoi versi emerge quindi una donna che ha pagato con la vita il desiderio di essere libera e la trasgressione alle regole che la società imponeva al suo ruolo di donna.
La punizione a lei inflitta, però, fu atroce e senza remore. Il corpo di Isabella Morra, infatti, non fu mai ritrovato mentre le sue poesie vennero in luce durante una perquisizione nel castello ordinata dal viceré di Napoli e messe agli atti dell’inchiesta sulla morte di Diego Sandoval. I suoi scritti passarono quindi da una libreria di Napoli, poi in una antologia di rime di “diversi illustri signori napoletani” e infine, grazie al lavoro di Benedetto Croce del 1928, furono pubblicate in un libro edito inizialmente da Laterza, poi da Sellerio.
Nulla di più attuale e concreto, insomma, visto i numeri che si registrano ancora oggi rispetto ai casi di femminicidio, denunciati (finalmente) almeno con la Giornata Internazionale contro la violenza delle donne del 25 novembre o ancora, ad esempio, dal piccolo schermo come avvenuto in occasione dell’ultimo concorso di bellezza in Perù.
Oltre cento donne in Italia, ogni anno, vengono uccise da uomini, quasi sempre si tratta del compagno stesso della vittima. Sono inoltre migliaia le donne molestate, perseguitate, aggredite, picchiate, sfregiate. Quasi 7 milioni, secondo i dati Istat, quelle che nel corso della propria vita hanno subito una forma di abuso.
Nel 2016 i femminicidi in Italia sono stati 120 e anche nel 2017 la media è di una vittima ogni tre giorni. Negli ultimi dieci anni le donne uccise in Italia sono state 1.740, di cui 1.251 (il 71,9%) in famiglia.
Foto apertura: Castello di Valsinni – Di Rocco Stasi di Wikipedia in italiano, CC BY-SA 3.0,