Il Novecento è un secolo di grandi cambiamenti e nei primi decenni del XX secolo in Europa si respira un clima rivoluzionario che investe ogni ambito, da quello scientifico e tecnologico a quello sociale e culturale.
Tra il pensiero di Nietzsche sull’Oltreuomo, le teorie di Bergson ed Einstein, gli scritti di Freud che rivoluzionano la società del Novecento, anche l’arte si fa portavoce di tale contesto innovativo e di tale senso di disagio e smarrimento. Nei primi decenni del Novecento nascono dunque le avanguardie, tra cui l’Espressionismo, di cui precursore ne è il movimento Die Brücke.
“L’uomo in transizione è un ponte che collega verso uno scopo che non è l’uomo stesso ma l’Oltreuomo. L’uomo ha il compito di trasformare se stesso”.
(F. Nietzsche)
Era il 1900 quando uno dei più grandi filosofi del XX secolo lasciava questo mondo avvolto da un velo di follia che tuttora rimane un mistero. E così cedeva in retaggio alla cultura occidentale una dottrina volta a scardinare i dogmi e le false credenze che fino ad allora erano rimasti pressoché celati in un Io collettivo.
Si può dire che Friedrich Nietzsche abbia fatto del proprio vissuto un esempio di coerenza e secondo molti fu proprio quel suo “riguardare a lungo nell’abisso” che un giorno lo portò al delirio, alla follia e successivamente alla morte.
Dopotutto conoscere e decifrare il mondo intorno significa innanzitutto scavare dentro di sé, affrontare i propri mostri correndo il rischio di cadere in un precipizio dal quale è poi difficile risalire.
Il suo Übermensch, che è stato tradotto sia come “superuomo” sia come “oltreuomo” (personalmente credo che quest’ultima traduzione renda meglio il concetto), significa che ogni essere umano deve affermare se stesso, applicare la propria legge alla propria vita senza cedere al conformismo, ai valori morali e alle false credenze della società. Inoltre, deve agire secondo la volontà di potenza, il principio di ogni cosa che altri non è che la pulsione per la vita stessa, una volontà di autoaffermazione e di celebrazione della vita. Un pensiero che purtroppo è stato male interpretato da molti, primo fra tutti il Nazionalsocialismo.
Forse ci sono stati pochi filosofi che hanno davvero riposto fiducia nell’essere umano, perché in fondo è proprio questa la grande lezione di Nietzsche: credere nell’umanità e nella Terra, senza doversi rifugiare in speranze ultraterrene mettendo da parte la vita stessa.
Ma esattamente, in quale modo Nietzsche e l’Oltreuomo si ricollegano al movimento artistico e culturale “Die Brucke?” Quali storie si intrecciano tra questi?
Parlando del Novecento non si può evitare di menzionare Nietzsche che, come altri di questo periodo, ha contribuito a segnare uno spartiacque pressoché definitivo tra la cultura millenaria precedente e il nuovo secolo.
Siamo ancora nella Belle Époque: un’età prospera e pacifica per l’Occidente, la cosiddetta età dell’oro, che dà luogo alla conseguente illusione di poter toccare le vette più elevate del benessere e del progresso culturale, ma soprattutto tecnologico e scientifico.
Nello stesso anno in cui Nietzsche muore viene pubblicato “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud e di lì a poco si conosceranno il pensiero di Henry Bergson a proposito del tempo e la teoria della relatività di Albert Einstein.
Siamo dunque in un’epoca di grandi mutamenti sociali, il mondo stesso si muove a gran velocità ed anche l’arte si fa portavoce di tale contesto.
L’arte portavoce dei grandi mutamenti sociali del ‘900
I primi decenni del Novecento aprono la strada ai movimenti artistici e culturali d’avanguardia. Questo termine deriva dal francese avant-garde e denota un atteggiamento culturale innovativo, audace, e in anticipo sui tempi.
Eppure proprio questa sua caratteristica non è propriamente veritiera, in quanto i movimenti d’avanguardia riflettono tutte le incertezze e le inquietudini di un presente che sfugge di mano in continuazione: la tensione per il futuro mista al peso schiacciante del passato porta ad una condizione di irrequietezza esistenziale, un continuo e quasi angosciante vagare per le strade in cerca di una meta, di una propria identità ed integrazione con il mondo, o meglio con una società sempre più industrializzata.
L’alienazione dell’uomo ed il suo senso di solitudine, nonché la perdita di certezze e parametri fino ad allora considerati quali solide radici, sono i punti chiave per comprendere e interpretare l’arte di questo secolo.
Ed ecco affacciarsi ed aprirsi, uno dietro l’altro come tante piccole scatoline, l’Espressionismo, l’Astrattismo, il Futurismo, il Dadaismo, il Cubismo e il Surrealismo, tutte correnti definite d’avanguardia che hanno come comune denominatore lo stesso intento di riflettere la libera espressione dell’individuo, la rappresentazione soggettiva dell’inconscio, quello stesso inconscio descritto da Freud.
Il movimento culturale Die Brücke, precursore dell’Espressionismo
E se l’Espressionismo è il padre delle avanguardie, bisogna menzionare il suo precursore, il movimento culturale Die Brücke, per comprendere come questi si ricolleghi all’Oltreuomo di Nietzsche.
È il 1905: lo scrittore polacco Henryk Sienkiewicz vinceva il Premio Nobel con il suo “Quo vadis” mentre nel maggio di quello stesso anno si combatteva l’ultima battaglia decisiva della guerra russo- giapponese.
Intanto a Dresda, la città conosciuta come la “Firenze sull’Elba”, accadeva qualcosa: qui il 7 giugno del 1905 Ernst Ludwig-Kirchner, Erich Heckel e Karl Schmidt-Rottluff fondarono il gruppo Die Brücke, la cui parola significa “il ponte”.
E senza dubbio centrarono il nome: in quanto precursori dell’Espressionismo moderno, fecero da tramite tra la “vecchia” pittura impressionista e quel nuovo modo di rappresentare la realtà partendo innanzitutto dal soggetto e dal suo mondo interiore, contrapponendo dunque l’impressione di matrice ottocentesca all’espressione di un secolo che si apriva come una strada tortuosa.
E sono proprio le strade di una Berlino inquieta e oscura attraversata dai suoi passanti a fare da protagoniste ai quadri di Kirchner, il più famoso esponente del gruppo, come si può vedere nella foto sottostante. (fig.1)
All’avanguardia si oppone dunque l’arte dell’Ottocento, impressionista e naturalista volta a catturare la realtà circostante e a trasporla su tela come una fotografia. Ma alla pittura d’avanguardia non interessa fotografare la realtà (d’altronde ormai la macchina fotografica stessa si era aggiudicata il ruolo), bensì rappresentare il senso di disagio e di estraneità dell’uomo moderno tramite colori accesi e contrastanti, prospettive ed angolazioni distorte.
Inoltre, parlando del gruppo die Brücke, è importante ricordare l’influenza che ebbe Nietzsche su di loro, soprattutto perché la scelta di chiamarsi die Brücke non fu di certo un fatto casuale. Gli esponenti del movimento infatti erano rimasti affascinati da un discorso di “Così parlò Zarathustra” in cui si accenna proprio al ponte, quel passaggio da uomo ad Oltreuomo, così come gli espressionisti volevano rappresentare il passaggio da un vecchio ad un nuovo stile di pittura.
Dal movimento die Brücke si svilupperà poi l’espressionismo vero e proprio. “L’urlo” il quadro di Edvard Munch, massimo esponente del movimento, rappresenta proprio la presa di coscienza di tale contesto, di un passaggio ad un’età nuova dove non è più possibile tornare indietro.
Schiacciato dal fardello del futuro e del passato, sospeso tra il vecchio e il nuovo, lì si trova il vero volto dell’uomo moderno, e il suo grido risuona irruento come a cercare di fermare il tempo invano.