Quando il cinema incontra un centro per disabili psichici, il risultato è la bellezza dell’arte unita alla leggerezza di chi vive con semplicità. Così quando all’Opera Don Guanella di Roma – centro che accoglie persone con disabilità intellettiva – sono iniziate le riprese per la prima opera di Fabrizio Maria Cortese (Ho Amici in Paradiso) la quotidianità di Mariano Belvedere (54enne in arte Giacomo), Paolo Mazzarese (51anni nei panni di Salvatore) e degli altri colleghi, “attori per un giorno”, è cambiata. E non solo perché il regista ha permesso di far vivere loro un sogno ad occhi aperti, dando un nuovo forte stimolo di vita, ma anche perché – davvero – alcuni di loro hanno persino smesso di seguire la terapia farmacologica. Ecco l’effetto terapeutico dell’arte, da non sottovalutare.
In Ho Amici in Paradiso, però, non recitano solo alcuni ospiti del Don Guanella. Al loro fianco troviamo infatti volti noti del cinema italiano come Valentina Cervi, Fabrizo Ferracane, Antonio Catania, Antonio Folletto, Enzo Salvi, Emanuela Garuccio e Gabriele Dentoni. E prima dell’uscita nazionale nelle sale cinematografiche in programma il 2 febbraio, il film è già stato premiato come miglior opera prima al Premio “Domenico Meccoli” a Cinecittà Studios e all’evento speciale Sezione Alice nella Città al Festival del Cinema di Roma. Inoltre è stata realizzata anche una proiezione speciale nella sede della Filmoteca Vaticana.
Ma prima di scoprire le dichiarazioni di Mariano e Paolo, diamo un occhio alla trama: il commercialista salentino Felice Castriota (Fabrizio Ferracane), legato mani e piedi alla malavita, denuncia il boss ‘U Pacciu’ per evitare il carcere. La delazione gli vale l’affidamento in prova al servizio sociale presso il Don Guanella, dove si imbatterà in un universo mondo sconosciuto. Cambierà vita, farà i conti col passato e troverà l’amore.
E nella voluta leggerezza della scrittura di questa sceneggiatura, in grado di coinvolgere anche il pubblico più indurito, lo spettatore viene catapultato in un viaggio da Gallipoli a Roma per scoprire l’insegnamento del film: non esiste l’algoritmo perfetto della condizione umana e il paradiso, quando va bene, lo si conquista a suon di amici.
Ho Amici in Paradiso è prodotto dalla Golden Hour Films e da Rai Cinema, in associazione con l’Opera Don Guanella e Desi e in collaborazione con l’Ufficio nazionale per le comunicazione sociali – conferenza episcopale italiana e la Fondazione Ente dello Spettacolo.
Intervista di Valentina Colombo e Claudio Bottan con il contributo della sociologa Stefania Pieri
Paolo, cosa ti è rimasto da questo film? Come hai vissuto questa esperienza?
“È stata bella questa esperienza. Però Felice ha fatto cose che non doveva fare, ha fatto bancarotta fraudolenta. E noi abbiamo dato a Felice amore e amicizia soprattutto”.
Quindi vorresti fare ancora l’attore?
“Sì ma vorrei fare una fiction. Amici in Paradiso 2, oppure una fiction, o il Partigiano John”.
Mariano, cosa ti ha lasciato recitare in questo film?
“Io vorrei fare un altro film… Amici in Paradiso 3. È stata un’esperienza positiva. C’è stato un momento in cui non mi sono sentito bene, poi mi sono ripreso e ho continuato a recitare. Sono stato molto emozionato. È stato un momento importante per me. Ho provato una grande gioia”.
Vi ricordare un momento in particolare delle riprese che vi ha fatto ridere?
Mariano: “Mi sono divertito quando ho fatto la battuta: ‘Ma guarda sto cretino’, riferendomi a Felice”.
Paolo: “La scena del tiramisù è stata bella ma quanto è stato rapito Felice è stato drammatico”.
Che rapporto è nato con gli attori professionisti?
Mariano: “Ci siamo divertiti a fare questo film con loro. È stato bello lavorare con loro. Ho detto che non potevo rispondere a troppe domande insieme… Ma erano solo due. E allora me ne hanno fatta una alla volta”.
Paolo: “Con Felice è stata una situazione difficile. Con il prete che cercava di convincerlo a collaborare…”
Avete partecipato al Red Carpet alla festa del Cinema di Roma, com’è stato?
Paolo: “È stato emozionante! Abbiamo anche preso dei premi. Andremo anche da Bruno Vespa! Poi ad Assisi ad aprire il Festival del 3 febbraio e, a Viareggio, abbiamo la proiezione alla Camera dei Deputati”.
Mariano: “Voglio aggiungere un ringraziamento. La recita è andata tutta bene e anche quando andrò a vedere il film, sarò contento. Non vedo l’ora che arrivi il momento dell’uscita del film”.
E ora un paio di domande al registra, Fabrizio Maria Cortese. Com’è nato il progetto?
“Nasce perché ho frequentato per un po’ di tempo questo centro avendo qui un amico, un ragazzo ospite al Don Guanella a seguito di un incidente stradale. Frequentando questi ragazzi mi è venuta l’idea di scrivere questo soggetto. L’ispirazione l’ho avuta durante una rappresentazione teatrale a giugno di due anni fa: loro facevano uno spettacolo e ho capito che si poteva fare qualcosa di veramente artistico”.
Qual è lo scopo di questo film?
“Lo scopo è di lanciare un messaggio positivo attraverso la leggerezza, raccontare una commedia senza entrare nel dramma. È questo che voglio far arrivare”.
Cosa ti è rimasto di più girando questo film?
“Il fatto di aver visto realizzato quello che avevo in testa. L’aspettativa della resa è più di quello che era scritto nella sceneggiatura. Anche le persone che hanno visto le anteprime lo hanno confermato. Ho capito di aver raggiunto il risultato, oltre le aspettative”.
Come hai preparato i ragazzi e qual è stato il risultato?
“Per due anni abbiamo fatto un laboratorio con loro, giocando molto sull’improvvisazione e abbiamo anche fatto molta respirazione. Una cosa importante, quando sono in tanti, è giocare a farli stare in silenzio perché è molto difficile. Questo è stato fondamentale per prepararli a trovare il momento della recitazione. Il momento giusto per ognuno di loro. È stato importante fare il lavoro del silenzio e il gioco dell’improvvisazione. Così poi siamo passati alla sceneggiatura e lì sono diventati bravi, sono diventati naturali a tal punto che, con la loro ‘incoscienza’, sono diventati veramente attori professionisti. Parlo del Metodo Stanislavskij: si cerca di entrare nella parte, piangendo al momento giusto ad esempio”.
Forse, ancora oggi si sentono attori…
“Assolutamente. Oggi si sentono ancora attori a tutti i livelli. Sono veramente pronti per poter fare un altro film. Mi chiedono ogni giorno quando cominciano le riprese”.
È stata una esperienza fine a se stessa o ha aiutato anche a livello terapeutico?
Li ha aiutati moltissimo. Sono molto più sicuri a livello interiore. All’inizio è stato un po’ problematico. Lavorando sull’ego di ognuno di loro, si sentivano molto forti. Piano piano, sono riusciti a liberarsi, con prove e improvvisazione. Per un periodo molto lungo, alcuni di loro, durante le prove, erano talmente immersi nella parte che non hanno seguito la terapia farmacologica. La loro terapia era la recitazione, era il film, era la preparazione, era diventare attori del cinema italiano. Quindi, quando andavano gli assistenti a portare le terapie, dicevano: ‘Non voglio, non sono più un disabile, io sono normale perché sono un attore’. Per molto tempo hanno avuto questa reazione insomma”.
Quindi avete visto un reale cambiamento in loro, non era un non voler prendere le pastiglie per sfizio…
“No. Erano proprio cambiati. All’inizio, due anni fa, c’era rigidità. Non riuscivano ad esprimersi. Con il tempo e con i mezzi si sono proprio liberati da questo grande peso e, con questa esperienza, non hanno avuto più bisogno di prendere le pastiglie per andare a letto a dormire o stare bene. Era sufficiente recitare. Quindi è stato riabilitativo in tutti i sensi. Don Pino Venerito, responsabile del Don Guanella, dice sempre che è stato un film riabilitativo ed educativo”.
Il commento della dottoressa Stefania Pieri, Sociologa – Life and Executive Coach
“Con il film Ho amici in paradiso, il regista Fabrizio Maria Cortese non solo ha pienamente centrato l’obiettivo dell’integrazione tra attori professionisti e ospiti dell’Istituto Don Guanella di Roma ma ha realizzato quello che nel mondo aziendale è un lavoro da disability manager: ha messo tutti i protagonisti nella condizione di “uguaglianza produttiva” consentendo così di superare, sul set e nella quotidianità dell’esperienza, la dicotomica classificazione normodotato/diversamente abile.
Ho Amici in Paradiso è una commedia caratterizzata da una narrazione plurale e profondamente umana. La prospettiva è culturalmente innovativa.
Come sociologa ho avuto il piacere e l’onore di poter effettuare un’osservazione partecipata durante le riprese e credetemi, è stato un laboratorio di emozioni, di acquisizione di nuove skills per tutti i protagonisti e gli addetti ai lavori”.