Femminicidio in crescita. Secondo i risultati della banca dati dell’Eures (Ricerche Economiche e Sociali) sono 142 le vittime di omicidio di sesso femminile censite in Italia nel 2018, superando di una unità le 141 dell’anno precedente. In termini relativi le vittime femminili raggiungono nel 2018 il valore più alto mai censito in Italia, attestandosi sul 40,3%, a fronte del 35,6% dell’anno precedente (29,8% la media del periodo 2000-2018).
Sono invece 94 gli omicidi con vittime femminili censiti in Italia dall’Eures nei primi 10 mesi del 2019, di cui 80 commessi in ambito familiare/affettivo e 60 all’interno di una relazione di coppia.
Estendendo l’osservazione agli ultimi venti anni (dall’anno 2000 a oggi), le donne uccise in Italia raggiungono complessivamente le 3.230 unità, di cui 2.355 in ambito familiare e 1.564 per mano del proprio coniuge/partner o ex partner.
Ad aumentare nel 2018 sono soprattutto i femminicidi commessi in ambito familiare/affettivo (+6,3%, da 112 a 119) – dove si consuma l’85,1% degli eventi con vittime femminili -, ma anche le vittime femminili della criminalità comune (17 nel 2018 rispetto alle 15 del 2017), mentre diminuiscono gli omicidi maturati negli ambiti “di prossimità” (da 13 nel 2017 a 6 nel 2018 le donne uccise da conoscenti, in ambito lavorativo o di vicinato nel 2018).
Anche nel 2018 la percentuale più alta dei femminicidi familiari è commessa all’interno della coppia, con 78 vittime pari al 65,6% del totale (+16,4% rispetto alle 67 del 2017): in 59 casi (pari al 75,6%) si è trattato di coppie “unite” (46 tra coniugi o conviventi), mentre 19 vittime (il 24,4% di quelle familiari) sono state uccise da un ex partner. Stabile o in flessione la presenza di altre figure: le madri uccise scendono infatti da 18 a 14, le sorelle da 5 a 3, mentre le figlie uccise passano da 12 a 13.
Ancora in aumento, nel 2018, anche il numero delle donne anziane vittime di femminicidio (48 le ultrasessantaquattrenni uccise nel 2018, pari al 33,8% delle vittime totali, di cui 41 in ambito familiare), confermando la fragilità di tale componente della popolazione, sempre più numerosa, spesso isolata e maggiormente esposta ai fattori sociali e materiali di rischio (disagio, malattia, disabilità). Si attesta infine al 24,4% la percentuale delle donne straniere tra le vittime di femminicidio (35 in valori assoluti di cui 29 in ambito familiare).
Nel 28% dei casi “noti” sono stati inoltre riscontrati precedenti maltrattamenti a danno delle vittime (violenze fisiche, stalking, minacce), spesso noti a terze persone, confermando come il femminicidio rappresenti l’ultimo anello di una escalation di vessazioni e violenze che la presenza di una efficace rete di supporto (amicale, sociale, istituzionale), potrebbe invece riuscire ad arginare.
Il Nord conferma anche nel 2018 la più alta presenza di donne uccise (66, pari al 45% del totale italiano, di cui 56 in famiglia), mentre il 35,2% dei femminicidi si registra al Sud (50 casi, di cui 42 in famiglia) e il 18,3% nelle regioni del Centro (26 casi, di cui 21 in famiglia). A livello regionale, è la Lombardia a registrare anche nel 2018 il più alto numero di donne uccise (20), seguita dalla Campania (19 vittime), dal Piemonte e dal Lazio (rispettivamente con 13 e 12 casi). Tra le province si segnala infine il dato di Caserta, con 9 vittime femminili, affiancata da Roma (9 casi), cui segue la provincia di Monza Brianza (7 vittime nel 2018 contro le 2 del 2017), mentre “soltanto” 4 vittime si contano a Milano (erano 10 nel 2016 e 7 nel 2017).
Ancora gelosia e possesso primo movente dei femminicidi familiari. Le armi da fuoco il mezzo più utilizzato
Coerentemente alla forte caratterizzazione di coppia dei femminicidi familiari, il principale movente risulta quello della gelosia e del possesso (impropriamente definito “passionale”), riscontrato nel 32,8% dei casi; seguono, con ampi scarti, le liti e i dissapori (16%) e il disagio della vittima (15,1%), cui occorre tuttavia affiancare il 13,4% dei casi “spiegati” dal disagio mentale dell’autore.
Sono invece le armi da fuoco il principale strumento di morte nei femminicidi commessi in Italia nel 2018 (32,4%), con 46 vittime a fronte delle 22 del 2017 e delle 33 nel 2016. In flessione risulta invece il ricorso ad armi da taglio (33 vittime, pari al 23,2%, rispetto a 52 nel 2017), cui è da attribuire un numero di casi analogo a quello rilevato per gli omicidi commessi “a mani nude”, attraverso una violenza estrema diretta, ovvero per strangolamento, soffocamento, percosse o precipitazione. L’utilizzo delle armi da fuoco prevale nel 2018 anche in ambito familiare (con 41 vittime, pari al 34,5%), con un aumento delle vittime pari al 116% (erano 19 nel 2017).
Violenze sessuali: quasi 5.000 vittime nel 2018. In crescita del 5,4% sul 2017 (+14,8% sul 2014). Vittime donne nel 92% dei casi
In costante aumento negli ultimi 5 anni le violenze sessuali denunciate, che raggiungono nel 2018 le 4.886 unità, con una crescita del 5,4% sul 2017 e del 14,8% sul 2014. Di queste ben 1.132, pari al 25,9% del totale, risultano minorenni. Le vittime femminili del reato di violenza sessuale raggiungono nel 2018 il 92% del totale, in crescita rispetto all’89,9% dell’anno precedente. In crescita anche la componente straniera delle vittime femminili, che raggiunge nel 2018 il 26,9% (era del 26,4% nell’anno precedente).
Sono le regioni del Nord a registrare la crescita maggiore dei reati denunciati (+8,3% nell’ultimo anno e +22,5% tra il 2014 e il 2018) insieme a quelle del Centro (rispettivamente +8,5% sul 2017 e +15,6% sul 2014), mentre al Sud il fenomeno si presenta sostanzialmente stabile tra il 2014 e il 2018 (+0,3%) ed in leggera flessione nell’ultimo anno (-2,7%). Il Nord concentra inoltre il 53,5% delle denunce registrate in Italia nel 2018 (contro il 21,9% al Centro e il 24,6% al Sud), e l’indice di rischio più elevato (9,4 reati ogni 100.000 abitanti) superando la media nazionale (8,1) e i valori del Centro (8,9) e del Sud (5,8). A livello regionale è la Liguria, con 11,4 denunce ogni 100.000 abitanti, a presentare il rischio più alto, seguita dall’Emilia-Romagna (10,3), dalla Lombardia (10,2), dalla Toscana (10), dal Trentino Alto Adige (9,8) e dal Lazio (con 9 denunce ogni 100 mila residenti). Sul fronte opposto, l’indice più basso si riscontra in Basilicata (3,7), seguita dalla Puglia (4,8), dalla Calabria (5,2) e dalla Campania (5,5).
In valori assoluti colpisce tuttavia il dato della Lombardia, dove i reati denunciati nell’ultimo anno superano la soglia delle mille unità (1.025), seguita dal Lazio (533 denunce), dall’Emilia Romagna (457), dalla Sicilia (369) e dal Veneto (357).
Stalking: 14.871 denunce nel 2018. In crescita del 4,4% nell’ultimo anno e del 19,5% sul 2014. A Sud il 44,7% dei reati
Anche il reato di stalking presenta una crescita costante negli ultimi anni, raggiungendo nel 2018 le 14.871 denunce, il valore più alto dell’intero periodo considerato, con una crescita del 4,4% tra il 2017 e il 2018 e del 19,5% rispetto al 2014.
Secondo gli ultimi dati disponibili, le vittime femminili di stalking rappresentano il 76,2% del totale (83% in Trentino Alto Adige), in crescita rispetto al 73,9% del 2017, mentre le vittime straniere si attestano sull’11,6%, sostanzialmente in linea con la loro incidenza sulla popolazione residente (tale valore sale al 19,7% in Trentino Alto Adige e al 19,3% in Emilia Romagna). A differenza di quanto rilevato per le violenze sessuali e per i maltrattamenti in famiglia, piuttosto contenuta risulta invece la componente dei minori, pari al 3,8% del totale.
L’incremento dei reati denunciati è riscontrabile in tutte le macro aree geografiche, con i valori più alti al Sud (+26% tra il 2014 e il 2018 e +3,7% nell’ultimo anno), seguito dal Centro (+ 18,6% sul 2014 e +1,9% nell’ultimo anno) e dal Nord (+ 12,7% tra il 2014 e il 2018), dove tuttavia si riscontra la crescita maggiore del fenomeno nel confronto con l’anno precedente (+6,6%). In termini di composizione percentuale, nel 2018 nel Sud si conta quasi il 44,7% delle denunce registrate in Italia, così come l’indice di rischio più alto (32 denunce ogni 100.000 abitanti). Il 36,1% delle denunce riguarda invece una regione del Nord, dove l’indice per 100 mila abitanti scende a 19,3, preceduto da quello del Centro (23,7), dove si conta il 19,2% dei reati denunciati.
È la Sicilia, con 35 denunce ogni 100 mila abitanti, a presentare l’indice più alto, con 10 punti di scarto rispetto alla media nazionale (24,6), seguita da Campania (34,4), Calabria (33,8) e Basilicata (30,2) mentre, sul fronte opposto, l’indice più basso si riscontra in Valle D’Aosta (15), Veneto (15,1) e Trentino Alto Adige (15,6). In valori assoluti numeri record si registrano in Campania, con 2.004 denunce nel 2018 (+9,8% sul 2017), seguita dalla Lombardia con 1.945 denunce (+4,6% nell’ultimo anno), dalla Sicilia (1.762) e dal Lazio (1.561, con un incremento del 7,5% sul 2017 e del 32,1% sul 2014).
Maltrattamenti in famiglia: 17.453 denunce nel 2018. In crescita dell’11,7% nel 2018 (+31,6% sul 2014)
Tra i reati ascrivibili alla violenza di genere sono i maltrattamenti in famiglia a registrare il maggiore incremento nel 2018, attestandosi nel 2018 a 17.453 delitti denunciati, il valore più alto dell’ultimo quinquennio.
Anche per questo reato la componente femminile delle vittime risulta particolarmente elevata, rappresentando nel 2018 l’81,6% del totale (in crescita rispetto all’80% del 2017); a livello regionale l’incidenza della componente femminile assume valori compresi tra l’83,9% del Piemonte e il 74,5% della Calabria.
Alta risulta inoltre la percentuale delle vittime femminili straniere, attestandosi nel 2018 sul 23,2% (come nel 2017), presentando tale componente “indici di rischio” indicativamente tre volte superiori a quelli delle donne italiane. A livello regionale la percentuale più alta di vittime straniere si rileva nelle regioni del Centro-Nord, con i valori più alti in Veneto (35%), Trentino Alto Adige (34,4%) ed Emilia Romagna (33,9%), a fronte di percentuali decisamente più contenute in Campania, Sardegna e Puglia (rispettivamente 8,7%, 9,1% e 9,6%). Molto significativa la presenza di vittime minori (1.965 in valori assoluti, pari a circa 6 al giorno nel 2018), che rappresentano l’11,1% delle vittime totali, con una crescita del 14% sull’anno precedente.
Le denunce risultano in aumento in tutte le macro-aree: nel Centro Italia l’incremento è pari a +11,5% sul 2017 ed a +36,4% sul 2014; nel Nord del 10,5% e del 27% sul 2014, mentre nel Meridione risulta pari a +13,1% sul 2017 ed a +34,2% sul 2014.
In termini relativi, il Sud (33,3 reati per 100.000 abitanti) registra un rischio significativamente superiore alla media nazionale (28,8), presentando uno scarto consistente rispetto al Centro (28,9) e soprattutto al Nord (25,4). Tra le regioni è la Sicilia a presentare l’indice più alto, con 37 denunce ogni 100.000 abitanti, seguita dalla Campania (36,6), dal Molise (33,6), dal Lazio (31,9), dalla Sardegna (31,7) e dalla Calabria (31,2), mentre l’indice più basso si riscontra in Veneto (17,4) e nelle Marche (18,4).
In valori assoluti colpisce tuttavia ancora una volta il dato della Lombardia e della Campania, dove i reati denunciati nel 2018 superano le duemila unità: rispettivamente 2.807 (+8% sul 2017) e 2.132 (+24,2%). A seguire il Lazio e la Sicilia (con 1.880 e 1.870 denunce).