Giuseppe Falcomatà (PD) è un giovane sindaco che a soli 33 anni si trova ad affrontare la delicata questione degli sbarchi nel comune di Reggio Calabria.
Giuseppe è un sindaco di frontiera e dal 2014 si fa carico di responsabilità enormi, con un pensiero fisso costantemente rivolto al passato, quando il padre Italo, sempre in qualità di sindaco, aprì per il capoluogo le porte della modernità.
Le priorità della sua esperienza quotidiana si incrociano con le problematiche più calde che tormentano il ruolo di primo cittadino lungo tutta la penisola: riforme delle infrastrutture, scarsa efficienza delle società partecipate, accesso limitato alle risorse europee, ministeriali e dei dipartimenti. Queste insidie rendono il fenomeno dell’immigrazione un processo ancor più complicato da gestire per un giovane sindaco, su un territorio dove le cifre degli sbarchi superano i numeri che il Viminale ha assegnato alla città di Lampedusa dall’inizio dell’anno.
Sistemare – il soggiorno forzato dei migranti a Reggio Calabria
L’aria che si respira di prima mattina, quando la luce filtra dalle finestre del palazzo comunale, carica la città di un’atmosfera paradossale e inquietante. Il primo sguardo è rivolto al cielo perché la sua limpidezza e i raggi del sole si tradurranno in trepidazione per un nuovo e imminente sbarco, mentre solo le nuvole e il cattivo tempo (che solitamente scoraggiano le traversate) possono arrivare a dare manforte. Giuseppe spalanca le sue finestre e sa che è di nuovo giunta l’ora di combattere. Il suo nemico si muove all’interno dei cortocircuiti burocratici e istituzionali che da tempo gli impediscono di gestire nel modo più umano possibile il transito di chi sfugge da un destino atroce. Tali limitazioni fanno sì che Reggio Calabria, da zona di transito, si sia oggi trasformata in area di soggiorno forzato all’interno di edifici fatiscenti, come ad esempio l’ex palestra comunale (ribattezzata dagli abitanti “scatolone con le mura”).
Tutelare – migranti: più della metà sono minori
Dei circa 300 migranti presenti oggi a Reggio, più della metà sono minori, la cui tutela (prevista dalla legge fino ai 18 anni) è stata ridotta a 14 per mezzo di un gelido decreto.
Considerata la difficoltà nello stabilire l’età anagrafica di un soggetto privo di documenti, si tenta di ricostruire quella biologica attraverso radiografie ai polsi e raggi x, strumenti che determineranno chi ha diritto alla sopracitata tutela che così si trasforma in privilegio. Fermandosi a riflettere su questo macabro processo di selezione, è doveroso mettere mano alla nostra Costituzione, prima ancora che alla coscienza: l’articolo 10 infatti sottolinea il dovere, secondo quanto previsto dall’ordinamento giuridico, di garantire il diritto di asilo agli stranieri privati delle libertà democratiche nel loro paese.
Fronteggiare – quando l’accoglienza dei migranti diventa minaccia
L’assenza dello Stato, sommata alla scarsità dei mezzi e delle risorse, trasforma l’accoglienza in minaccia, all’interno di un contesto di perenne ricostruzione in cui i migranti rappresentano solo uno dei tanti tasselli che compongono la cornice. Ad incidere sulla salute dell’attività comunale sono soprattutto le coordinate del piano di riequilibrio, stabilito dopo lo scioglimento per mafia e il conseguente dissesto finanziario. La giunta comunale ridotta ai minimi è soffocata dalle incessanti richieste che giungono quasi ogni giorno dalla Prefettura, e il numero degli assistenti sociali che operano per le strade non è sufficiente per arginare il disagio che consuma la città.
Seppellire – Armo, il cimitero dei migranti morti in mare
Lo scenario che più colpisce in questa storia di emergenza si spalanca in prossimità della zona collinare di Armo, dove sorge il primo cimitero interamente dedicato ai morti in mare. Questo luogo è metà costante di pellegrinaggi, con pullman che partono da ogni zona d’Italia per osservare i monticelli di terra che il parroco della frazione, di origini africane, ha scelto di riservare a tutte le persone decedute nel tentativo di raggiungere l’Europa. I loro corpi, insieme alle storie e ai sogni di chi scappava dall’inferno, sono qui circondati da quella dignità che la vita non gli ha concesso.
Foto apertura: Giuseppe Falcomatà