Non lo sapevi che c’era la morte, quando si è giovani è strano poter pensare che la nostra sorte, venga e ci prenda per mano…
(F. Guccini, Canzone per un’amica, 1967)
La tragedia della morte delle 13 ragazze Erasmus, avvenuta lo scorso 20 marzo sulle strade della Catalogna, che è ancora al vaglio degli inquirenti (anche se lo stesso conducente ha ammesso di essere uscito di strada a causa di un “colpo di sonno”), ha gettato un velo nero di tristezza sull’Erasmus e sui tanti giovani che al momento stanno vivendo o che hanno vissuto questa esperienza, per molti la più bella della vita.
Un autista che perde il controllo del proprio mezzo, probabilmente per stanchezza o disattenzione, non ha nulla a che vedere con l’Erasmus in sé e non bisogna gettare alcun tipo di ombra su un progetto che mira all’integrazione tra studenti provenienti da diversi paesi europei (e del mondo), anche se si potrebbe criticare l’organizzazione di alcuni viaggi in notturna, quando è più facile cedere alla fatica e al sonno.
L’Erasmus è vita, è scoperta, è apertura verso nuove idee e nuovi mondi, ma tutto può svanire in un soffio, com’è accaduto a Valentina, Elena, Elisa V., Serena, Elisa S.M., Lucrezia e le altre sei ragazze che hanno visto i loro sogni falciati all’alba sulla strada di Freginals (Tarragona) dopo una giornata passata a Valencia in compagnia degli amici, adesso quasi tutti feriti in un letto d’ospedale.
Chi ha vissuto l’Erasmus può capire il percorso di quei ragazzi: dall’arrivo in una città sconosciuta, l’incontro con nuove persone di nazionalità e cultura differente, capaci di diventare in meno di due giorni membri fondamentali della famiglia Erasmus, fino all’arrivederci, che spesso poi, quando si torna alla vita di sempre diventa un “addio”. L’addio di quei 13 ragazzi, i cui nomi rimarranno impressi sull’asfalto di una strada spagnola e non sulle bandiere ricordo che molti ex Erasmus tengono appesa nella propria camera, è arrivato però troppo presto. A piangere questa volta non saranno solo gli amici che hanno dovuto lasciare, ma milioni di ragazzi, milioni di famiglie, l’intera Europa.
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