Le “vite singolari di due attiviste lesbiche italiane” sono arrivate in libreria. Sono quelle di Edda Billi e Maria Laura Annibali raccontate sotto forma di intervista in “Donne da sfogliare” (Le Mezzelane Casa Editrice, collana Genere Plurale). A dar loro voce abilmente, le domande di Alessandra Bialetti e Lidia Borghi, oltre alle note di Danilo Gattai.
La narrazione, interessante, scorrevole e profonda, scende a molti livelli nella vita delle intervistate, senza mai scadere nel gossip o nel banale. Da una parte Edda Billi, con il suo essere femminista e le sue battaglie per tenere alto il concetto di donnità – termine da lei coniato. Dall’altra Maria Laura Annibali, con il suo coming out, tanto “tardivo” quando influente.
Attraverso testimonianze autentiche, le due intervistate mettono così a nudo il viaggio tanto tortuoso quanto formidabile che le ha portate alla presa di coscienza di se stesse in un momento storico molto differente da quello attuale, quello della dittatura fascista e gli anni seguenti. In un momento storico nel quale essere donna implicava la subordinazione all’uomo su tutti i livelli e l’essere lesbica significava venire scacciata dalla propria famiglia o essere associata alla perversione.
La strada è ancora lunga da fare, ma oggi con qualche diritto in più per le donne e la legge sulle unioni civili, non possiamo fare altro che ringraziare chi ci ha permesso con le proprie battaglie di raggiungere questi traguardi. E così hanno fatto anche le abili penne di Bialetti e Borghi (qui di seguito intervistate da noi) realizzando questo omaggio tutto da sfogliare.
“Donne da sfogliare” è acquistabile in tutte le librerie, su ordinazione, oppure online (anche in versione ebook).
Prima di tutto, da dove nasce l’idea per la stesura di questo libro?
Borghi: È stata la seconda “donna da sfogliare” del libro, Maria Laura Annibali, a propormi di scriverlo: da tempo aveva un desiderio, cioè che la sua figura di strenua combattente e di attivista per i diritti civili, LGBTI ma non solo, fosse accostata a quella di una delle più importanti donne femministe di Roma nonché cofondatrice del collettivo Pompeo Magno, Edda Billi; nel libro racconta di quando fece il suo ingresso nella Casa internazionale delle donne per occuparsi di politica delle donne: fu in quel periodo che rivide Edda dopo molti anni e da quel momento in poi le due attiviste hanno preso a frequentarsi in modo assiduo. Ho raccolto diverse ore di registrazioni audio che ho sbobinato e sistemato, mentre la mia amica coautrice, Alessandra Bialetti, si è occupata di intervistare Billi. Quando entrambe abbiamo raccolto materiale sufficiente per lavorare alla stesura del libro, abbiamo scelto il mezzo dell’intervista per raccontare le vicende delle due “donne da sfogliare”, perché è quello che rende la lettura più agile e immediata.
Bialetti: Personalmente è stata la risposta a una proposta di collaborazione con l’autrice Lidia Borghi per costruire un progetto a quattro mani ma soprattutto a due voci narranti. Voci che hanno raccolto esperienze di vita, vissuti, emozioni, pensieri di due donne che, in modo diverso, hanno creato spazi di riflessione e, con la loro vita, tracciato un cammino socialmente rilevante. Il libro, nelle nostre intenzioni, ha voluto dar voce, risalto e visibilità a chi, a vario titolo, ha fatto della propria vita un bene da condividere e a cui potersi ispirare per continuare, tuttora, lotte su temi di grande rilevanza e su questioni non ancora del tutto risolte.
Dalle due intervistate, sopratutto dalle dichiarazioni di Edda Billi, emerge una grande attenzione alle parole e al linguaggio. Penso a termini come “donnità” e simili. Qual è il vostro parere a riguardo? Quanto conta oggi, rispetto al momento storico della nascita del femminismo, porre l’accento (anche) sui termini?
Borghi: Le parole di Edda Billi sono poesia al servizio della lotta femminista, ma anche dardi scagliati contro il maschilismo patriarcale e oggi più che mai c’è bisogno di donne come lei alle quali passare il testimone affinché imparino a usare il linguaggio appropriato per continuare a lottare per le donne e con le donne; oggi ci sembra che il femminismo sia lontano e per alcun* è addirittura scomparso, ma non è così, solo che per fare il femminismo di oggi ci vogliono le donne delle nuove generazioni.
Bialetti: Il linguaggio resta lo strumento fondamentale per dare legittimità a realtà spesso invisibili, dimenticate o taciute. La parola dà alla luce, strappa all’anonimato, porta a esistenza. Nomina e mentre nomina crea. Non si può prescindere dall’importanza del linguaggio, e quello sessuato ancora stenta a trovare la sua giusta collocazione che, mentre dà vita alla parola, costruisce una sensibilità e contribuisce alla legittimazione della realtà. La lingua non ha la mera funzione di rispecchiare valori ma anche quella di concorrere a determinarli quindi a renderli concretezza. Edda Billi ha fatto delle sue parole, dei suoi neologismi, un progetto di vita cui ha dato corpo e consistenza con la sua scelta quotidiana di abitare la realtà che mano a mano creava.
Generazioni a confronto: sia Maria Laura Annibali che Edda Billi hanno lasciato un segno indelebile nella cultura italiana e hanno contribuito fortemente all’inclusione della comunità LGBTI, in particolare delle donne lesbiche. E ancora oggi entrambe scendono in piazza, in prima fila, per i diritti di tutti. Ma quanto c’è ancora da portare avanti, secondo voi, rispetto alle battaglie da loro iniziate? Mi riferisco, in particolare, all’idea del dover combattere il maschilismo e affini…
Borghi: Maria Laura Annibali ed Edda Billi sono due grandi volumi di un’enorme enciclopedia, due “donne da sfogliare”, appunto, che da anni stanno contribuendo ad abbattere a colpi di piccone il muro del pregiudizio e della discriminazione per lasciare alle nuove generazioni una strada un po’ meno impervia, ma ora, come dicevo prima, sta a chi viene dopo di loro continuare a lottare, perché c’è ancora tanto da fare. Loro sono sempre avanti di un passo, in quanto persone e in quanto donne lesbofemministe, per contribuire all’abbattimento del maschilismo e di tutto ciò che gli gravita intorno.
Bialetti: Mentre rispondo a questa domanda sento risuonare in me le parole di Edda, fatte proprie da Maria Laura Annibali, quando, a volte con tristezza, ha messo in guardia dall’oblio, dal dimenticare che la realtà va costantemente costruita, che non si può dare nulla per scontato e che certi temi, il maschilismo e il machismo per esempio, non sono ancora adeguatamente affrontati e risolti. Ricordo ancora il suo modo accorato di mettere in guardia le nuove generazioni, quelle che difficilmente scendono in piazza perché hanno altri modi di manifestare la propria esistenza e altri orizzonti da abitare. Un monito a non abbassare la difesa, a far sentire la propria voce soprattutto su temi che se non vedono le donne in prima linea perdono della loro efficacia. Il timore di Edda è che tutto questo si possa perdere quando i diritti non sono ancora per tutti e quando la condizione delle donne non ha trovato la sua giusta e doverosa legittimazione. Parafrasando Edda si potrebbe dire che la lotta è ancora all’inizio e che le barricate alla Casa Internazionale delle Donne vanno ancora elevate.
In base al confronto “storico” con Maria Laura Annibali ed Edda Billi e alle vostre conoscenze della realtà attuale, invece, quanto siamo lontani dal matrimonio egualitario?
Borghi: Il matrimonio egualitario rappresenta uno dei tanti spauracchi dei movimenti pro vita e dei fondamentalismi, e non mi riferisco solo a quelli cattolici: le unioni civili, le famiglie omogenitoriali, la Gpa o gestazione per altre e le persone transgender, per citarne solo alcuni; se li analizziamo bene, quegli spauracchi, ci rendiamo conto che la frase che li accomuna è “contro natura”: qualunque cosa abbia a che fare col sesso deve seguire i precetti della Chiesa cattolica, pertanto, tutto ciò che si discosta dal famoso passo biblico di Gen. 1, 26-28.31a “maschio e femmina li creò” è inconcepibile, è contro natura, perché l’unica vera famiglia è quella naturale formata da un maschio e da una femmina che devono dare dei figli a Dio. Perché? Perché è così e basta, perché si è sempre fatto così. La Congregazione per l’educazione cattolica ha addirittura osato mettere le mani sui bambini e sulle bambine intersex avallando le mutilazioni genitali per normalizzarne il genere; ricordo che in tutto il mondo le mutilazioni genitali sono equiparate alla tortura. Ecco, in questo clima da caccia alle streghe temo che il matrimonio egualitario sia di là da venire, anche se donne come Edda e Maria Laura non smetteranno mai di lottare per ottenerlo, quantomeno per le nuove generazioni.
Bialetti: A causa dei continui capovolgimenti politici e della mancanza di una linea chiara e unitaria, ritengo che siamo ancora lontani dal matrimonio egualitario. Ci è richiesta una riflessione maggiore sulla trasversalità dei diritti che se non sono per tutti non sono diritti, e sulla lotta alla paura del fatto che estendere la legittimazione a ogni persona e alla sua posizione di vita, voglia dire porre in essere attentati a strutture familiari consolidate. Il cammino è lungo, la battaglia non è finita e tanto ancora sarebbe necessario scendere in piazza con la stessa forza, con lo stesso entusiasmo che le due donne “da sfogliare” hanno messo in atto nella loro vita e nelle loro azioni.
Infine, qual è l’insegnamento più grande che vi sentite di aver appreso da Maria Laura Annibali ed Edda Billi?
Borghi: Maria Laura è una roccia, una persona determinata che, quando si mette in testa una cosa, si può star cert* che la tradurrà in azione. La sua forza sta nel fare, comunque e in ogni modo, nel provare e riprovare fino al raggiungimento del traguardo. Per esempio è riuscita a entrare nel carcere di Rebibbia e a parlare del suo attivismo a* detenut* e ciò non è da tutt*. Di Edda invece ricordo, fra tante altre cose, l’umiltà e la continua costruzione di parole che siano a misura di donna, da cui il termine donnità; lei è la quintessenza del femminismo delle origini, una lesbofemminista che ha creduto nel sogno di un mondo più a misura di donna, come dicevo prima, che quello in cui viviamo è fatto dagli uomini per gli uomini e non contempla la figura femminile manco nelle desinenze della lingua italiana, figuriamoci nell’arte, nella scienza e nella filosofia. Come è scritto nel libro, è stata lei a coniare per prima la parola femminicidio ed è lei ad averci offerto il termine lesbicità, quel “sentimento di amorosi sensi che lega le donne fra loro quando si pensa di cambiare il mondo insieme”. Ribadisco, Edda Billi e Maria Laura Annibali hanno un testimone da passare alle donne di oggi e di domani – e chissà, magari anche a qualche uomo – e aspettano solo che qualcun* di loro tenda la mano per prenderlo.
Bialetti: Edda Billi ha rappresentato per me l’Insegnamento. Il dovere di alzare la voce, uscire dal solco del già conosciuto e delle comodità, per aprire nuovi cammini. Rischiosi ma necessari. Del non attendere che le cose prendano da sole il loro corso ma sporcarsi le mani perché un cambiamento possa nascere. È stato per me un onore raccogliere la sua testimonianza e vivere dei suoi racconti che si dipanavano davanti a me come un pezzo di storia, non vissuto in prima persona, ma reso concreto e reale nel suo entusiasmo e soprattutto nella sua grande umiltà. Maria Laura Annibali mi ha lasciato l’immagine di una donna combattiva, che dopo anni di esistenza “velata” ha rotto gli argini, ha scelto la via della trasparenza avendo conosciuto il prezzo del nascondimento e non sentendolo più come un abito adatto a sé. Un invito a non fingere se non a costi altissimi. Entrambe lasciano in me il desiderio di lottare perché la parola “femminilità” non sia una prigione per tante donne ma lo spazio per ritrovarsi e trovare in se stesse la propria giusta legittimazione.