L’attività parlamentare sta per chiudere i battenti in avvicinamento alla pausa estiva, terminata la quale avranno inizio i preparativi di allestimento per il grande carrozzone della campagna elettorale, che puntualmente presenterà sui fianchi della sua mastodontica lamiera le parole chiave pronte a rappresentare e difendere i diritti e le paure degli elettori: reddito, sicurezza, lavoro, immigrazione.
Questa ultima parola in particolare ha il potere di immobilizzare, confortare o terrorizzare in base ai proclami in cui è inserita ma soprattutto riesce a spostare voti e preferenze. Le forze politiche devono averlo capito bene in seguito al voto delle amministrative, un aperitivo consumato in attesa della portata principale, un antipasto dal sapore strategico.
È forse questo il vero motivo per cui la legge sullo ius soli, voluta dalla relatrice Doris Lo Moro (Mdp) è rimasta bloccata e congelata a data da destinarsi?
Possiamo credere al caldo torrido di queste giornate che complica qualsiasi attività mentale e fisica, o più verosimilmente ad altre battaglie simbolo dell’attuale legislatura che avanzano con successo ma anche con grande dispendio di tempo ed energie: il codice antimafia, il biotestamento, la legge sulla tortura.
Rimane il fatto che i pronostici sul completamento dello ius soli entro l’estate, per alcuni cosa certa, sono andati in fumo e i potenziali sgambetti dei centristi di Alfano, per alcuni cosa impossibile, pena la caduta del governo, si sono verificati senza conseguenze catastrofiche.
La politica va dunque in vacanza, a godersi il meritato riposo in attesa dello scontro finale, mentre più di ottocentomila giovani rimangono in attesa di capire se la questione della razza ha ancora valore nella società contemporanea.
Già, la razza, termine dai connotati discriminanti, baluardo di vecchi e terrificanti fantasmi. La nostra Costituzione mette in guardia dalle discriminazioni in termini di razza, parola che compare all’Articolo 3, fondamento per il valore dell’uguaglianza ma anche dilemma se associato al riconoscimento di una moltitudine di “razze” che si diramano da un ceppo comune, da un’unica matrice: la razza umana.
Sarebbe dunque compito di un costituzionalista rispondere al seguente quesito: è possibile utilizzare il termine “razza” lontano da intenti di esclusione e di marcata differenziazione?
Connesso al tema della cittadinanza l’interrogativo assume un certo rilievo, se il diritto alla stessa è determinato da un meccanismo fisico biologico che esclude, stabilisce categorie e gerarchie per individui destinati ai medesimi doveri ma con diritti differenti.
È un dilemma che non nasce certo ieri ma al contrario ha attraversato un decennio di dibattiti che non hanno finora fornito alternative, mentre in altri paesi democratici del mondo lo ius soli è da tempo una realtà consolidata.
In materia di cittadinanza l’Italia si affida ad una legge che risale ai primi anni Novanta e che per la sua acquisizione da parte di un cittadino nato da genitori stranieri, sul suolo italiano, prevede la presentazione di una domanda entro un anno dal compimento della maggiore età, a patto che abbia risieduto nel paese “legalmente e ininterrottamente”.
La nuova proposta mira ad estendere il diritto anche ai minori, introducendo due modalità e una coppia di “parametri” che i genitori sono tenuti a rispettare. Queste garanzie a carico della famiglia e dei figli rappresentano il fulcro della proposta, suggeriscono il superamento delle barriere e delle ingiustizie ma soprattutto smorzano la propaganda sovranista e gli istinti xenofobi, dimostrando come lo ius soli non presenti punti di contatto con l’immigrazione incontrollata né tantomeno con il rischio di accogliere donne della jihad con in grembo potenziali terroristi.
La prima modalità, lo “ius soli temperato”, prevede la cittadinanza per un bambino nato in Italia se almeno uno dei genitori si trova legalmente in Italia da almeno cinque anni. Per i genitori non provenienti da paesi dell’Unione Europea inoltre si aggiungono dei requisiti legati al reddito, all’idoneità dell’alloggio e alla conoscenza della lingua italiana.
La seconda modalità denominata “ius culturae” sposta il diritto alla cittadinanza sul piano dell’istruzione: potranno chiedere la cittadinanza i minori stranieri nati in Italia, o arrivati entro i dodici anni, che abbiano frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni, e superato almeno un ciclo scolastico. Per i ragazzi nati all’estero e arrivati nel nostro paese tra i dodici e i diciotto anni sarà possibile ottenere la cittadinanza dopo aver abitato per almeno sei anni in Italia e aver superato un ciclo scolastico.
I parametri o garanzie qui riportati evidenziano chiaramente un giusto equilibrio tra diritti e doveri che attribuisce concretezza alla norma, sostenendo un modello di integrazione legittimato da ogni singolo passaggio della proposta.
Tuttavia, la zuffa andata in scena al Senato alcune settimane fa, ha bloccato la discussione in merito a questo scambio reciproco di responsabilità tra Stato e cittadino, rendendo necessaria un’ulteriore riflessione che torna inevitabilmente sul piano politico, chiave di volta dell’intero quadro.
La qualità dei diritti, unità di misura per il grado di civiltà e convivenza, non è una tesi sufficientemente forte per quella porzione del mondo istituzionale che insiste nel fare della cittadinanza e dello ius soli una minaccia legata alla sicurezza di chi gode di un’italianità ereditata dal proprio patrimonio genetico, una virtù insita nel sangue che ricompare da copione per tutte le questioni socialmente ed economicamente rilevanti. È così che la Lega ha portato la discussione sul piano degli schiamazzi, rendendo impraticabile l’analisi, dichiarandosi pronta a replicare l’esperienza alla ripresa dei lavori.
All’aggressione verbale e fisica praticata dalla destra populista, si somma l’astensione del Movimento 5 Stelle che inspiegabilmente nel giugno 2013 presentò alla Camera una proposta di legge molto simile allo ius soli, salvo poi scorgere nel diritto alla cittadinanza il principio della crisi economica e il canale preferenziale percorso dall’immigrazione incontrollata.
Ius Soli: Matteo Renzi e la fatica letteraria in salsa salviniana
Ma sul piano politico–strategico la posizione più critica è probabilmente quella assunta dai democratici, storditi dal campanello d’allarme azionatosi dopo il verdetto delle comunali che ha consegnato al centro sinistra l’immagine di una realtà locale in preda alla paura per lo straniero. È così che l’ex premier, il quale circa un mese fa riteneva ius soli e immigrazione “battaglie che valgono una legislatura”, inserisce nella sua prima fatica letteraria (Avanti, edito da Feltrinelli) frasi in salsa salviniana che hanno spiazzato un po’ tutti, a partire dal Matteo “originale”, che ha subito invitato gli elettori e il popolo dei social a diffidare dalle imitazioni.
Il libro che Renzi stesso ha definito “un mix di fatti, emozioni e proposte”, nella sezione delle proposte presenta l’idea che “non abbiamo il dovere morale di accogliere tutti” e sarebbe più consono alla situazione “aiutarli a casa loro”.
C’è infine un piano politico – ideologico che non va dimenticato, lungo il quale i diritti umani impattano sulle corazze della destra estrema, che con CasaPound organizza un sit in nei pressi di Palazzo Madama mentre all’interno è in corso il “tentativo” di discutere la legge sullo ius soli.
Altri episodi come l’irruzione durante un Consiglio comunale a Monza (lo scorso aprile) per protestare contro l’assegnamento di nuclei abitativi ai profughi, l’interruzione di un Consiglio a Milano sul tema dell’accoglienza (giugno scorso) o ancora le ronde xenofobe lungo la spiaggia di Ostia, evidenziano l’abilità nel raccogliere e condividere la frustrazione, un meccanismo sempre più efficiente, in particolare nelle realtà periferiche, che merita attenzione. Chi infatti meglio dei nostalgici del Ventennio può rimarcare la supremazia dell’italianità e della razza?
È preoccupante pensare che un simile grido di protesta possa avere influito nel determinare il blocco di una discussione parlamentare, così come desta inquietudine la crescita di consensi che tali movimenti riescono ad ottenere, imprigionando l’opinione pubblica in una doppia concezione della società e della cittadinanza che è esattamente ciò che questa tanto delicata proposta di legge mira a superare.