Con il motto ufficiale “citius, altius, fortius” il 9 febbraio prenderà il via a Peyongchang, in Corea del sud, la XXIII edizione dei Giochi Olimpici invernali. Sorprendente la decisione della Corea del nord di parteciparvi e l’annuncio, dal 17 gennaio, che le due Coree sfileranno insieme durante la cerimonia di apertura: l’augurio è che la Tregua Olimpica diventi una pace duratura tra i due Stati!
Dal 1924 accanto ai Giochi Olimpici estivi sono stati istituiti i Giochi Olimpici invernali, ovvero un evento sportivo internazionale con gare che si svolgono su ghiaccio o neve, che si disputano ogni quattro anni, alternati a quelli estivi ogni due anni. Dal 9 al 25 febbraio nella contea di Peyongchang, Corea del sud, ci saranno la Olimpiadi invernali e nei giorni successivi si terrà la XII edizione dei Giochi paralimpici invernali.
È notizia di qualche giorno fa la partecipazione della Corea del nord ai prossimi Giochi Olimpici: questo annuncio ha piacevolmente sorpreso il mondo intero a causa della costante, e in questi ultimi mesi sempre maggiore, tensione fra le due Coree.
Durante il discorso di Capodanno il dittatore nordcoreano Kim Jong-Un ha aperto la porta ad un possibile dialogo tra i due Stati: nei primi giorni dell’anno nuovo il ministro dell’unificazione sudcoreano e il capodelegazione nordcoreano si sono incontrati in un vertice nella “casa della pace”, nel villaggio di Panmunjom, zona smilitarizzata di confine, dove si tengono i colloqui. Il risultato di questo incontro è la decisione di inviare una delegazione nordcoreana ai Giochi Olimpici del prossimo febbraio.
Ad esultare più di tutti di questa decisione, se fosse stato in vita, sarebbe stato Pierre de Frédy, barone di Coubertin, che con settantanove delegati, in rappresentanza di dodici paesi, nel 1894 partecipò al congresso all’università Sorbona di Parigi in cui espose le motivazioni per le quali proponeva la nascita di Giochi Olimpici moderni e di un comitato per l’organizzazione di questi (CIO). In realtà nei secoli manifestazioni sportive simili ai Giochi Olimpici dell’antica Grecia erano state organizzate in diverse nazioni ma tutte a livello territoriale.
De Coubertin, notando l’inferiorità fisica e caratteriale dei giovani francesi dovuto alla mancanza di attività sportive sia curriculari sia extrascolastiche e comparando i sistemi scolastici di diversi Paesi, pensò di porvi rimedio cercando di organizzare gare sportive internazionali in cui i giovani avrebbero potuto confrontarsi su campi da gioco e non su campi da combattimento. Inoltre de Coubertin ripristinando i Giochi Olimpici pensava anche di far rinascere il concetto di Tregua Olimpica e i valori di rispetto reciproco e di promozione della pace tra i popoli.
Le regole secondo cui opera il CIO sono contenuti nel documento ufficiale denominato “Carta Olimpica”, scritto nel 1894 ma oggetto di continue revisioni e ammodernamenti, che nei suoi 61 articoli definisce i principi e i valori delle olimpiadi, le norme per la loro organizzazione, le regole per la partecipazione degli atleti e i doveri del comitato olimpico.
Il documento sancisce per iscritto lo scopo fondamentale dei Giochi Olimpici moderni secondo le idee di de Coubertin: «Ogni individuo deve avere la possibilità di praticare lo sport senza discriminazioni di alcun genere e nello spirito olimpico, che esige mutua comprensione, spirito di amicizia, solidarietà e fair-play».
Al pedagogo francese fu attribuita la celebre frase “l’importante non è vincere ma partecipare“, assunta ormai come motto non ufficiale della manifestazione olimpica accanto al motto ufficiale “citius, altius, fortius” (traduzione dal latino: “più veloce, più alto, più forte“).
Un segnale di apertura verso l’ideale di “olimpiade di e per tutti”, tanto caro a de Coubertin, si è riscontrato durante gli ultimi Giochi Olimpici estivi di Rio de Janeiro 2016 in occasione della decisione da parte del CIO di ammettere una nazionale di “Refugee Olympic Athlets” formata da 10 atleti, tutti rifugiati di guerra, che gareggiarono sotto la bandiera olimpica. Essa raffigura cinque anelli, come cinque sono i continenti, intrecciati e colorati su sfondo bianco; l’intreccio dei cerchi simboleggia l’universalità dello spirito olimpico mentre i colori dei cerchi sono stati scelti perché sono presenti nelle bandiere di tutte le nazioni partecipanti al momento della sua creazione.
Il desiderio di de Coubertin di una rinnovata Tregua Olimpica, cioè una temporanea sospensione dei combattimenti in atto nel mondo, come avveniva in occasione delle olimpiadi che si svolgevano nell’antica Grecia, non si verificò, ne sono prova le due guerre mondiali che nel 1916, nel 1940 e nel 1944 ne impedirono lo svolgimento.
Nel 2015 si è giunti alla firma di un accordo, promosso dal CIO e dall’ONU, per rispettare la Tregua Olimpica sia per le edizioni estive sia per quelle invernali. A distanza di tre anni sembra che qualcosa si stia muovendo in questa direzione in quanto il prossimo 9 febbraio la Corea del nord del dittatore Kim Jong-Un dovrebbe far partecipare una delegazione che comprenderà atleti, funzionari, giornalisti e sostenitori ai Giochi Olimpici invernali.
Non si vuole essere pessimisti, ma visto le continue improvvisate del dittatore nordcoreano, usare il condizionale è se non d’obbligo, quanto meno doveroso. Se effettivamente la Corea del nord partecipasse all’imminente manifestazione olimpica, sarebbe una vittoria della Tregua Olimpica e di quei valori tanto cari al barone Pierre de Coubertin.
Se poi le due Coree sfilassero insieme alla cerimonia di apertura, come accadde alle Olimpiadi di Torino 2006, sarebbe un grande esempio di come lo sport faccia da collante e sappia essere un simbolico mediatore.
Ci piace pensare che questa apertura rivolta al dialogo diventi stabile anche dopo la fine dei Giochi Olimpici, allora si che si potrà dire che una semplice Tregua sia stata la base per una pace duratura.