Per monitorare gli impatti dei cambiamenti climatici sul nostro mare, Greenpeace lancia oggi Operazione “Mare Caldo” da Napoli, dove si svolge la Cop21, la Conferenza delle Parti della Convenzione di Barcellona, che riunisce i governi dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Secondo il rapporto “Mare Caldo”, pubblicato oggi, gli oceani del pianeta svolgono un ruolo cruciale contro i cambiamenti climatici, assorbendo calore e CO2 dall’atmosfera. Si stima che gli oceani abbiano assorbito circa il 90 per cento del calore dovuto al riscaldamento globale, ma ne stanno anche soffrendo le conseguenze.
Il riscaldamento del mare, l’acidificazione e la perdita di ossigeno stanno iniziando ad avere gravissimi impatti sulla biodiversità marina e non solo. Lo scioglimento dei ghiacci e l’aumento del livello del mare minacciano la vita di migliaia di persone.
“Per capire cosa sta succedendo abbiamo installato insieme all’Università di Genova una stazione pilota per la misurazione delle temperature del mare vicino alla costa dell’Isola d’Elba” dichiara Giorgia Monti, responsabile campagna Mare di Greenpeace Italia.
“Il mare è uno dei nostri migliori alleati contro i cambiamenti climatici, ma affinché possa continuare a esserlo dobbiamo mantenerlo in salute. Per salvare i mari del Pianeta è necessario da un lato prendere subito alla COP 25 sul clima di Madrid l’impegno di tagliare le emissioni, dall’altro studiarne i cambiamenti per tutelare le aree più sensibili. La comunità scientifica è concorde nel dire che per salvare gli oceani dobbiamo riuscire a tutelarne almeno il 30 per cento entro il 2030 con una rete di Santuari marini, a partire dal Mediterraneo”.
Operazione Mare Caldo: per studiare gli impatti dei cambiamenti climatici sui nostri mari
L’Elba è un importante limite biogeografico per le specie termofile dove gli impatti dei cambiamenti climatici potrebbero essere particolarmente evidenti. Tramite sensori posti fino a 40 metri il progetto sarà in grado di registrare le temperature del mare in continuo a diverse profondità per due anni evidenziando variazioni stagionali, eventuali onde di calore e fenomeni anomali, con l’obiettivo di correlare i dati raccolti a eventuali alterazioni nelle biocenosi costiere e metterli a confronto con una rete di osservazione mediterranea, che nella zona manca di una stazione di riferimento.
“E’ ormai evidente che le specie che vivono nei nostri mari stanno subendo gli effetti dei cambiamenti climatici, sempre più colpite da morie improvvise, epidemie o scalzate da specie termofile che arrivano da mari più caldi. Per capire cosa sta succedendo sono necessari studi che considerino lunghe serie temporali e grandi scale spaziali. Per questo abbiamo deciso di sviluppare questo progetto insieme a Greenpeace, con la speranza che i dati raccolti possano servire a sviluppare misure di gestione e tutela” dichiara Monica Montefalcone, responsabile del progetto “Mare Caldo” per il DiSTAV (Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita) dell’Università di Genova.
Nel Mediterraneo, bacino semi-chiuso e fortemente impattato dalle attività umane, le conseguenze dei cambiamenti climatici sono particolarmente evidenti. Si stima che in Italia le temperature superficiali siano aumentate di circa 2 gradi negli ultimi 50 anni, e che l’innalzamento medio annuo del livello del mare sia stato di circa 2,4 millimetri negli ultimi 20 anni.
“La minaccia dei cambiamenti climatici aggrava la crisi di un ecosistema già duramente colpito dalle attività antropiche, dalle trivelle, dalla pesca eccessiva e dall’inquinamento. I governi del Mediterraneo riuniti oggi a Napoli, a partire dall’Italia, devono mettere in atto subito misure concrete di tutela per aiutare questo fragile ecosistema a reagire a un cambiamento che è già in atto” conclude Monti.
Da anni Greenpeace spinge per la creazione di una rete di Santuari marini in acque internazionali, ma ad oggi nel Mediterraneo c’è solo il Santuario dei Cetacei, un’area compresa tra Francia, Principato di Monaco e Italia, rimasta purtroppo protetta solo sulla carta, priva di efficaci misure di tutela. Proprio in quest’area di particolare valore ecologico Greenpeace ha deciso di sviluppare l’Operazione “Mare Caldo”, per misurare gli impatti dei cambiamenti climatici in mare.