Aung San Suu Kyi, capo di stato de facto di Myanmar, e altri dirigenti centrali e regionali della Lega nazionale per la democrazia (Nld), il partito che aveva vinto le elezioni dell’8 novembre 2020, sono stati arrestati nelle prime ore del mattino del 1 febbraio. Con loro risultano agli arresti anche attivisti e difensori dei diritti umani nonché leader studenteschi e di partiti su base etnica.
Il generale Min Aung Hlaing, la più alta carica militare, ha annunciato l’imposizione dello stato d’emergenza per la durata di un anno. Internet e le comunicazioni telefoniche risultano bloccati nelle principali città del paese.
Nei giorni precedenti il colpo di stato, alla vigilia della prima seduta del nuovo parlamento, vi erano state forti tensioni tra i dirigenti dell’Nld e i rappresentanti dell’esercito. Le forze armate e il loro gruppo politico, il Partito dell’unione, della solidarietà e dello sviluppo (Uspd) avevano contestato l’esito delle elezioni, che avevano dato la vittoria ad Aung San Suu Kyi con 396 seggi su 498 in entrambi i rami del parlamento assegnati all’Nld.
“Gli avvenimenti di questa mattina sono estremamente allarmanti. A meno che non vengano incriminate per reati effettivamente previsti dal diritto internazionale, tutte le persone arrestate devono essere rilasciate”, ha dichiarato Ming Yu Hah, vicedirettrice delle campagne di Amnesty International sull’Asia.
“Le forze armate devono chiarire su quali basi legali siano stati eseguiti gli arresti e devono garantire i diritti di tutte le persone arrestate ad avere contatti con avvocati e familiari, a ricevere cure mediche e a non subire maltrattamenti”, ha proseguito Ming Yu Hah.
“È un momento drammatico per Myanmar e la situazione rischia di peggiorare. I concomitanti arresti di noti esponenti politici e di difensori dei diritti umani indicano che i militari non tollereranno alcun dissenso nei confronti delle loro azioni”, ha sottolineato Ming Yu Hah.
“Nei precedenti colpi di stato militari ci sono state violenze su larga scala ed esecuzioni extragiudiziali. Sollecitiamo le forze armate a rispettare il diritto internazionale dei diritti umani e il diritto internazionale umanitario”, ha aggiunto Min Yu Hah.
“La notizia di un blackout sulle telecomunicazioni rappresenta un’ulteriore minaccia per la popolazione, soprattutto nell’attuale fase pandemica e di conflitto armato interno in varie zone del paese. È fondamentale che la rete telefonica e la connessione Internet siano ripristinate al più presto”, ha concluso Min Yu Hah.