ChiaraSole, la forza della vita «nonostante i vari nonostante»

“Crederci Sempre! Arrendersi Mai! Avanti Tutta!”. Un motto che grida la forza della vita in tutta la sua solarità. Lo impersona ChiaraSole Ciavatta, 44enne fondatrice di MondoSole, associazione e centro di cura per disturbi alimentari a Rimini.

Con alle spalle 14 anni di anoressia, bulimia e binge eating, da anni è pienamente guarita. Accompagnare chi soffre e aiutare a guarire, oggi, è la sua missione.

La sua storia e i suoi consigli si possono leggere nel sito che diede voce, inizialmente, al suo racconto (qui). Quegli anni tra dolore e lotta sono raccolti anche in un libro autobiografico ChiaraSole anoressia e bulimia: un’esperienza di vita e di morte (Prefazione di Gianna Schelotto, edito da Idealibri).

Dal 2018, inoltre, lotta anche per ADMO, Associazione Donatori Midollo Osseo. Perché, dopo la perdita di suo marito per leucemia, il dottor Matteo Mugnani con il quale ha fondato MondoSole, il suo motto non può che essersi rafforzato.

Allora, “avanti tutta”, Chiara. Conosciamola di più con questa intervista…

Chi è Chiara Sole?

«Chiara Sole è una donna di quasi 44 anni. Ho alle spalle 14 anni di anoressia, bulimia e binge eating. Mi sono ammalata verso gli 11 anni, quando queste malattie non erano molto riconosciute. Lo sono poco adesso, figuriamoci un tempo.

Ho sofferto di anoressia, bulimia, binge eating, depressione, ho avuto periodi di alcolismo e periodi cannabinoidi. Durante la mia storia c’è stato anche più di uno stupro, sotto effetto dell’alcool sono successe cose spiacevoli.

In tutti gli anni di malattia, quando ancora non era neppure conosciuta dal DSM, ho fatto molti ricoveri, terapie, tantissimi percorsi. Alcuni di questi erano con persone che non sapevano minimamente cosa fossero queste patologie, era il 1985.

Nel mio primo ricovero avevo 12 anni. Ho oscillato per tutti i 14 anni dai 36 ai 90 kg. È stato tutto molto veloce, nel senso che faccio persino fatica ad associare un ricordo a un preciso periodo. Queste malattie anestetizzano tantissimo e bloccano la crescita.

Io e la mia famiglia eravamo disperati. Siamo stati anche all’estero, in Florida e in una comunità per tossicodipendenti. Nei periodi di binge e di bulimia mangiavo fino a 20kg di pasta in un giorno.

Sono malattie degenerative ed è stato tutto un sali e scendi. Ci sono stati periodi in cui non avevo assolutamente voglia di curarmi e di uscirne. Essendo una dipendenza c’è un grande godimento, come c’è anche nella depressione.

Più di una volta ho tentato il suicidio e sono sopravvissuta. Non c’è stato nessun click e nessuno scatto. Però, dopo essere sopravvissuta a quell’evento così importante, mi sono tatuta un sole, avevo 18 anni. Da lì è nato il nome ChiaraSole. È un simbolo che mi piace molto per la sua ambivalenza, c’è tanta vita così come tanta morte.

ChiaraSole MondoSole cura disturbi alimentari

Nel frattempo ho continuato a cercare il percorso più idoneo a me, perché non esiste un percorso giusto per tutti. Mi sento però di dire che, alla fine, tutto quello che ho fatto è servito ad arrivare alla guarigione.

Una volta guarita, non avevo nessuna intenzione di dedicarmi a questo mondo. Facevo tutt’altro, lavoravo nel commercio. Però mi piaceva molto il mondo informatico e mi dispiaceva che chi parlasse della propria esperienza con i disturbi alimentari, parlasse di spalle o a volto coperto. Il dolore si deve nascondere? Ci si deve vergognare? Insomma, sentivo che non si desse la giusta dignità alla questione.

Così, con publisher, ho comprato il dominio e ho messo la mia storia online con la mia foto. Ho voluto condividere il mio bagaglio di esperienze online, senza nessuna vergogna. Da lì è scoppiato il putiferio. Hanno cominciato a scrivermi migliaia di persone ogni giorno. La cosa che mi ha poi portato a scegliere di formarmi e scrivere un libro autobiografico è stato il fatto che potevo capire benissimo una persona che in quel momento viveva gli stessi miei problemi di un tempo. E da quel confronto con me, quella persona intraprendeva un percorso di cura. Così ho capito che quella era la mia strada.

Ovviamente mi sono formata e ho iniziato a collaborare con varie strutture fino a quando non ho incontrato il dottor Matteo Mugnani al quale ho proposto di fondare un nostro centro. Così, nel 2004, è nato MondoSole. È un’associazione e un centro di cura nel quale si realizza un percorso con le persone coinvolte e le relative famiglie. È una via di mezzo tra la seduta ambulatoriale e un luogo residenziale protetto: diciamo che è un percorso semiprotetto.

Pensa che Matteo mi ha contattato dopo aver letto il mio libro. Nel tempo ci siamo innamorati e ci siamo sposati. Quindi abbiamo condiviso per circa 15 anni questa grande passione e la vita privata. Poi mio marito si è ammalato di leucemia linfoblastica acuta. È stato un calvario di oltre 3 anni con 2 trapianti e relativi ricoveri. In questo frangente ho portato avanti sia MondoSole che la cura di mio marito. Tra l’altro abbiamo preso la questione con grande ironia. Alla seconda recidiva, in ospedale, abbiamo deciso di fare un video “per come siamo noi”. Così è nato “Chemio Jouer”, un video divenuto virale che è stato ripostato da tantissimi: la Luccarelli, Lucio Presta, Paola Perego… è stato incredibile. Io con la mascherina, lui senza capelli, facendo il giochino di “Gioca Jouer” abbiamo scherzato attorno alla chemio. In quel modo abbiamo strappato almeno un sorriso, forse amaro, ai tanti che erano nella stessa condizione.

Purtroppo Matteo è morto il 2 febbraio. Una settimana prima che morisse abbiamo fatto il rinnovo dei voti. È stato un modo per salutarci molto molto bello. Per come sono fatta io, sono caparbia, ci ho sperato fino alla fine. Lo chiamavo anche fino al suo ultimo respiro. È stato pesante, sto rielaborando ancora il lutto ovviamente.

MondoSole, comunque, procede. Sono parti integranti due professionisti estremamente capaci e di questo sono molto contenta. Le persone qui in cura procedono senza sosta con il loro percorso. Era per me una sorta di missione nel 2001, lo è stata durante l’incontro con mio marito e lo è tuttora. Questo attraverso qualsiasi strumento possibile: giornali, social, etc.

Inoltre, alla luce dell’esperienza con mio marito, sono diventata volontaria ADMO. Perché, in fondo, vogliamo tutti la stessa cosa: salvaguardare vite. E tutte le vie sono buone».

Chi era Chiara a 11 anni e cosa l’ha spinta a iniziare quel percorso?

«Gli effettivi sintomi sono cominciati a 11 anni però, già quando avevo 6 anni, facevo abbuffate di binge eating senza un senso di colpa successivo. Tutto è stato riversato sul corpo: la sensazione che avvertivo ce l’ho impressa nella memoria: non andavo mai bene, ero inadeguata, in ogni caso ingombrante e non soddisfavo le mie aspettative».

Provavi un senso di vergogna?

«Sì, da ogni punto di vista. Ho trascorso anni senza guardare una persona negli occhi. Mi nascondevo sempre, ero sempre tutta coperta da cappelli e occhiali. Continuavo a sentire che non andavo bene e ho cercato, inconsciamente, di riversare questa sensazione sul controllo del mio corpo. Ho iniziato a vedermi enormissima e ho capito solo dopo che, in realtà, vedendomi deforme ed enorme, vedevo il dolore dentro di me.

Al momento non lo capivo, quindi ho iniziato a controllare il mio corpo e mangiare sempre meno. La restrizione, però, porta all’eccesso. Quindi poi ho iniziato a mangiare sempre di più. Dall’anoressia sono passata al binge e poi alla bulimia. Ma la sensazione era sempre quella che non andavo bene. Mi ricordo che da piccola urlavo: “Voglio morire”. Non credo che io sapessi il significato di quella frase ma la dicevo.

Tutto questo disagio “mortale” è da ricondursi a una serie di traumi subiti nell’infanzia in tutte le sfere della vita. Le cause sono sempre tante, non è mai una: dinamiche famigliari, dinamiche sociali, scolastiche, il momento socio-culturale in cui si nasce. Non entro nello specifico perché si rischia che venga strumentalizzata la questione. Comunque, sono stati vari fattori a portarmi a questo percorso. Posso solo dire che mi sentivo in colpa di essere nata. Era un grande odio e, paradossalmente, un grande amore verso la vita. Ma io non volevo vivere».

Le cause dei disturbi alimentari possono essere genetiche?

«Non credo a questa teoria. Molti ci credono, io no».

Hai detto che i fattori sono anche socio-culturali. Trovi differenze tra i ragazzi che soffrono di disturbi alimentari oggi rispetto a quando ne soffrivi tu?

«Sì, ci sono tante differenze. Pensa che la cosa fondamentale per chi fa questo lavoro è aggiornarsi quotidianamente. Un grande problema sociale oggi – e non solo per chi soffre di disturbi alimentari – sono le relazioni. Con l’avvento dei social, per non parlare di Tinder, Badoo etc, queste difficoltà aumentano di più. Rispetto a un tempo in cui ci si mandava i bigliettini scritti a mano, ora tutto è assecondato rispetto alla smaterializzazione del corpo.

Il cambiamento sociale per questo è radicale rispetto ad una volta e una volta lo era rispetto a prima: i disturbi alimentari sono sempre esistiti. Non a caso con MondoSole sono su tutte le piattaforme per cercare di portare a galla tutte queste creature che si rifugiano in gruppi e forum “Pro Ana” o “Pro Mia”. Lì si trovano scambi di sconsigli tra chi sta male. Questo, senza una supervisione, è più che dannoso».

A proposito di questi forum “Pro Ana” e “Pro Mia”, riesci ad entrarci e agganciare gli iscritti in termini positivi?

«Puoi entrarci ma se provi a dire qualcosa che esula dai 10 comandamenti “Pro Ana” ti assalgono in massa. L’unica cosa che si può fare è segnalare questi forum alla polizia postale. È diffusa anche la #thininspiration su Instagram. Purtroppo fanno chiudere quei blog ma poi li aprono da altre parti. Insomma, è un fenomeno molto difficile da arginare».

Tornando a te, ho letto dal tuo racconto che mangiavi “cibi insapore perché ogni sapore era un’emozione nuova e ingestibile” e anche “la compulsione che mi portava ad avere le abbuffate (cioè a divorare le emozioni)”. Spiegami questa associazione tra cibo ed emozioni…

«Il problema, alla radice, sono proprio le emozioni. Da quelle molto brutte a quelle molto belle. Si vorrebbero controllare ma chiaramente non si controllano perché arrivano spontaneamente. Quindi si può verificare la scelta del cibo insapore (come, ad esempio, voler mangiare il pesce congelato) oppure l’abbuffata, durante la quale si mangia così velocemente da non sentire nulla. Io mangiavo di tutto: dal salato, al dolce, al cibo dentro i bidoni della spazzatura.

Quella compulsione poteva derivare anche da emozioni belle vissute qualche giorno prima. Cercavo di controllarle con il cibo… per poi rendermi conto che non controllavo proprio nulla».

Nel tuo racconto parli anche di disturbi alimentari e sessualità. Spieghi che si possono vivere anche orgasmi durante gli attacchi bulimici.

«Non saprei dire se io sono arrivata, effettivamente, all’orgasmo. Il punto è che in quel momento c’è un godimento molto potente. Ci sono persone che riescono a masturbarsi solo durante l’abbuffata. Questo proprio perché la libido si alza tanto e riescono ad arrivare ad un orgasmo effettivo. Così il cibo diventa baby sitter, genitore, amante, fidanzato… diventa tutto. Essendo una cosa, puoi averla quando vuoi. Avere a che fare con le persone, ovviamente, ha dei vincoli perché non possiamo controllare i comportamenti degli altri».

Hai detto che ognuno ha una cura differente e non c’è il giusto percorso per tutti. Tu come sei riuscita ad uscirne?

«La parte più utile è stata un’analisi durata alcuni anni. Andavo 3-4 volte a settimana. Per me, però, era mancante nel suo aspetto pratico. Anche per questo nasce MondoSole. Io ho dovuto fare il mio percorso in due step. Quello su cui ho lavorato psicologicamente, poi l’ho messo in pratica con non poca difficoltà. Invece quello che facciamo con l’équipe di MondoSole è sia la parte teorica (quindi la ricerca delle cause), sia la parte della quotidianità. Ci prendiamo cura del vissuto giornaliero di chi è qui. Altrimenti è davvero difficile.

In ogni caso, la parte per me più importante sono stati questi anni di analisi. Fondamentale è interiorizzare e mandare un messaggio forte alle persone: sono malattie mortali e vanno curate. Quando si è in questo male ci si racconta tanto. “Ce la faccio da sola”, “da domani sarà diverso” etc. Nell’atto pratico, però, queste malattie sono degenerative quindi non può essere così come si crede.

Sono malattie molto sminuite tutt’ora, in particolare lo è il binge eating. Nonostante il binge eating sia nel manuale diagnostico dal 2015, si riconduce tutto ancora alla forza di volontà: “Vai a lavorare che ti passa tutto”…. E tutte ‘ste cazzate (ride ndr.)».

Cosa consigli a una ragazzina o un ragazzino che si trova ora a vivere i disturbi alimentari?

«A chi sta male dico di non vergognarsi. In qualunque modo possibile chiedere un aiuto, senza aspettare».

Un consiglio invece a genitori, amici e partenti di chi sta male?

«Se la figlia o il figlio non vuole chiedere aiuto, cosa che purtroppo è molto frequente, possono chiedere aiuto loro. Intanto per entrare sempre di più nella conoscenza di queste malattie davvero molto complesse da comprendere. Così si può iniziare a capire come comportarsi. Purtroppo, ogni comportamento va male in questi casi. Sembra sempre non ci sia la cosa giusta. Un genitore preoccupato, spesso, può dire: “Dai mangia” oppure “hai mangiato troppo” ma sono tutte frasi che non aiutano affatto, anzi, il contrario. In questo modo si dà il potere al sintomo».

Qui un approfondimento di ChiaraSole per i genitori.

Spesso si additano i genitori, e in particolare la madre, come “essere immondo”. E questo, scrivi sempre tu, “è l’errore più grande che si possa fare”

«Esatto. Nelle dinamiche famigliari possono volare parole di ogni tipo. Poi, quando si rielabora il tutto, ci si rende però conto del fatto che non è colpa di nessuno, ma è un incastro di dinamiche che si scontrano con la sensibilità dell’individuo.

Come dico sempre, siamo tutti figli di figli, di figli di figli. Portiamo all’altro ciò che ci è stato insegnato. Questo non è una colpa, anzi. Ogni genitore fa di tutto per fare del bene al proprio figlio con gli strumenti di cui è in possesso».

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Allora, alla luce di tutto il tuo vissuto, cos’è per te la vita?

«La vita è bellissima, nonostante i vari nonostante. Credo molto nella vita. Anche il giorno del funerale di Matteo, ho detto: “La vita ci può piegare ma non ci deve spezzare”. E io ho di nuovo scelto la vita, come l’ho fatto a suo tempo, anche mettendoci più energia.

Non voglio categoricamente né inaridirmi, né chiudermi. Anche perché ho vissuto qualcosa di talmente bello e ricco con quest’uomo che voglio rimanga così. È andata così, tanti ma e se sono inutili.

Si dice tanto che da queste malattie non si guarisce mai e se capita qualcosa di brutto, è la fine. No. Ci credevo prima che si può guarire da queste malattie e ci credo ancor di più ora che ho perso l’amore della mia vita. Mai un secondo, dopo questo evento, mi si è ripalesata la compulsione del dimagrire o fare grandi abbuffate. Quindi si può davvero guarire. Questo ovviamente se si fa un lavoro profondo e si termina il percorso. Se si lascia il percorso a metà è un’altra cosa».

Qual è la tua canzone preferita?

«AnaMia, la canzone ufficiale di MondoSole scritta da Matteo e cantata da Francesca, guarita a MondoSole dopo 19 anni di disturbi alimentari. Il video invece l’ho realizzato io».

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