“Carta per la Moda Sostenibile”, è la nuova iniziativa a favore dell’ambiente firmata da parte di 40 marchi. Un documento che «riconosce il ruolo cruciale svolto dalla moda sia sul fronte delle emissioni di gas serra, sia in termini di opportunità di ridurre tali emissioni e contribuire così a uno sviluppo più sostenibile».
La Carta è stata presentata durante il vertice delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a Katowice, in Polonia (lo stesso che ha visto la giovane Greta Thunberg dar lezione ai leader mondiali).
Il documento prevede, come obiettivo iniziale, la riduzione delle emissioni aggregate di gas serra del 30% entro il 2030. L’impegno consiste anche nella volontà di eliminare gradualmente le caldaie a carbone o altre fonti di riscaldamento e produzione di energia a base di carbone nei propri stabilimenti e in quelli dei fornitori diretti, a partire dal 2025.
Tra i 40 marchi che hanno firmato l’accordo “Carta per la Moda Sostenibile” ci sono: Adidas, Burberry, Esprit, le americane Guess e Gap Inc., Stella McCartney, Hugo Boss, H&M Group, Inditex, Kering Group, Levi Strauss & Co., Puma Se, Target, associazioni tessili come Business for Social Responsibility, Sustainable Apparel Coalition, China National Textile and Apparel Council, Outdoor Industry Association and Textile Exchange.
Un passo importante, che fa seguito ad altre iniziative come le rinunce all’uso delle pellicce da parte di tante griffe: Armani, Versace, Burberry, Michael Kors, Ralph Lauren, Gucci e Stella McCartney. Da segnalare anche la rinuncia all’uso delle pelli esotiche da parte di Chanel.
Anche i colosso dei trasporti Maersk e il WWF si sono impegnati a raggiungere 16 obiettivi e a rispettare i principi su cui si fonda la Carta.
Come ha commentato Stella McCartney: «La questione del clima riguarda tutti noi e il nostro futuro. Se uniamo le forze, insieme riusciremo a fare la differenza».
Moda sostenibile: verso la riduzione di emissioni di gas serra
In linea con gli obiettivi stabiliti dell’accordo di Parigi, la Carta elenca le questioni oggetto di attenzione. Tra questi, la decarbonizzazione nelle fasi di produzione, la scelta di materiali sostenibili, le modalità di trasporto a basse emissioni di carbonio, l’importanza di stabilire un dialogo con i clienti e di sensibilizzare i consumatori, la collaborazione con comunità finanziarie e politici con l’obiettivo di individuare soluzioni e promuovere l’economia circolare.
La Carta, redatta e gestita dagli stessi marchi della moda, ma rivolta anche ad altri gruppi d’interesse, si propone di contrastare i cambiamenti climatici anche attraverso il sostegno e la promozione di iniziative nell’ambito della moda. Già all’inizio del 2018, tra l’altro, è nato un movimento a favore dell’ambiente attraverso una serie di incontri e gruppi di lavoro coordinati da Puma Se e dal gruppo H&M.
Per compiere progressi concreti verso il raggiungimento di questi obiettivi sono stati istituiti sei gruppi di lavoro che saranno convocati dall’ONU all’inizio del 2019. Questi hanno il compito di stabilire le fasi di attuazione, lo sviluppo dei principi e delle azioni definite nella Carta.
Un passo positivo, secondo Patricia Espinosa, segretaria esecutiva della Convenzione quadro ONU sui cambiamenti climatici: «Il settore della moda è sempre all’avanguardia nella definizione della cultura a livello mondiale, pertanto sono lieta di sapere che la moda combatte in prima linea contro i cambiamenti climatici».
Moda Sostenibile: non solo clima ma anche sfruttamento
Il lancio della “Carta per la Moda Sostenibile” a favore dell’ambiente è importante ma non è tutto. L’altra grande ombra che si abbatte oggi verso l’industria della moda è anche quella dello sfruttamento delle popolazioni più povere del pianeta.
La questione è stata denunciata, tra gli altri, da Igor Dobrowolski artista polacco in attività dal 2014 e da The True Cost, documentario diretto da Andrew Morgan e incentrato sulla cosiddetta fast fashion, settore che rinnova in tempi rapidissimi i capi d’abbigliamento messi in vendita.
Inoltre, non dimentichiamo che nel 2018 si è celebrato il 5° anniversario del crollo di Rana Plaza quando persero la vita 1.129 persone nella fabbrica di vestiti a Dacca, la capitale del Bangladesh. 5.215 i feriti.
Photo © Facebook Stella McCartney