Morire per delle idee, sarà il caso di dirlo,
è il loro scopo di vivere, non sanno farne a meno.
Morire per delle idee, detto in questo modo arriverà alla mente di chi legge qualcosa di nobile e coraggioso. Ma non è forse ciò che fanno tutte quelle persone che si fanno saltare in aria provocando delle stragi?
Cerchiamo per un attimo, per un solo attimo, di non pensare a quanto di male sia stato fatto con gesti simili e proviamo ad entrare nell’anima di chi è spinto a farlo.
Cosa c’è nella testa di queste persone?
Naturalmente non esiste una risposta assoluta. Ciò che è certo è che non ci sia una cattiveria innata, non può esserci in una persona spinta a farsi saltare in aria. In compenso potrebbero esserci sia rabbia che felicità, la rabbia di sentirsi costretti a perdere la vita per poter cambiare qualcosa, la felicità di star facendo qualcosa per donare un mondo migliore ai figli, al prossimo.
Naturalmente questi pensieri vanno contestualizzati secondo culture differenti ma, l’uomo che compie il gesto, non il mandante, quello che effettivamente decide di schiacciare il pulsante, deve essere arrivato a trovarsi in quella posizione per dei motivi, forse patriottici, forse religiosi, di certo non superficiali.
In ogni caso è interessante considerare la “nobiltà” che potrebbe essere dietro ogni gesto, anche quello più brutale. Riflettere, cercare di capire qualcosa che non si può o non si deve condividere. Capire cosa c’è dietro quello che tutti considerano, senza se e senza ma, il male.
Ma siamo così sicuri che il confine tra il bene e il male sia così marcato?
Noi, che ci reputiamo persone civili, cosa staremmo pensando se fossimo nati in un’altra parte del mondo, con un’altra cultura e religione? Quello che consideriamo “buon senso” è un concetto così universale? Si potrebbe pensare che uno dei motivi per cui si riescono a convincere persone a compiere atti terribili sia l’ignoranza, ma l’ignoranza non è sempre una colpa.
Una cosa è certa, chi predica il martirio non muore mai per delle idee, spinge chi è più debole a farlo, convincendo il “martire” che ci sarà chissà quale paradiso senza pensare che, se credesse davvero nelle parole che usa per convincere, sarebbe il primo a morire.
Gli apostoli di turno, che apprezzano il martirio
lo predicano spesso, per novant’anni almeno.Morire per delle idee, sarà il caso di dirlo,
è il loro scopo di vivere, non sanno farne a meno.E sotto ogni bandiera li vediamo superare
il buon matusalemme nella longevità
per conto mio si dicono in tutta intimità
moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta, va bè,
ma di morte lenta.
*testo italiano di Fabrizio De Andrè, testo e musica di Georges Brassens, Mourir pour des idées
Forse dovremmo almeno imparare ad inserire nelle vittime non solo chi si trova per caso nell’inferno, talvolta la vittima è anche chi lo scatena.