Muniti di guanti, giubbini catarifrangenti e sacchetti, alcuni giovani danno il buon esempio ripulendo campi e strade da bottiglie, cartacce e ogni altro scarto dei cittadini incuranti del loro stesso territorio: ben presto il loro modello diventa virale e “contagia” compaesani e paesi limitrofi.
L’anno scorso sono venuta a conoscenza di un’iniziativa di raccolta rifiuti curiosa, forse un po’ insolita ma coraggiosa e dalle prospettive ben auguranti che mira ad una diffusione tra le persone comuni coniugando lo stare all’aria aperta, la socializzazione e la pulizia del territorio: l’idea è nata quasi per caso da cinque amici di Romentino, nel novarese, che vogliono, nel loro piccolo, rendere il mondo un posto più pulito, o almeno la zona in cui abitano!
Chiara, Francesca, Sara, Davide e Andrea sono cinque amici che nell’estate 2016, come tante persone, approfittavano della bella stagione per fare lunghe passeggiate tra boschi e risaie attorno al paese in cui vivono, e se vedevano per terra dell’immondizia la raccoglievano per gettarla negli appositi bidoni. Durante una di queste scampagnate è nata l’idea di unire la passione per le camminate con l’utile per l’ambiente: «Tutto è nato in modo molto basso: ci siamo detti ‘invece che andare a camminare e basta, quando andiamo facciamo qualcosa di utile per tutti raccogliendo cartacce, bottiglie abbandonate ed altri oggetti che tra la natura non dovrebbero esserci‘. Così nei mesi successivi l’idea ha preso forma diventando un progetto che coniuga costi bassissimi, coinvolgimento personale, pulizia dell’ambiente, stare all’aria aperta, attività fisica e la nascita di nuove amicizie».
Un anno fa ho incontrato Chiara che mi ha raccontato quanto le sarebbe piaciuto che «l’iniziativa si allargasse e diventasse un’abitudine naturale per ciascuna persona. Non immagino, però, uno sviluppo “verticale”, attraverso cioè un’attenzione dall’alto di amministratori e sponsor che propongono il progetto a cui si sente quasi l’obbligo di dover aderire. Ma piuttosto penso a uno sviluppo “orizzontale”, ovvero un’esigenza che nasce “dal basso” tramite l’impegno della gente comune come risposta ad una necessità personale, quasi un passaparola. Questo perché se si ha l’obbligo le cose pesano, si fanno per dovere, svogliatamente, ma quando si ha un interesse reale c’è un impegno volontario, ci si mette passione e cuore».
A distanza di un anno sono tornata da Chiara che ha sottolineato il motivo per il quale oggi si definiscono delle piccole formiche che hanno “colonizzato il formicaio”: «Le formiche sono degli insetti in grado di sopravvivere da soli ma che decidono di vivere come una società in cui ognuno ha dei compiti precisi e, solo se tutti collaborano, la struttura resta in piedi e si raggiungono obiettivi importanti», esattamente come loro, partiti in sordina in cinque ma riscuotendo adesioni sempre nuove e raggiungendo traguardi significativi, non solitari ma come gruppo dove tutti sono sullo stesso livello…
Chiara mi ha passato il contatto di Franco, chiaro esempio di come quello “sviluppo orizzontale” sia diventato realtà. Franco, pensionato sessantatreenne, che per 30 anni ha girato il mondo grazie al suo lavoro di tecnico collaudatore per impianti di materia plastica e dal 2001 si diletta a scrivere libri che auto-pubblica sulla piatttaforma youcanprint, mi racconta che è venuto a conoscenza di questa iniziativa per un fortunato caso: «Un giorno, tornado a casa, vidi un gruppo di giovani con dei sacchi neri in mano intenti a raccogliere tutto ciò che l’inciviltà aveva abbandonato sul ciglio della strada. Forse era la prima volta, forse non avevano ancora esperienza, ma quel che vidi era la loro passione nel far qualcosa di buono. Senza pensarci mi unii al gruppo».
Un bel cambiamento passare dal girare il mondo alla raccolta di rifiuti abbandonati in un paesino della provincia novarese: perché hai aderito ad un servizio volontario di raccolta rifiuti?
«Perché raccogliere i rifiuti? Non sarebbe una domanda da porsi se i miei occhi non vedessero tanta sporcizia. Oppure se l’essere umano, se così lo si può ancora chiamare, non sporcasse questo angolo di paradiso».
Franco, da quando partecipi a questo progetto?
«Sono entrato a far parte di questo progetto quasi subito, perché la cosa era buona… tutti con lo stesso obiettivo: pulire! Quello che mi è piaciuto subito è stato: nessun guadagno, nessun lucro!»
Cosa ne pensi di questa iniziativa?
«Pur avendo più anni, venni accolto dai giovani come un loro coetaneo, ma poi mi accorsi che non ero un privilegiato, chiunque entrasse nel gruppo era trattato nello stesso modo. Da allora, una volta al mese ci si trova, magari a ripulire dove si era già passati qualche mese prima. Una bella iniziativa, non c’è lucro, tutti collaborano senza guadagno, anzi, ci si porta da casa l’attrezzatura necessaria che ci permette d’arrivare dove le mani non possono».
Chi sono e quanti sono i volontari impegnati in questa attività?
«Definire quanti siamo a pulire Romentino diventa difficile perché il numero non è mai lo stesso ma varia di volta in volta. Chi ha tempo e voglia viene senza obbligo. Pensa che lo stesso Sindaco alcune volte ci aiuta a riempire il carro trainato dal trattore di un volontario».
Cosa ti spinge a continuare?
«Da ragazzo, quando correvo per la campagna a pieni nudi, non c’era il rischio d’imbattermi in qualche bottiglia rotta, oppure in sacchi di spazzatura contenente qualsiasi genere di scarto. Quando giravo per il paese le strade erano pulite, quasi spolverate… ogni tanto vedevo qualche abitante che usava semplicemente la scopa.
Noi eravamo solo ragazzi, però la carta del gelato la gettavamo nel cestino prima d’uscire dal bar. Nessuno di noi si sarebbe mai sognato di comprare una lattina di birra e poi abbandonarla sul ciglio della strada oppure davanti a qualsiasi abitazione. Noi eravamo i ragazzi che durante l’estate si andava al fiume per un pic-nic e gli “avanzi” li si portava a casa, per poi metterli nel bidone comunale. Potrei continuare all’infinito e descrivere quello che oggi non accade più.
Il fiume è inquinato, le strade sono sporche, i prati coperti di sacchetti e bottiglie di plastica, ed i boschi? La pericolosità è ad ogni angolo, dove c’è un’insenatura si ammucchia ogni genere di scarto: mobili vecchi, lavatrici, frigoriferi, copertoni d’auto, animali morti che imputridiscono divulgando malattie, siringhe abbandonate senza curarsi che qualcuno possa infettarsi».
Hai mai pensato per quali motivi c’è così tanta inciviltà? Cosa spinge le persone a compiere tali atti?
«Alcune volte vengono individuati i responsabili di questi atti vandalici e pur denunciandoli alle autorità, ci si chiede cosa li abbia spinti ad abbandonare la loro spazzatura. Con quale scopo lo fanno? Perché non usufruire della normale raccolta settimanale che il Comune offre oppure dei centri ecologici gratuiti ed aperti tutti i giorni? Forse è tutta gente cresciuta in un diverso ambiente, forse non conoscono il significato di “senso civico”, forse sono cresciuti in famiglie dove l’educazione era all’ultimo posto».
Qual è la cosa più strana che avete raccolto?
«Non ci sono limiti a quel che si raccoglie: vetro, plastica, rifiuti edili, sacchetti vari, amianto… tutto viene accettato dall’area ecologica senza contestazioni. Una volta abbiamo trovato una pecora morta dentro un sacco, stupiti da questo ritrovamento e non sapendo cosa fare, abbiamo chiamato l’asl veterinaria».
Racconta un episodio divertente/curioso avvenuto durante la raccolta
«Il dramma di quest’inciviltà alcune volte ci fa vivere situazioni divertenti, portandoci alla comicità. Un pomeriggio, decidemmo di pulire il bordo di un canale, per farlo dovevamo scendere lungo un pendio e, non avendo funi a disposizione, si è improvvisato! Abbiamo usato alcuni sacchi neri come slittino, così fra le grida e le risate, siamo arrivati sul fondo con il sedere ammaccato. Terminata la raccolta per risalire i ragazzi hanno formato una catena umana ed ancora una volta la loro comicità ci ha fatto dimenticare la fatica».
Ho letto di una recente collaborazione con l’Avis, parlamene
«L’Avis di Romentino è un’associazione molto attiva nel paese che organizza molti eventi benefici per aiutare gli altri. Gli abbiamo proposto una forma di collaborazione e di aiuto reciproco. In occasione del Natale l’Avis ci ha donato dei guanti e a gennaio delle pettorine catarifrangenti che ci permetteranno di essere più visibili sulle strade. Ce le hanno consegnati in occasione di una donazione di sangue. La frase “l’unione fa la forza” esplica bene questa collaborazione perché da soli non abbiamo spesso le energie e le competenze per fare qualcosa di grande, uniti invece tutto sembra possibile. Ecco il perché abbiamo deciso di collaborare con Avis o, meglio, di chiedere un aiuto all’associazione che nel territorio si impegna a raccogliere il sangue».
Franco, cosa vuoi dire a Chiara, Francesca, Sara, Davide e Andrea che hanno dato il via a questo progetto?
«Questo gruppo è nato da queste cinque formichine che hanno colonizzato il formicaio… ragazzi che hanno scelto di non essere inermi osservatori ma di rimboccarsi le maniche e di dedicare il tempo alla comunità. La loro intuizione ha preso forma, è cresciuta nel tempo ed altri paesi limitrofi stanno seguendo la loro iniziativa: posso solo dire loro un grosso grazie, l’augurio di andare “avanti così!”, e la speranza che il grande esempio di senso civico contagi sempre più persone».