Molti articoli avranno riportato con cura le riflessioni rispetto ai nuovi dispositivi e alle norme da seguire durante lo svolgimento di un centro estivo. Personalmente, voglio raccontarvi cosa ho imparato da questa esperienza vissuta con dieci ragazzi dai 12 ai 14 anni.
In un piccolo gruppo l’aiuto e il supporto è stata la chiave vincente.
Lavorare con pochi adolescenti, rispetto al grande gruppo a cui normalmente eravamo abituati, ha permesso di rendere più familiare il clima e i rapporti interpersonali. Questo cambiamento ha permesso ai ragazzi di ascoltarsi e comprendere le neccessità e le difficoltà di ognuno di loro. Insieme hanno spronato, supportato e stimolato i compagni nella crescita personale.
Peter, nome di fantasia, ha difficoltà a esprimere le proprie emozioni. Di solito le verbalizza con dei suoni seguiti da “va beh”. Lui stesso riconosceva la sua fatica; guidandolo e facilitandolo nella comunicazione dei pensieri si è sentito piú capito. I ragazzi, ogni volta che lo vedevano in difficoltà, comprendendolo, riproponevano la mia strategia. Peter al termine del centro estivo riusciva a raccontarci cosa provava. La sua gioia è stata impagabile, ogni volta era festa.
Covid19, tutte le regole hanno un senso?
Mi sono trovata anche a riflettere sulle regole. Alcune volte farle rispettare sembra essere una sfida costante. Sembrano essere subito pronti a trovare un modo per poterle infrangere. Questa volta, quelle riguardanti il Covid19, no. Non mi sono ritrovata a condurre battaglie impossibili per far rispettare il distanziamento, misurare la temperatura, mettere la mascherina e utilizzare il gel. Non si sono mai opposti, ribellati o adirati. Hanno espresso il loro disappunto, hanno fatto domande, hanno richiesto spiegazioni e hanno creato ritualità divertenti per vivere questi momenti.
Sonia, nome di fantasia, ha chiesto chi ha scelto di farci indossare la mascherina, come mai noi sì e in altre regioni e nazioni no. É nato un confronto. Io invece mi chiedo “come mai le altre regole le mettete meno in discussione con quest’ottica di curiosità?“. Abbiamo anche imparato che ci sono regole che talvolta non seguono i nostri pensieri, ma che dobbiamo comunque rispettare nell’ottica di convivenza sociale. Altre invece possiamo discuterle, riformularle e annullarle.
I pregi del digitale in presenza
“Possiamo continuare a giocare? I compiti li facciamo dopo!“. “Sí, ragazzi!“. Abbiamo giocato di piú. Alcuni giorni i libri non li abbiamo aperti. Altri giorni, invece, abbiamo letto gli articoli online riguardanti la stella cometa Neowise. Ci siamo girati i diversi link per email. Grazie ai dispositivi elettronici individuali e la connessione internet, abbiamo letto insieme lo stesso approfondimento.
Nuovi strumenti. Nuove regole per utilizzarli nei servizi educativi. Per noi sono stati preziosi. Insieme, in cerchio distanziati, abbiamo giocato online ai classici giochi da tavolo. Abbiamo perso forse la classica gomitata al vicino per allearci contro un altro giocatore. Questa è stata sostituita però da uno sguardo e dai cenno del capo. La novità sono stati i commenti scritti nella chat online, da includere a quelli verbali. Nessuna difficoltà di gestione, sono solo esponenzialmente aumentate le possibilità di bluff. Quindi il divertimento.
Nuove scoperte outdoor. Cosa accade intorno a noi?
“Ragazzi prendete un banco e una sedia o l’asciugamano e portateli in cortile all’ombra“. Così iniziavano le nostre mattine. Ciò che era in aula veniva portato all’esterno. Anche il bidone. Si creava uno spazio che fosse rispondente alle esigenze di ognuno e al distanziamento. Da sempre preferisco lavorare outdoor, ci sia il sole o la pioggia. Nella mia formazione ho scelto di approfondire questo approccio, che quest’anno si è rivelato essere quello vincente. Ci siamo così trovati di fronte a due piccioni in amore. Grazie alla curiosità mista a Google abbiamo capito che non era una sfida tra i due, bensì si trattava del corteggiamento. In classe non ce ne saremmo mai accorti!
Il sapore della lentezza
Il tempo giornaliero speso con le famiglie è aumentato grazie al triage in ingresso e in uscita. “Come state oggi?“, “Com’è andato il weekend?“. Domande che di solito non faccio perché mi salutano da lontano con la mano. Le nostre vite si sono toccate diversamente. Loro sanno qualcosa in più di me, l’educatrice dei loro figli, e io mi avvicino di più a loro. La burocrazia ci ha costretto a rallentare, ad abitare uno spazio e un tempo con i singoli nuclei. I progetti educativi sono stati condivisi giornalmente, portando alla condivisione delle strategie e al raggiungimento degli obiettivi in un tempo più breve.
É cambiato il modo di lavorare. Ho ritrovato quell’umanità nei rapporti interpersonali che, la velocità e l’esigenza di rispondere alla massa, hanno annullato. Ho riscoperto la dimensione del tempo e della curiosità grazie ai ragazzi e alle famiglie che hanno condiviso questa nuova esperienza con me.