Dopo quasi 10 anni di guerra e migrazioni forzate, con oltre 6 milioni di sfollati interni e 5 milioni e mezzo di rifugiati fuori dal Paese, la Siria si trova oggi a dover affrontare la piaga della fame che rende milioni di persone più esposte e vulnerabili al Covid-19, pandemia che ha già causato oltre 250 casi registrati ufficialmente. È l’allarme lanciato, in occasione della Conferenza annuale sulla crisi che si è svolta il 30 giugno a Bruxelles, da Oxfam e altre 6 organizzazioni, tra cui Humanity & Inclusion, CARE International, World Vision International, International Rescue Committee, Mercy Corps, e Norwegian Refugee Council.
L’IMPATTO DEL CORONAVIRUS E DEL CROLLO DELLA LIRA SIRIANA
A causa delle restrizioni imposte dalla pandemia edel crollo della lira siriana, milioni di persone – spesso sfollate all’interno della Siria stessa o nei paesi confinanti – non hanno cibo a sufficienza o denaro per far fronte a necessità basilari. 9,3 milioni di siriani si trovano già oggi in una condizione di totale insicurezza alimentare e altri 2 milioni potrebbero aggiungersi, con un incremento del 42% rispetto allo scorso anno.
Sotto la presidenza congiunta di Unione europea e Nazioni Unite, la quarta conferenza di Bruxelles, ha quindi l’obiettivo di raccogliere fondi e raggiungere un accordo sui necessari cambiamenti politici, in sostegno dei siriani all’interno del paese e nella regione. Da qui l’appello congiunto delle 7 organizzazioni per un aumento immediato degli aiuti internazionali e un intervento in grado di garantire l’accesso umanitario, prima che sia troppo tardi.
“L’aiuto internazionale è ora più che mai necessario – ha detto Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia – 10 anni di guerra hanno costretto i siriani a vivere in una spirale di disperazione e miseria che peggiora di anno in anno”.
DA MAGGIO RIPRESI I BOMBARDAMENTI NEL NORD-OVEST DEL PAESE, CENTINAIA DI FAMIGLIE IN FUGA DA IDLIB
Nel nord-ovest del paese, il cessate il fuoco concordato tra Russia e Turchia a marzo mostra le sue falle, con combattimenti e bombardamenti aerei ripresi da maggio.
Con oltre 4 milioni di persone alla ricerca di un rifugio – molte delle quali già sfollate in precedenza – i governatorati di Idlib e Aleppo nord rischiano adesso una vera catastrofe umanitaria, con il potenziale diffondersi del virus. Molti vivono in campi informali sovraffollati e fatiscenti, quando non sono costretti a dormire all’aperto; l’acqua scarseggia, le infrastrutture sanitarie e civili decimate. Nelle ultime settimane, una nuova ondata di violenza, nella zona meridionale di Idlib, ha costretto centinaia di famiglie a lasciare la propria casa o tenda, ancora una volta.
SENZA STRUTTURE E ATTREZZATURE SANITARIE IMPOSSIBILE PREVENIRE IL CONTAGIO
Nel nord-ovest i primi casi di Covid si sono registrati più di un mese fa e ad allarmare è la pressoché totale impreparazione ad affrontare l’epidemia: mancanza di test, strutture sanitarie prive di mezzi, la principale stazione di pompaggio idrico – che serve 460.000 persone – regolarmente fuori uso.
La situazione non è diversa in molti campi e insediamenti informali in tutta la regione. Nelle aree sotto il controllo governativo – come pure nei paesi limitrofi che ospitano i rifugiati – i siriani sono allo stremo, schiacciati dalla minaccia del virus, dalla crisi economica e dalla mancanza di lavoro.
L’APPELLO ALLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE E AL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU
“Chiediamo ai leader mondiali di aumentare le risorse finanziarie rispetto agli anni precedenti, per dare ai siriani non solo una chance di sopravvivenza, ma l’opportunità di ricostruire le proprie vite in sicurezza e dignità. – ha aggiunto Pezzati – Chiediamo inoltre al Consiglio di Sicurezza dell’Onu di rinnovare la risoluzione di aiuto transfrontaliero per il nord-ovest della Siria, per un periodo di 12 mesi e di consentire nuovamente l’accesso nell’area alle organizzazioni umanitarie, per garantire aiuti alle persone più vulnerabili. Ora più che mai è necessario intervenire per salvare vite dalla pandemia e dal collasso economico”.