«Apprendiamo dal Corriere della Sera di ieri che l’ATS di Bergamo, […] ha dato un mandato all’avv. Angelo Capelli di valutare, tra gli altri “il ruolo dei medici di base, anche qui con un occhio sui DPI”, con una delibera che ha per finalità il “verificare la fondatezza di eventuali responsabilità specie di natura civile e amministrativa, ipotizzabili a loro carico e a danno dell’Agenzia”.»
Si apre così il comunicato congiunto di FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale) e SNAMI (Sindacato Nazionale Autonomo dei Medici Italiani) dello scorso 27 aprile, in risposta all’annuncio dell’Azienza di Tutela della Salute di Bergamo di aver richiesto consulenza legale sulle responsabilità negli scenari apocalittici che il covid-19 ha generato in maniera particolarmente acuta sul territorio.
Incaricato è appunto Capelli, ex-Nuovo Centro Destra e attuale PdL, il cui nome risulterà noto a chi seguì la riforma della sanità lombarda promossa e fatta approvare al Consiglio Regionale nel 2015 dall’allora Lega Nord di Maroni. La stessa riforma che, per descriverla con le parole perfino eufemistiche del comunicato dei Medici di Famiglia, «lo “stress test” attuale ha mostrato in tutte le sue debolezze.»
L’avvocato fu in quell’occasione il “vice” di Fabio Rizzi, relatore principale della legge e in seguito condannato a quattro anni e due mesi di reclusione, poi patteggiati, per il suo coinvolgimento nella vicenda Smile, l’erogazione di tangenti a servizi odontoiatrici esterni presso ospedali pubblici lombardi.
La consulenza legale di Angelo Capelli costerà alla regione 15.758 €, vale a dire 3.151 € per ognuno dei cinque quesiti a lui posti. Tra essi, proprio una presunta responsabilità dei medici di base, con un dettaglio che sembra riferirsi alla questione dei Dispositivi di Protezione Individuale.
«Di certo avremmo preferito che questa cifra venisse spesa per servizi a favore degli stessi contribuenti, come consulenze scientifiche onde evitare errori nella programmazione della fase 2 o, più semplicemente, qualche tampone in più!» affermano i dottori Mirko Tassinari e Marco Agazzi, rispettivamente di FIMMG e SNAMI Bergamo, e firmatari del comunicato.
L’allusione – paradossale, data la nota scarsità di DPI forniti ai medici di famiglia in tempo utile in tutta la regione – appare come un’ipotesi di coinvolgimento dei sanitari nella divisione delle responsabilità da parte della dirigenza, peraltro affine per colori politici a quella della stragrande maggioranza delle ATS e Aziente Socio Sanitarie Territoriali lombarde.
Un’azione simile era appena stata tentata in larga scala nell’emendamento al ddl di conversione del Decreto Cura Italia proposto, tra gli altri, dagli on. Matteo Salvini, Simone Bossi, Lucia Borgonzoni, Roberto Calderoli, Simone Pillon (gli stessi che ieri sera hanno “occupato” il Senato della Repubblica, ndr.), e poi ritirato a seguito delle proteste dei Sindacati della Funzione Pubblica.
Esso proteggeva de facto i “datori di lavoro” di tutti gli operatori sanitari e i soggetti “preposti alla gestione della crisi sanitaria”. “In caso di danni agli stessi operatori o a terzi”, essi dovevano essere esentati da “responsabilità penali, civili, contabili e da rivalsa se giustificate dalla necessità di garantire, sia pure con mezzi e modalità non sempre conformi agli standard di sicurezza, la continuità dell’assistenza sanitaria indifferibile sia in regime ospedaliero che territoriale e domiciliare”.
«Se si desiderava sapere “il ruolo dei medici di base, anche qui con un occhio sui dpi” bastava chiederlo ad ognuno dei 700 medici di famiglia della nostra provincia: 150 di noi si sono ammalati di coronavirus e purtroppo 6 di noi sono morti. Morti per aver fatto il loro lavoro, senza tirarsi indietro, nella miseria di dispositivi di protezione individuale ricevuti, spesso troppo tardi. Li avremmo acquistati volentieri anche da soli, se non ci fosse stato impedito perché sequestrati» continuano Tassinari e Agazzi.
«L’Ordine dei Medici ed i Sindacati medici hanno fatto pervenire ad ATS numerose donazioni di DPI ricevute (al fine di garantirne un’omogenea distribuzione ai medici), ma di queste donazioni non abbiamo ancora avuto un resoconto se effettivamente siano state destinate ai medici di famiglia o ad altri».
A oggi, i medici deceduti per covid-19 in tutta Italia sono 153, svariate migliaia gli operatori sanitari che si sono ammalati.
Ci sarebbe da augurarsi che non si verifichino le previsioni pessimiste di chi si attendeva una rapida inversione di tendenza nel trattamento ricevuto negli ultimi mesi dagli operatori e volontari sanitari, da parte di Istituzioni e opinione pubblica.
Ci sarebbe da augurarsi che l’epoca degli applausi a scena aperta dal balcone, delle cene pagate, degli striscioni di ringraziamento non sia altrettanto ad hoc e nuovamente sostituita da quella – purtroppo consueta – della caccia alle streghe “mediche”, dei capri espiatori, delle intimidazioni e delle costanti messe in dubbio professionali, anche e soprattutto quando non ce ne sarebbe alcuna ragione.
«Noi non siamo avvocati, ma semplici medici di famiglia, e quindi non siamo in grado di valutare le responsabilità civili, amministrative ed anche penali; siamo comunque certi di non aver arrecato alcun danno all’Agenzia di Tutela della Salute, ma non siamo così altrettanto sicuri del contrario.»