Resaca, in spagnolo la chiamano resaca. Quella sensazione di spaesamento e giramento di testa che si prova il mattino seguente (o forse sarebbe meglio dire il pomeriggio seguente) a una grande sbornia.
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Eh sì, cari compagni di quarantena, per me l’arrivo della pandemia da Coronavirus è stata come una resaca. Certo, il giorno prima non mi ero divertita fino allo stremo delle forze, come ai magnifici tempi dell’Erasmus. Ma se pensiamo al “giorno prima” come un prima esteso, quello della vita nella comodità e lusso della società occidentale nella quale ho la fortuna di vivere… allora sì, il mio “giorno prima” al maremoto da Covid 19 è stato uno spasso.
E non è un caso che in queste prime righe del mio “Scambio di Sguardi” il mio pensiero sia andato all’Erasmus. Già. Forse perché in quella magnifica esperienza ci ho visto il simbolo del superamento dei confini, dell’unione oltre le differenze, del mondo cosmopolita che si ritrova dove vuole, come vuole. Della parola libertà concretizzata alla massima potenza. Un’esperienza da privilegiati, qualcuno potrà obiettare. Ma sì, ammettiamolo pure. Che colpa ne ho? Sono privilegiata, e questo lo so bene. E ringrazio ogni giorno la vita (e i miei genitori) per questo privilegio che sì, mi sono gustata fino in fondo.
E così come me lo sono gustata profondamente – con la stessa delizia con la quale si assapora un buon tiramisù – tanto profondamente restano dentro di me gli amici che hanno incrociato quel bel cammino di libertà, ormai 10 anni fa. Ana, Irene, Pietro, Cosimo, Xieshu, Karianne, Vici, Maria, Veronica, Yannik, Vincenzo, Yael, Raquel… come state? Questa quarantena forzata, questa chiusura dei confini non mi fa altro che pensare alla possibilità di viaggiare, spostarci, incontrarci. L’abbiamo data per scontata fino ad ora, eppure basta andare indietro di una ventina d’anni e certo non era ancora così immediato muoversi.
Penso al futuro, a ciò che verrà. Non ha molto senso, lo so. Nessuno attualmente può sapere quali saranno i cambiamenti futuri a seguito di questa emergenza. Non sono un futurologo e non sono nemmeno così tanto sveglia da permettere al mio intuito di prevedere scenari plausibili. Eppure sento che ciò che abbiamo vissuto è stato come una grandissima e fortunatissima boccata d’aria nel tempo e nello spazio. Una fortuita connessione di eventi che, credo, non torneranno con quelle stesse libertà del nostro 2010. Ma forse ora sono solo un po’ negativa. Forse, semplicemente, dovremo rispettare qualche nuova norma, qualche precauzione in più, qualche limitazione in più, ma potremo rivederci, potremo spostarci. E mia nipote, se vorrà, potrà vivere anche lei un’esperienza come l’Erasmus.
Ma questa Europa, questa Europa cosa sta combinando? Ho amato e amo la proposta etica di fondo dei padri fondatori. E oggi, che succede? Questa emergenza ha forse fatto emergere l’ipocrisia di fronte alla bella facciata? Non lo so, faccio fatica a comprende numeri, patti di stabilità, eurobond e tutte quelle paroline lì… so solo che amo le parole unione, superamento dei confini, confronto, diversità che si rispettano ma convivono insieme. Forse sono solo ingenua, chissà.
Però oggi, ecco, oggi è il mio compleanno e sono qui rinchiusa nella mia meravigliosa casa con la persona che amo e che ho la fortuna di avere al mio fianco. Oggi devo ridimensionare questa visione universale del mondo per rientrare in me stessa. Oggi sono avvolta dal mio nido che, in equilibrio tra fortuite condizioni e decisioni prese, mi sono permessa di avere. I pensieri vanno al futuro, all’incertezza del lavoro, dell’economia, dei cambiamenti. Ma cosa siamo, se non continuo divenire? Tutti noi oggi siamo posti di fronte a una grande sfida. E l’augurio che possiamo farci non è altro che il saperci adattare al nuovo, aguzzando il nostro ingegno, le nostre forze. Senza piangerci addosso ma rialzandoci e reinventandoci se necessario. Con tutta l’energia e l’entusiasmo possibile. Intanto esprimiamoci, apriamoci al mondo e confidiamo i nostri pensieri, non vergogniamoci delle nostre paure. Perché sono sane.
E così, avvolta tra queste confortanti pareti, non posso che sperare che questa pandemia accenda in tutti noi un lume positivo di cambiamento. Il lume per l’amore della natura, per la ricerca dell’essenziale contro lo spreco e il consumismo, per i viaggi più consapevoli e meno superficiali (che fatica ammetterlo ad alta voce!), per la ricerca delle relazioni contro l’apparenza dettata dall’opportunismo.
Non possiamo credere ingenuamente che questo “shock” sociale ci cambi di sicuro in meglio. Ma non possiamo neppure permetterci di lasciare le conseguenze al fato. Possiamo cambiare in meglio, se vogliamo.
Che il lume del buon cambiamento sia in tutti noi,
Valentina
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