Correva l’anno 1943, l’esercito italiano presidiava le zone conquistate della Grecia e delle isole del Dodecaneso. L’unico fronte di guerra aperto era quello dell’Africa Settentrionale, dove si combatteva contro le forze inglesi. Qui gli italiani si arresero il 13 maggio del 1943, dopo la sconfitta ad El Alamein nel novembre 1942. Nella mente di un giovane studente diciottenne ciò non sembrava poter avere un’influenza sulla quotidianità, specie quella di una città come Cremona.
Il 31 dicembre 2019 a Wuhan in Cina viene segnalata la presenza di una polmonite di origine ignota. L’Organizzazione Mondiale della Sanità il 22 gennaio 2020 ha dichiarato l’emergenza internazionale da coronavirus. Ad un giovane diciannovenne il problema è sembrato lontano, a scuola scherza coi compagni. Come può arrivare in Italia, per giunta in un pasino con pochi abitanti?
Oggi al telefono ho il piacere di chiacchierare con quel giovane di allora, Vezio Bonera, ormai bisnonno. Con un sorriso dice di essere “un vecchio di 95 anni originario di Milano, che negli anni quaranta risiedeva a Cremona. Ha vissuto due vite. La prima si è fermata ai 20 anni e poi è partita la seconda”.
Cos’è successo quando eri un diciottenne?
“Alla sera di giovedì 12 maggio 1943 un comunicato radio annunciava la fine dell’anno scolastico. I voti riportati fino a quel giorno vennero utilizzati per promuovere o meno gli studenti. I primi quattro giorni della settimana successiva erano destinati a riparare le insufficienze, l’anno terminava ufficialmente il 20 maggio. Le interrogazioni erano singole, ma in presenza dei compagni perché potessero avere valore legale. Ecco, furono svolte all’acqua di rose, anche le risposte più strane hanno portato alla sufficienza.
L’esame di maturità, così come lo conoscevamo, non è avvenuto quell’anno. Fummo dichiarati tutti promossi. Due miei compagni di classe erano figli dei professori ed è trapelata qualche discussione dei consigli di classe. Tra i docenti c’è stato qualche scontro, uno di loro riteneva ingiusto promuovere uno studente. Gli altri avevano dichiarato che, se quel ragazzo non fosse stato promosso, loro si sarebbero rifiutati di validare la maturità. Penso che questo sia stato l’andamento in tutta Italia”.
Come vi siete sentiti quando avete ricevuto la comunicazione dell’improvvisa chiusura dell’anno scolastico?
“Con l’incoscienza dei giovani, eravamo felici di non dover affrontare l’esame di maturità perché a quei tempi era molto complesso. Pochi ragazzi riuscivano a superarlo già a luglio, molti venivano rimandati a settembre in due materie. Un buon quaranta per cento doveva ripetere l’anno. Si poteva fare l’esame per due anni consecutivi, se non si passava ci si doveva presentare da privatista negli anni successivi. Era veramente difficile, era un incubo! Questa tragedia nazionale per noi è stata quasi una liberazione. Sabato 22 maggio 1943 furono esposti i quadri della classe terza ginnasio del liceo classico Daniele Manin di Cremona. Era una sequenza di trenta maturo. Subito dopo siamo scesi tutti in giardino a scattarci una foto che ci vede tutti uniti e festanti. Questa fotografia qui, in cui ci siamo tutti noi di 3A e due professori”.
Cos’è successo dopo?
“Dal 25 luglio all’8 settembre ci siamo dispersi qua e là. L’8 settembre è stato il momento delle scelte più difficili. Alcuni di noi hanno scelto il servizio militare nella Repubblica, nata dopo che il Re e il governo del Maresciallo Badoglio si era rifugiato al Sud nelle regioni già occupate dagli Alleati. Altri avevano raggiunto le montagne dando vita alle forze partigiane, alcuni avevano optato per il servizio civile in una organizzazione tedesca. Altri erano spariti o in Svizzera o nascosti in cantina, così da evitare il servizio alle armi. Quando venne il 25 aprile per l’Italia arrivò il momento di festeggiare la liberazione dai tedeschi. Fu anche il periodo per rinascere dalla guerra persa. Dopo un’iniziale euforia, noi italiani ci siamo uniti senza tener conto delle scelte fatte in precedenza. Abbiamo cominciato a lavorare e studiare per ricostruire l’Italia. Già nel 1950 infatti si è potuta vedere la rinascita”.
Qual è il racconto più bello legato a ciò che ci hai raccontato oggi?
“Era sabato 22 maggio 1993, esattamente cinquant’anni dopo la maturità, noi di 3A ci ritrovammo a mangiare in un ristorante di Cremona. Eravamo in venti, qualcuno non è riuscito a venire, altri erano morti in guerra. Ci siamo riabbracciati, eravamo tutti amici, nessuno aveva rancore per le scelte del passato. Negli anni seguenti siamo rimasti in contatto e ad oggi, che io sappia, sono l’unico ancora in vita”.
“Senza nessun rancore”, hai detto, quindi siete stati in grado di oltrepassare le scelte di vita politiche, se così possiamo definirle?
“Sì! Certo! Non se n’è neanche più parlato. Avevamo avuto tutti dei morti tra i nostri affetti. Nessuno ha puntato il dito contro le diverse azioni e scelte logiche degli altri. Eravamo una classe di amici che lo sono rimasti anche dopo”.
Nei giorni scorsi il ministro dell’Istruzione, l’onorevole Lucia Azzolina, ha dichiarato che l’anno sarà valido e la maturità verrà svolta. La commissione sarà composta dai docenti interni e dal presidente esterno. Cosa consigli ai giovani maturandi?
“L’anno sarà salvato, come lo è stato il nostro. I professori saranno molto portati a essere generosi. Spero che chi abbia preso la scuola come posto per far violenze sui più deboli e sui professori non venga promosso. Non riesco a tollerare la mancanza di rispetto. I maturandi di quest’anno non devono preoccuparsi. Devono continuare a studiare e a impegnarsi per aiutare la nazione a rinascere. Sia chi sceglierà di entrare nel mondo del lavoro, sia chi proseguirà gli studi.
L’Italia ha bisogno dei giovani! Io dopo la guerra ho dovuto ingegnarmi per imparare un lavoro. Ho fatto il rappresentante per pagarmi gli studi alla Bocconi. Studiavo nelle ore serali e mi sono laureato in cinque anni nel 1951, un anno fuori corso, sposato con un figlio. I giovani oggi devono essere consci che questo è un momento molto duro. Devono aiutare l’Italia a superarlo seguendo le regole che vengono impartite. Non devono fare bravate, facendo qualcosa di diverso da quello che viene chiesto. Giovani rimboccatevi le maniche come abbiamo fatto noi, l’Italia ha bisogno di tutti. Dimenticatevi lo scontro politico per un po’ se è possibile, rispettate però le diverse idee. Ricostruiamo tutti insieme, senza fare una gara a chi è più bravo. Lavoriamo tutti insieme per far rinascere l’Italia, è un diritto e un dovere di tutti”.
Quando usciremo da questa situazione…
“Sarà un momento difficile per il mondo del lavoro. Tutti devono impegnarsi in modi diversi, facendo ciò che è più adatto a ognuno di noi. Logicamente cambieranno anche le tipologie di studi e il lavoro. Si sta andando verso il telelavoro utilizzando la tecnologia. Ne usciremo più forti, io non ci sarò ma sono sicuro che ce la farete. Non è una speranza. È una certezza. Io l’ho già vissuto e non credo che voi giovani siate peggiori di noi, anzi, siete migliori. Avete a disposizione più possibilità. Ricorda, i vecchi non sono saggi, io ero un giovane come gli altri, oggi ho solo più esperienza”.
Come la conclusionedi ogni nostra intervista, ti chiedo qual è la tua canzone preferita…
“Meraviglioso di Domenico Modugno. Credo che la vita ti regali sempre qualcosa di nuovo, anche nei momenti meno felici ti fa il dono di esperienze”.
Meraviglioso ma come non ti accorgi di quanto il mondo sia meraviglioso. Meraviglioso perfino il tuo dolore potrà apparire poi meraviglioso.