Nì. Quella della donna, non può considerarsi una festa propriamente detta. E infatti, a guardare bene le definizioni, banalmente, su Wikipedia, quella dell’8 marzo viene definita Giornata Internazionale della Donna. Perché?
8 marzo nella leggenda metropolitana
La data dell’otto di marzo non è stata scelta casualmente.
Tuttavia spesso si incappa nell’errore di credere che questa giornata ricordi l’anniversario della morte di 129 operaie della fabbrica Newyorkese di Cotton.
Si tratta di una leggenda metropolitana.
Stando al racconto, le lavoratrici della fabbrica tessile sopracitata, dopo qualche giorno di sciopero, indetto a causa delle difficili condizioni di lavoro, sarebbero state bloccate all’interno dell’edificio dal proprietario della fabbrica, che avrebbe, l’8 marzo del 1908, appunto, appiccato un incendio, condannandole, di fatto, a morte.
In realtà però, dell’evento non esiste testimonianza su fonti ufficiali. Addirittura la fabbrica sembrerebbe non essere mai esistita.
La confusione nasce, probabilmente, a causa di un evento realmente avvenuto qualche anno dopo.
Una data piuttosto vicina all’8 marzo, segnata dalla morte di centinaia di donne (e diversi uomini), a causa di un incendio in fabbrica, infatti, esiste, ed è il 25 marzo del 1911.
In quest’occasione a prendere fuoco fu la fabbrica Triangle, in cui la maggior parte delle persone assunte era appunto di sesso femminile. L’incendio non fu doloso, ma la possibilità di salvarsi per i salariati furono minime (per non dire nulle), a causa delle rigide politiche di controllo della fabbrica, che impedivano di uscire, seppur per pochi minuti, lasciando vacante il posto di lavoro.
Questo episodio viene spesso ricordato in occasione della Giornata Internazionale della Donna, nonostante non possa essere, come si è visto, la motivazione per cui venne ufficialmente stabilita come data celebrativa quella dell’8 marzo.
8 marzo: la vera storia alle spalle della Giornata Internazionale della Donna
L’iniziativa di celebrare una giornata in onore della donna, si deve in larga misura a Corinne Brown, che, il 3 maggio 1908, presiedendo la conferenza del Partito Socialista di Chicago (a causa dell’assenza dell’oratore ufficiale designato), invitò tutte le donne a partecipare alla stessa.
Durante la conferenza, che prese proprio il nome di Woman Day (giornata della donna), si discussero tematiche legate all’emancipazione femminile e alla possibilità di tentare di ridurre il gap di genere: la conferenza si concentrò specialmente, infatti, sul tema dello sfruttamento nei confronti delle operaie (in termini tanto di salariato quanto di orario di lavoro inaccettabile), e su quello della possibilità d’estensione del diritto di voto alle donne.
Nonostante l’accoglienza non propriamente calda ricevuta dal dibattito, il Partito Socialista Americano, alla fine dell’anno, stabilì la necessità di riservare l’ultima domenica del febbraio successivo all’organizzazione di una manifestazione che favorisse il diritto di voto anche alle donne.
La prima giornata della donna venne così celebrata il 23 febbraio del 1909.
Dagli Stati Uniti, la proposta di celebrare la donna, venne accolta a Copenaghen, grazie soprattutto a Clara Zetkin che propose a sua volta l’idea alla Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste.
Non è chiara la motivazione della scelta di una data specifica e anzi, fino al 1921 i Paesi aderenti festeggiarono in date diverse, associando spesso la celebrazione della donna alla Giornata del Lavoro (Svezia) o a altre commemorazioni storiche, specifiche del Paese stesso.
Fu solo in occasione della Seconda Conferenza delle Donne Comuniste, avvenuta a Mosca il 14 giugno del 1921, che si stabilì la data univoca che ancora oggi conosciamo, che in quell’occasione prese però il nome di Giornata Internazionale dell’Operaia.
La data non fu casuale: a San Pietroburgo, infatti, proprio l’8 marzo del 1917, le donne scesero in piazza a guidare una manifestazione che celebrava la fine della guerra. I deboli tentativi di repressione della stessa incoraggiarono successive manifestazioni, che portarono alla caduta dello zarismo.
La festa della donna oggi
…e oggi? Oggi si è persa gran parte della consapevolezza della connotazione storica che la giornata ha.
Spesso sembra che ci sia dimenticati e dimenticate del passato.
Spesso, effettivamente, non lo si conosce proprio questo passato e si guarda all’8 marzo esclusivamente come a una giornata da trascorrere con le amiche, magari andando a cena in un locale che per l’occasione ha organizzato uno spogliarello maschile (il che, se ci pensate, è una discriminazione per le donne a cui gli uomini non piacciono, ma questo è un capitolo che andrebbe aperto a parte!) o ci si aspetta che il proprio partner, o padre, o compagno di classe o collega… porga il consueto mazzo di mimose alla “festeggiata”, o ancora si fa colazione con una bella fetta di torta (mimosa pure lei!) su cui la maggior parte delle pasticcerie scrive “Auguri” con la glassa.
E quindi, che fare? Chiudersi dentro casa e studiare un po’ di storia? No, non necessariamente.
Ma avere consapevolezza di quello che l’8 Marzo significa, quello sì.
C’è ancora così tanto da lavorare per ridurre fino a eliminare le discriminazioni per cui già più di cento anni fa le donne sono scese in piazza e hanno organizzato riunioni e conferenze.
Fermarsi a riflettere su questo e tentare di agire per cambiare la situazione solo una giornata all’anno sarebbe stupido oltre che inutile.
Bisogna tenere sempre a mente cosa significa l’8 Marzo.
Fondamentale è non perdere mai di vista quanta strada si sia fatta ma, soprattutto, quanta ancora ce ne sia da fare.
E quindi festeggiare, ricevere e regalare fiori, riposarsi… se piace, va benissimo.
Ma non perché è una giornata di “festa”: bensì perché è stata data una libertà che fino a poco tempo fa era preclusa, e sempre, sempre, tenendo a mente questa cosa, come e in che modo siamo arrivati e arrivate fin qui.
E poi, e non solo in questa giornata che anticipa l’arrivo della primavera, ma dal primo gennaio al trentuno dicembre, essere in prima linea per ottenere la parità di genere a cui ci si sta lentamente avvicinando.