“Quando mi sono risvegliato senza gambe, ho guardato la metà che era rimasta, non la metà che era andata persa”.
Così Alex Zanardi ha affrontato l’infausto incidente che cambiò la sua vita. E con la stessa forza e determinazione, con la stessa capacità di trasformare in positività condizioni che l’esistenza ci presenta, anche gli atleti delle paralimpiadi di Rio 2016 devono combattere. E non solo fino alla maratona del 18 settembre – data di chiusura delle gare – ma per sempre. Le competizioni si distinguono, infatti, per essere formate da atleti con disabilità fisiche, ammessi secondo i criteri stabiliti dal Comitato Paralimpico Internazionale (CPI).
Paralimpiadi e sport: metafora della vita
Come loro – perché ‘sport’ non può che essere metafora della vita intesa nel senso più ampio del termine – tutti i ragazzi e le ragazze nella stessa condizione. Musicisti (come suggerito dal video di presentazione delle paralimpiadi) e non. Con la speranza, insomma, che i 4.300 sportivi (di cui 101 italiani guidati dalla portabandiera Martina Caironi e dall’icona Alex Zanardi) provenienti da 176 paesi, siano esempio positivo per tutti.
A loro un grande in bocca al lupo dalla redazione di Sguardi di Confine.