Non tutte le persone che vivono storie di profondo dolore riescono a ritornare in superficie, riemergere, rinascere. Alcune di queste, tuttavia, hanno il coraggio di raccontare timidamente il cammino della propria rinascita, tenendosi ancorati a una passione d’infanzia che è diventata la gioia semplice di una seconda occasione per vivere.
Da un momento difficile che l’ha portato a trovarsi “per strada”, un momento in cui ha perso tutto, Tullio ha realizzato che l’unica opportunità è quella di guardare dentro se stessi profondamente e vedere che la propria passione e il proprio amore per le cose semplici è l’unica vera opportunità per tornare alla vita.
Questa è la storia di Tullio Cotticelli, in arte Tulco.mics, raccontata in un’intervista che lascia un messaggio positivo e luminoso: rinascere è possibile. Dato che volere è potere, scegliendo di raccontare il proprio percorso, Tullio ha voluto lasciarci la sua preziosa testimonianza. Abbiamo potuto ascoltare con gratitudine le sue parole, riportandole affinché possano dare speranza a tutti coloro che sentano di aver toccato il fondo.
Chi è Tullio?
«È difficile trovare le parole giuste perché da un lato sono un po’ timido, ma come si dice.. volere è potere. Io sono nato qui a Castellamare di Stabia, in provincia di Napoli, poco distante dalla penisola sorrentina e ho poco più di quarant’anni. Mi è sempre piaciuto il disegno, è nato così, senza deciderlo, da bambino. Facevo ritratti, perlopiù caricature, stile comics.
Mi ricordo l’immagine felice di mio nonno – una persona molto carismatica che si chiamava Tullio come me – che quando eravamo a tavola a mangiare mi diceva di disegnare anche tra un piatto e l’altro e mi metteva la matita in mano per fargli un ritratto. C’è sempre stata la passione per il disegno e diciamo che ho iniziato senza presunzione, da alcuni tratti, a creare delle sagome delle caricature di volti. Quello che non avrei mai immaginato è che in un futuro, quello che io ritenevo un gioco e una passione, mi avrebbe aiutato. Non parlo dal punto di vista economico ma mi ha aiutato nel momento forse più difficile della mia vita.
Bisogna stare bene mentalmente quando si affronta un disegno. A volte, nei momenti tristi, i cantautori scrivono le canzoni più belle. Per disegnare, invece, devi stare bene psicologicamente in quel momento. Devi star bene per poter creare qualcosa. Per esempio, nei momenti di più profondo dolore non sono riuscito a disegnare, poi ho trovato la forza. In quel dolore ho trovato le motivazioni per rinascere e rimettermi in gioco».
Quindi l’arte è stata il mezzo che ti ha aiutato a rinascere?
«Sì, tantissimo. Per esempio, qui al sud è difficile trovare un lavoro. Quando viene a mancare, e per un motivo o un altro ci si ritrova per strada, nei momenti più difficili arriva la botta del fallimento. Fallimento è quando perdi tutto, ma io ho trovato in esso un’opportunità di rinascita. Oggi tutti abbiamo la nostra vita professionale, sentimentale e materiale. Io, personalmente, ho sofferto tantissimo. C’è stata una fase durissima e non mi vergogno di dirlo. Sono fortunato perché ho una famiglia alle spalle, ho una grande madre che è una grande lavoratrice e una persona che nei momenti difficili c’è stata, ma in una fase della mia vita ho vissuto qualcosa di molto doloroso e, pur di non farla soffrire, non dicevo nulla.
A volte, pur di non arrecare dolore, si preferisce affrontare la vita senza confidarsi con le persone a noi vicine. Questo per non dare loro una preoccupazione. E così, in quella fase mi sono trovato per 3 mesi senza sapere dove dormire e come mangiare. Pur avendo una famiglia alle spalle, non l’ho interpellata. Loro non mi hanno mai abbandonato ma io ho fatto una scelta di vita. Poi, dopo 3 mesi, ho trovato la porta aperta e sono stato accolto. Ma quei 3 mesi mi hanno cambiato la vita e ho cambiato punto di vista. Non è stato un male, anzi, in quella situazione molto drammatica ho riscoperto tante cose. Non voglio fare discorsi religiosi, ma una mattina mi sono svegliato e mi sono detto: “Cosa posso e voglio fare nella vita?“. La risposta è stata: “Io so fare questo… disegnare“.
Da lì sono potuto rinascere. Poi c’è stato un momento in cui mi sono sentito anche male e ho capito di dover essere forte e di dover almeno provare a fare questo».
Com’è avvenuta la tua rinascita?
«All’inizio a me non è mancato niente ma, in seguito, ci sono state difficoltà lavorative e le persone che mi volevano bene hanno avuto delle criticità improvvise. Quando l’ambiente sociale attorno è disperato, tutti ne pagano le conseguenze. Mi sono trovato, in quell’età in cui ci si può ancora divertire un po’, a faticare tantissimo e non è stato semplice.
Per me, nella vita, non è importante in chi credi ma è importante essere brave persone e non fare del male al prossimo. Però, nel momento in cui mi sono reso conto che tutto quello che avevo costruito in 18 anni della mia vita mi aveva chiuso tutte le strade, è iniziata la battaglia di sopravvivenza più grande. È stato un abbraccio a salvarmi. Mi sono davvero ritrovato in un momento in cui non sapevo più che fare… una sera avevo poco in tasca, due o tre euro, e sono andato a comprare un pennarello.
Avrei potuto comprare un panino perché avevo fame ma ho preferito comprare un pennarello e un foglio di carta. In quel momento ho scritto una canzone per mio figlio, ho iniziato a fare un disegno di una spiaggia e ho realizzato una sorta di preghiera disegnata. Da lì, nel giro di un anno, improvvisamente la situazione è iniziata a cambiare.
Una sera in cui non volevo nemmeno uscire di casa, sono andato vicino alle terme, a un evento di street food, e ho incontrato una persona che non avevo mai visto in vita mia. Grazie a Dio c’è stato lui, così ho un lavoro che mi impegna metà mese per scelta personale. L’altra metà del mese la passo a fare il papà e disegnare.
Quello che non mi sarei mai aspettato è il cambiamento avvenuto dentro di me. Guardando al passato, mi sono sempre considerato una brava persona, ma ora mi considero un uomo migliore. Non riesco a chiudere gli occhi vedendo una persona per strada per terra. Può sembrare che lo dica per farmi pubblicità, ma non è così. Con ogni lavoro, con ogni disegno che faccio, cerco di dare una piccola parte del ricavato alle associazioni che si prendono cura dei bambini o altro. Sono diventato un po’ più sensibile.
Nei tunnel c’è chi ti abbandona, ma nel tunnel della mia vita, nel momento più buio, ho incontrato le persone migliori. Degli angeli. Persone che mi hanno dato dei consigli da seguire mentre magari c’era chi puntava il dito. È facile giudicare, ma ho imparato pure questo: a non farlo. Non giudico mai le condizioni altrui, ho capito che se tu non vivi le condizioni degli altri non puoi dare un giudizio. Ognuno di noi ha la sua battaglia e non è possibile dare delle valutazioni personali sulla vita degli altri. Io questo l’ho capito proprio tanto.
“Tu sai fare questi disegni, falli per queste persone e portali a queste persone” mi hanno detto le persone che ho incontrato. Questi consigli, che sembrano sciocchezze, mi hanno cambiato la vita.
Ho iniziato a disegnare per i teatri. E da cosa nasce cosa, hanno iniziato a contattarmi per dei murales, per i ticket, per ogni cosa di cui c’era bisogno. Ora mi è stato commissionato un Gesù da disegnare per un regista per un film che uscirà prima di Pasqua. Ci sono stati i primi scoop sui giornali, mi sono arrivate telefonate e un’intervista da radio Onda d’Urto perché avevo creato dei loghi per degli artisti. Tutto il 2019 è stato così e mi sono detto, nella mia umiltà, che forse qualcosa più grande di me sta succedendo.
Non sono ricco e non mi sto arricchendo, ma penso una cosa: il mondo è diventato un po’ troppo materialista e, se si vive per il denaro, non si è mai soddisfatti, se si vive per le soddisfazioni, queste valgono molto più del denaro. Nelle piccole cose si trova una vita più appagante. Oggi mi emoziona vedere la felicità di un bambino quando disegna la cameretta, vedere che una mia opera ha portato a un’intervista. Sembra una sciocchezza ma poi mi dico: “Aspetta un attimo, forse sono rinato, forse tutto quello che ho vissuto è finito“. Sicuramente ci saranno altre difficoltà nella mia vita ma, per una persona che ha perso tutto, questo cambiamento è davvero forte.
Ciò che voglio dire è che non bisogna mai demordere. A volte la vita ti porta nella situazione di perdere tutto, alcune persone hanno fatto delle sciocchezze ed è facile dire che non bisogna deprimersi. Può capitare di vivere delle fasi di depressione ma ciò che posso dire è che proprio nei momento in cui abbiamo perso tutto diventiamo più grandi e più forti. Lì bisogna comprendere, anche se non può essere condiviso da tutti, che quella è l’opportunità della tua vita. È il momento in cui puoi ricominciare con una vita migliore. Questo lo voglio dire perché lo sto facendo io e, nonostante io abbia molto meno di qualche anno fa, oggi mi sento più gratificato e questo qualcosa vorrà pure dire. Questo è il mio messaggio».
Sei partner ufficiale di una squadra di calcio maschile e femminile: secondo te aiutare gli altri o sentirsi parte di qualcosa rientra nel processo di rinascita?
«Ciò che posso dire rispondendo a questa domanda è che ci sono delle fasi in cui è meglio stare un po’ da soli, oppure stare in compagnia, ma delle persone giuste. Se penso a un brutto momento… le opinioni delle persone sbagliate possono distruggere la tua autostima. L’autostima viene nel momento in cui anche intorno a noi scegliamo le persone giuste e anche stando un po’ da soli, anche per un giorno, vicino al mare al tramonto.
È così che si iniziano a vedere le cose veramente belle della vita. Fa bene pure piangere ogni tanto, ma a volte da soli, anche in una giornata, possiamo conoscere meglio noi stessi. Possiamo valutare quando è il momento di cambiare e migliorare la nostra persona. Nessuno è perfetto però si può migliorare. Non è vero che non si cambia.
Si può migliorare e le sofferenze, oppure anche le “batoste” della vita, ti formano e ti rendono una persona più pacata. Parlo di me e quelli come me. È in quei momenti che si può trovare la serenità per intraprendere un hobby che sia il disegno o lo sport. Sempre nei momenti positivi si trova anche la capacità di scegliere chi ti vuole bene, persone con le quali si può condividere una pizza, una passeggiata, ma anche confidarsi o chiedere consigli.
Tutto sta in base alle persone che noi scegliamo, la nostra vita è quella che noi scegliamo per noi stessi, dal momento in cui sappiamo scegliere il mondo che ci circonda. Oggi dipende anche da chi ci sta attorno. Se le persone attorno a noi ci danno giusti consigli, ci invogliano, ci danno appoggio morale, ci danno consapevolezza che abbiamo delle capacità, tutto ciò ci spinge ad affrontare le nostre giornate. Io ad esempio mi sono fatto da solo, ma nel momento in cui ho trovato una persona che mi ha tolto dalla strada e amici veri che mi hanno detto “Tullio tu sei bravo, sei capace, sei un artista”, quello mi ha aiutato. Non voglio definirmi artista perché non mi piace autogiudicarmi, ma nella mia umiltà quelle parole mi hanno fatto capire di non essere una persona qualunque. Questo comunque mi ha dato una grande autostima.
Insomma, anche se ci abbattiamo quello è il momento in cui possiamo scegliere di vedere l’opportunità di una seconda vita, una vita nuova di rinascita. L’importante è accontentarsi delle piccole cose».
C’è qualcosa vorresti ti chiedessero ma non ti chiede mai nessuno?
«Se sono felice. Ho vissuto tante cose, anche momenti bellissimi e stupendi nella mia vita. Sono ancora legato a tanti amici nella zona del litorale romano e anche se non li vedo da tanto tempo rimane tutto come prima. Prima il problema di un amico era un po’ il problema di tutti, c’era il solito motto “uno per tutti, tutti per uno”. Prima mi chiedevano se ero felice, oggi non lo chiedono più. Secondo me bisogna sentirselo dire ogni tanto».
La tua canzone preferita?
«Ne ho tante ma due nello specifico. Una la dedico a mio figlio e si chiama “Letto di spine”, viene da un momento un po’ brutto. L’ho inventata io e l’hanno composta degli amici. La mia canzone preferita è di Eros Ramazotti, “Canzone Per Lei“: la dedico a mio figlio, “per lui”, in questo caso. Quando senti quella canzone non ti senti solo, ti fa capire che non sei l’unico papà ad affrontare una situazione negativa e ti fa sentire in un contesto di comunione con tante altre persone.
Ti permette quindi di vivere i momenti difficili con filosofia. L’altra canzone, quando la sento mi dà i brividi, è una canzone napoletana antica che si chiama “Na bruna”, è molto bella e dice che quando il cuore fa quello che vuole, i denari alla fine sono quello che sono. Mi ci rivedo in questo messaggio perché, come ho detto prima, oggi c’è troppo materialismo e bisogna tornare a valorizzare le persone nel cuore e nell’anima».