Al via domani, 4 ottobre, l’iniziativa del Sito Archeologico di Paestum che apre le porte alla mostra “Poseidonia città d’acqua: archeologia e cambiamenti climatici”, curata da Paul Carter, Adriana Rispoli e Gabriel Zuchtriegel.
La mostra, accessibile fino al 31 gennaio 2020, nasce dal desiderio del Sito di proporre eventi che possano “valorizzare e diffondere la conoscenza del suo vasto patrimonio archeologico, affrontando di volta in volta diversi temi che incontrano un notevole interesse da parte del grande pubblico”.
L’iniziativa, infatti, si fonda su un recente studio, svolto dall’Università tedesca di Kiel e pubblicato nell’ottobre del 2018 sulla rivista Nature Communications, secondo il quale sono ben 49 i siti dell’UNESCO sul Mediterraneo che rischiano, entro il 2100, di essere danneggiati, seriamente compromessi o perfino sommersi a causa dei fenomeni di allagamento e di erosione costiera derivanti dall’innalzamento del livello dei mari provocato dal cambiamento climatico e dal riscaldamento globale.
Dei 49 siti indicati nella ricerca, sono 42 quelli già a rischio oggi. Per questo motivo, lo studio ricordava la necessità di un’azione politica decisa su questo fronte, un intervento che si rivolga all’ambiente ma anche ad un ambito, quello dei beni culturali, troppo spesso accantonato dalle azioni di governo.
A questo riguardo, inoltre, l’Italia sembra avere una grande responsabilità in quanto ben 13 di questi siti, parte del patrimonio dell’umanità, si trovano proprio sul territorio italiano, arrivando a coinvolgere aree della penisola che includono zone del Nord quali Ravenna, Genova e Venezia, così come zone del Sud tra le quali anche Siracusa, Napoli e la stessa Paestum che, proprio per questo motivo, ha deciso di creare un’iniziativa per legare due temi che, per il visitatore, potrebbero apparire distanti: il cambiamento climatico e la tutela del patrimonio archeologico.
Prendendo come punto di partenza “Poseidonia”, l’antico nome greco della città dedicata a Poseidone, dio greco del mare, la mostra si propone di esaminare il rapporto tra gli esseri umani e l’acqua, ricostruendo una storia millenaria di sfruttamento e fascino, di lotta e apertura, così come di timore ma anche di possibilità e ricchezza.
L’esposizione è organizzata in tre macro-aree, per una rappresentazione del tema a 360 gradi che si estenda su una dimensione temporale tanto ampia da includere l’antichità ma anche il presente e il futuro. Infatti, se l’area archeologica racconta il nostro rapporto con l’acqua attraverso i millenni, quella scientifica è, invece, dedicata ad una chiara rappresentazione dei possibili sviluppi futuri. L’ultima macro-area è dedicata all’arte contemporanea e al presente perché, se la storia può sembrare distante e la scienza astratta, l’arte ha il compito di rivolgersi a noi, ponendosi l’obiettivo di stimolare nell’osservatore una riflessione sul significato che il patrimonio storico e i cambiamenti ambientali odierni hanno per l’individuo.
Il progetto per quest’ultima area è stato affidato all’artista Alessandra Franco, la quale, nella sua opera dal titolo “Metamorfosi”, ha deciso di usare il Tempio di Nettuno come tela-schermo per la proiezione di immagini relative al tema dell’acqua. In questo modo, l’evanescenza della luce che, proprio come l’acqua, è in continuo mutamento, si staglia sulla pietra fissa ed eterna per mostrarci sia scene di eterna metamorfosi naturale dell’elemento, sia variazioni nuove e innaturali quali l’inquinamento plastico e lo scioglimento dei ghiacciai.
Così, in un mondo che rischia di essere sconvolto e di diventare un luogo molto diverso da quello che abbiamo sempre conosciuto, il Sito Archeologico vuole offrire una prospettiva storica ed esaustiva su un tema complesso che coinvolge passato, presente e futuro, riflessioni di tipo scientifico, religioso ed umanistico e che arriva a toccare le fondamenta stessa della cultura occidentale e della nostra relazione, storica ed odierna, con l’ambiente marino e l’elemento dell’acqua.
Quindi, sebbene Paestum rappresenti quello che Goethe definì “un mondo tramontato, totalmente estraneo al nostro sguardo”, esso rappresenta pure “un mondo […] che riserva anche un messaggio rivolto al futuro”, un mondo in cui “la varietà delle forme della vita, dell’arte, della politica, del pensiero, dell’amore che troviamo nella storia dimostrano che un altro mondo è possibile”.
Foto Museo Paestum