Il 26 giugno è stata approvata dalla Camera dei Deputati la mozione presentata dalla maggioranza di Governo sul conflitto in Yemen. La mozione è passata con 262 voti favorevoli, nessuno contrario e 214 astensioni. Nel testo approvato si impegna l’esecutivo ad “adottare gli atti necessari a sospendere le esportazioni di bombe d’aereo e missili che possono essere utilizzati per colpire la popolazione civile e loro componentistica verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti sino a quando non vi saranno sviluppi concreti nel processo di pace con lo Yemen”.
Un primo passo positivo, insomma, visto che nella parte dispositiva di tale testo si prevede infatti un impegno non solo a proseguire nel sostegno alle azioni diplomatiche internazionali e alle iniziative umanitarie coordinate dalle Nazioni Unite, ma anche a valutare l’adozione di un embargo sulla vendita di armamenti ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi da parte dell’Unione Europea oltre che per la già citata sospensione dell’esportazione dall’Italia di bombe d’aereo e missili.
Così Amnesty International inizia a festeggiare dopo le richieste, avanzate da tempo, insieme a Movimento dei Focolari Italia, Oxfam Italia, Rete della Pace e Rete Disarmo. «Vigileremo da oggi in poi affinché il Governo rispetti nel concreto questi impegni», scrivono dall’organizzazione.
Purtroppo, però, il Governo ha respinto tutte le mozioni di minoranza, che nei loro testi prevedevano in maniera più esplicita e netta lo stop a tutte le forniture militari italiane indipendentemente dalla tipologia di armamento. Tali mozioni prevedevano un impegno diretto a sostenere, anche con fondi, i processi di riconversione produttiva dell’industria militare. Questo passaggio, eliminato all’ultimo minuto dal testo originale, è chiaramente una «decisione di cui ci rammarichiamo e che consideriamo negativa» precisa Amnesty.
«Così come riteniamo non sufficiente – aggiunge l’organizzazione – il richiamo al sostegno di processi diplomatici e di intervento umanitario a fronte del fatto che le risorse e i fondi per porre sollievo alle condizioni della popolazione siano non solo da confermare ma semmai da aumentare».
Commenta Amnesty: «L’importanza del dibattito odierno risiede anche nella serie di considerazioni e valutazioni espresse negli interventi di tutti i deputati che hanno chiesto la parola: nessuno ha potuto negare la gravità della situazione attuale del conflitto Yemenita e dei suoi impatti sulla popolazione civile e tutti hanno sottolineato come azioni concrete anche dall’Italia siano urgenti e non più rimandabili e che dunque fosse necessario votare impegni precisi anche relativamente al commercio di armamenti (elemento non toccato nel dibattito avvenuto sempre alla Camera nel 2017)».
Ma è giusto precisare: «Il conflitto in Yemen non potrà essere risolto solo dall’Italia e non dipende di certo solo dalle armi prodotte in Italia, ma al nostro Paese è chiesto di prendersi le proprie responsabilità politiche e morali per una soluzione positiva della crisi. Ribadiamo dunque la nostra piena attenzione a quelli che saranno gli sviluppi futuri a seguito delle votazioni odierne, in particolare per quanto riguarda la richiesta di un percorso concreto verso un embargo europeo e sulla sospensione delle esportazioni (che per noi significano lo stop a nuove spedizioni, non solo a nuove autorizzazioni) di bombe e missili (punto che a nostro parere si dovrebbe allargare a tutti i sistemi d’arma e a tutti i Paesi coinvolti nel conflitto, non solo ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti). Il nostro lavoro non si ferma oggi ma prosegue, grazie anche al sostegno di decine di migliaia di cittadini che hanno condiviso e rilanciato le nostre azioni e campagne» conclude Amnesty.