“Non fa ridere”. È il nome della nuova la campagna social che Arcigay lancia per contrastare il discorso d’odio on line (hate speech), in particolare quello che maschera omofobia, lesbofobia, transfobia, bifobia con il velo dell’ironia, in modo da renderli socialmente accettabili e perfino virali sul web.
L’iniziativa è inserita all’interno del progetto europeo Accept realizzato da Arcigay assieme alla Fondazione Bruno Kessler di Trento e che ha monitorato, grazie a una piattaforma progettata ad hoc dai tecnici della fondazione, per un anno (da marzo 2018 a febbraio 2019) quasi 530mila contenuti, tra tweet, news e post su facebook.
Un gruppo di valutatrici e valutatori (diversi per provenienza geografica, sesso, orientamento sessuale, età, e livello di istruzione ma accomunati dalla dichiarata appartenenza a posizioni socio-politiche liberali, progressiste e democratiche) si è occupato di classificare i tweet (positivi se mostravano una posizione aperta e inclusiva nei confronti delle persone LGBTI, negativi se escludenti, discriminatori e offensivi, dubbi se il messaggio era ambiguo o poco decifrabile).
L’analisi ha scremato il materiale e ha portato alla definizione di un campione di 5.189 tweet che hanno permesso di trarre alcune prime considerazioni: innanzitutto, i messaggi contenenti odio si possono dividere in tre cluster: mondo dello spettacolo, dibattito pubblico e attualità, diritti e temi etici.
Le parole più ricorrenti nei messaggi negativi sono: ricchione, propaganda, ordine, natura. Quelle più ricorrenti nei messaggi positivi sono: cittadini, gruppo, associazioni, sociali. Nei messaggi dubbi troviamo: privilegio, battuta, scherzo, opinione. E ancora: i tweet più polarizzanti, ovvero quelli in cui i valutatori sono stati maggiormente in disaccordo, camuffano le parole di odio con intenti sarcastici.
Una persona su dieci esprime posizioni discriminatorie quando tratta argomenti LGBTI, mentre quattro persone su dieci esprimono posizioni ambigue, almeno nella metà dei casi attribuibili a un linguaggio ironico nella forma, offensivo negli intenti.
Sulla base di queste considerazioni, con l’aiuto dell’agenzia di comunicazione Pavlov, si è scelto di produrre una contronarrativa focalizzata sul confine labile che esiste tra scherzo e offesa, tra libera opinione e linguaggio discriminatorio, mettendo in evidenza pericolosità e contraddizioni che si muovono su quel confine.
L’odio si annida laddove si lascia passare il messaggio che esista un gruppo sociale più meritevole di un altro, in virtù del supposto possesso di caratteristiche migliori. Il video #nonfaridere cerca infatti di far emergere la parte razionale, estremizzando le dinamiche di quello che è accettato come “battuta”, ma che invece si configura come offesa gratuita.
Il filmato stesso, condiviso sui social network, sarà oggetto di monitoraggio per misurare quantitativamente e qualitativamente le reazioni degli utenti del web alla contronarrativa. Il 15 aprile prossimo, infine, alla sede della Rappresentanza dell Commissione europea, in Palazzo Campanari a Roma, il progetto Accept sarà raccontato nel metodo e nel merito, con i dati, il video e tutte le analisi che ne conseguono.