In occasione della Giornata Internazionale della Donna, Mani Tese (organizzazione non governativa che da oltre 50anni si batte per la giustizia sociale, economica e ambientale nel mondo) sostiene la riapertura del centro di AMIC in Guinea-Bissau.
Si tratta dell’Associaçao Amigos da Criança – Associazione amici dei bambini che, dal 2012 al 2017, ha accolto vittime di violenza di genere, in particolare bambine e ragazze vittime di tentativi di matrimonio forzato e precoce.
Il matrimonio forzato e precoce in Guinea-Bissau
La maggior parte delle bambine e delle ragazze vittime di matrimoni forzati e precoci in Guinea-Bissau sono orfane o figlie di genitori separati, viste come “peso” da sostenere e date come promesse spose a uomini più anziani anche di 30 anni. Quasi sempre, infatti, le famiglie vengono pagate in cambio delle loro figlie. Quando le ragazze si negano o tentano di fuggire vengono sottoposte a castighi fisici e umiliazioni e, nel peggiore dei casi, alla morte.
Negli ultimi anni tuttavia molte ragazze hanno cominciato a prendere coraggio e a scappare, incoraggiate anche dal grande lavoro di sensibilizzazione di organizzazioni locali e internazionali che lottano per i diritti delle bambine e delle donne, come AMIC.
Il centro di accoglienza di AMIC,
Associazione amici dei bambini
Nel 2009 AMIC, grazie al finanziamento di organismi internazionali, ha iniziato la costruzione del centro di accoglienza per donne vittime di violenza e matrimoni forzati e precoci, divenuto attivo nel 2012.
“Abbiamo aperto un centro di accoglienza per vittime di matrimonio forzato e precoce perché all’epoca non esisteva un riferimento per le vittime di violenza di genere – spiega Fernando Cá, Amministratore del centro di accoglienza – Prima io e i miei colleghi le ospitavamo nelle nostre case, dove rimanevano per qualche tempo mentre tentavamo di trovare un modo per reintegrarle”.
AMIC ha garantito rifugio non solo alle ragazze vittime di matrimoni forzati ma anche a donne vittime di violenza, anche se in numero minore, poiché per una donna adulta e con figli allontanarsi per un periodo lungo dalla propria comunità risulta molto più complicato.
“Queste donne arrivavano da noi con i bambini sulle spalle – commenta Fernando Cá – Noi le accoglievamo perché, nonostante la maggior parte delle ospiti fossero ragazze, il centro era aperto alle vittime di tutte le età”.
Il fenomeno del matrimonio forzato e precoce ha però raggiunto numeri così elevati che nel 2017 il centro ha dovuto trasferire le utenti in una struttura gestita dalla Chiesa Evangelica. La sovrappopolazione non permetteva di garantire un’attenzione adeguata alle vittime e l’usura dell’infrastruttura avanzava a causa del mancato sovvenzionamento statale e della scarsità di fondi esterni.
La riapertura del centro in Guinea-Bissau
Mani Tese e i suoi partner, grazie al progetto “Libere dalla violenza – emancipazione e diritti per ragazze e donne in Guinea Bissau”, cofinanziato dall’Unione Europea, si è impegnata a ripristinare il funzionamento della casa rifugio di AMIC sia in termini di mantenimento (cibo, vestiti, arredi) sia attraverso un’equipe specializzata nell’accoglienza e nella reintegrazione delle ragazze ospitate.
Mani Tese, oltre a un assistente sociale che lavorerà all’interno del centro, dispone anche di un assistente giuridico che, in collaborazione con i Centri di Accesso alla Giustizia e con la Polizia, garantirà un accompagnamento legale alle vittime.
“L’obiettivo è assicurare il diritto alla protezione attraverso un sostegno psicosociale che includa educazione e salute in vista del reinserimento nella società” spiega Paola Toncich, Coordinatrice del progetto di Mani Tese.
Secondo la legge guineense contro la violenza domestica del 2014, i centri “statali” consentono l’accoglienza delle vittime per un periodo massimo di sei mesi. Lo Stato, però, non garantisce nessun appoggio finanziario né in termini di mantenimento della struttura né di servizio sociale, situazione che causa un accompagnamento inadeguato e di breve durata alle vittime.
“In questa situazione, il personale del centro è costretto a cercare una soluzione rapida e d’emergenza – aggiunge Paola Toncich – mediando informalmente, senza passare per vie legali, con le famiglie intenzionate a dare in spose le proprie figlie contro la loro volontà dopo averle sensibilizzate sul tema e, ove ciò non sia possibile, affidando le ragazze a parenti contrari alla pratica”.
Le necessità delle ospiti, che includono percorsi individualizzati di reinserimento scolastico, lavorativo, familiare, hanno inoltre costi elevati. “È molto importante ricevere donazioni affinché il centro possa garantire al meglio i propri servizi alle vittime di violenza” dichiara Paola Toncich.
“Quando non ricevono il sostegno adeguato queste donne si sentono ‘rivittimizzate’ – aggiunge Fernando Cá di AMIC – La nostra struttura può garantire loro rifugio, assistenza psicologica, sociale e legale in collaborazione con la polizia e il tribunale fino ad arrivare ad accertare la responsabilità dell’autore del crimine”.
È possibile sostenere il centro effettuando una donazione a favore del progetto di Mani Tese sul sito della ONG nella pagina del progetto Libere dalla Violenza.
A proposito del progetto Libere dalla Violenza in Guinea-Bissau
“Libere dalla violenza: diritti ed emancipazione per le donne in Guinea-Bissau” (titolo originale: No na cuida de no vida, mindjer – Emancipazione e diritti per ragazze e donne in Guinea Bissau – progetto pilota) è un progetto promosso dall’ONG Mani Tese (capofila) in collaborazione con ENGIM (Ente Nazionale Giuseppini del Murialdo), FEC (Fundaçao Fé e Cooperaçao), GEIOJ (Gabinete Estudos Informaçao e Orientaçao Juridica) e RA (Rede Ajuda) e cofinanziato dall’Unione Europea.